TRIESTE – La Fondazione Rustia Traine, con sede a Trieste, è sorta per ricordare ed onorare la cultura e l’arte dalmata che, dispersa ed obliterata a seguito di una serie di esodi succedutisi sin dai primi anni del Novecento, acquista oggi, paradossalmente, il sapore d’una “primizia”. Eppure rappresentò una fonte d’arricchimento per l’intera Europa cui elargì creatività e talenti, concorrendo a formare quel patrimonio globalizzato nella stessa Cultura europea, sommatoria di tanti (anche ignorati) “padri”.
È particolarmente viva la sensibilità dei dalmati (sia di quelli di casa che degli “emigrati” in ogni atitudine) nel ricercare le proprie “radici” disperse. La bella celebrazione dedicata in questi giorni al musicista Bruno Cervenca (Zara 1903 – Trieste 1986) ne è eloquente testimonianza.
Tutto cominciò nel 2000, quando in un ciclo di trasmissioni della RAI dedicato ai musicisti della nostra area, chi scrive questa nota inserì notizie e musiche dello zaratino Bruno Cervenca. Le onde radio costituirono, in questo caso, una specie di “Catena di S. Antonio” che avvertì alcuni “dalmati dispersi” dell’esistenza di questo Maestro del quale molti ignoravano anche il nome, nonché l’origine. Una ricerca lunga sette anni, centinaia di telefonate, la pubblicazione d’un profilo del Maestro sulla “Rivista Dalmatica” di Roma (a cura dell’infaticabile Raffaele Cecconi che riprese la citata trasmissione) e poi la ricerca delle musiche ad opera del musicista Sergio Siccardi, decisiva pere la programmazione di questo concerto e fondamentale per la loro conservazione, dato che la famiglia Cervenca ne ha fatto donazione al Museo Teatrale Schmidl. Così altre importanti tessere del grande mosaico artistico dalmatico sono state recuperate.
Il padre di Bruno Cervenca, lo zaratino Arrigo, aveva origini boeme; la madre, Augusta Skabar, era triestina. Bruno si diplomò in Composizione a Bologna, visse a Trieste, dopo un periodo d’insegnamento a Pola, fu per dieci anni direttore del Conservatorio triestino (allora Liceo Musicale) che condusse nell’attuale nuova sede ed al riconoscimento di Conservatorio di Stato (era anche laureato in Legge).
Fu l’insegnamento il suo impegno d’ogni giorno. Ad esso si univa la creatività musicale. Moltissime le sue composizioni, quasi tutte ancora da riscoprire, dato il suo carattere schivo, ma alle quali egli affidò i moti più segreti del suo animo, accanto all’eccellenza della sua scienza musicale, particolarmente attenta al Contrappunto Severo.
Il concerto celebrativo tenutosi all’auditorium del Museo Revoltella a cura della Fondazione Rustia Traine, preceduto da un indirizzo del suo presidente on. Renzo de Vidovich, ha allineato una serie di sei composizioni di Bruno Cervenca, in un arco che comprendeva temporalmente tutta la sua
creatività, dalle giovanili composizioni pianistiche (Barcarola, Improvviso, Sonatina e Sonata), alla maturità del Quartetto d’Archi (1934) ed alla piena contemporaneità del Quintetto a Fiati (1954). Le datazioni precise di queste musiche sono incerte. Cervenca non usava annotare le date di composizione.
Ma ben chiara appare l’evoluzione dello stile. Nei brani pianistici si va dalla semplicità elegiaca dell’impegno costruttivo di stampo neoclassico, fermi restando i tributi alla grande tradizione austrotedesca che però Cervenca infiora di personali spunti dalmatici slavi ed italiani e di avvincenti cantilene propriamente zaratine. Il Quartetto d’Archi, sciolto e sereno, fa talvolta pensare a Dvorak ed alle ascendenze boeme. Il Quintetto a Fiati esplicita il suo carattere ludico, con soluzioni di sorprendente attualità. Il pianista Alberto Boischio ha fornito una lettura d’occasione che andrebbe ulteriormente approfondita. Di alto nitore espressivo il clima dell’imperativo Quintetto a Fiati interpretato dagli ottimi Giorgio Blasco, Luciana Glavina, Sebastiano Lo Iacono, Imerio Tagliaferri e Gilberto Grassi (flauto, oboe, clarinetto, corno, fagotto). Di grande scioltezza e professionalità l’interpretazione del Quartetto d’Archi (Stefano Furini, Valentino Dentesani, David Briatore e Tullio Zorzet). Applausi calorosi a tutti gli interpreti. Pubblico numeroso e partecipi. Ci si augura che anche
altre musiche di Cervenca possano essere rivisitate e fatte conoscere. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Le liete sorprese non mancheranno certo.
Fabio Vidali