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La Voce del Popolo – 030807 – Zucchero all’Arena di Pola

POLA – Bisognava esserci. Zucchero all’Arena, mercoledì sera, è stato grandioso. Ma del resto, da un artista così non ci si aspetta niente di meno. A cinque anni di distanza dal precedente appuntamento polese, il 3 agosto 2002 per promuovere “Shake”, Zucchero ha fatto di Pola una delle tappe della tournée mondiale per promuovere l’ultimo album, “Fly”.
Decollo premeditatamente in ritardo, il tempo che ci vuole a riscaldare l’atmosfera dell’attesa, palcoscenico studiato in ogni dettaglio. Da quelli più spiccatamente tecnici come luci e voce, a quelli strettamente scenografici. E allora: un pianoforte, un trombone “dimenticato”, un’imponente poltrona (quasi) regale e, appeso al cielo, un improbabile lampadario a mille gocce. Applausi per invitare Zucchero e band a uscire. Niente. Silenzio. Altri applausi. Niente. Silenzio ancora. Intanto il cielo si spegneva e nell’ellissi dell’Arena si accendevano le stelle. Poi dalle gradinate un grosso applauso per dire che sì, adesso si incomincia. Le luci del palco hanno giocato tra l’indaco ed il giallo, i musicisti hanno preso il loro posto e Zucchero, abbigliamento riconoscibilissimo, cappello calato sui ricci, si è accomodato in poltrona e let the music play. Delicatamente prima, senza scossoni, così, per abituarsi al viaggio. Bella “Occhi” (Poi, ho visto gli occhi suoi / Come grano in mano al vento / Son ciliegie del mio pianto / Così tanto io ti sento), delicata “Occhi” (Ho bisogno di te / Di svegliarmi nel sole / Da quanto tempo hai il mio cuore / Che non so… / Quanti anni ho). Blues struggente che ha messo il timbro su tutto il concerto. Ma anche ritmi e pensieri più provocatori quando ha intonato, ad esempio “Bacco Perbacco” (Ci vuole qualche cosa / Qualche cosa di più / Ci vuole un po' di pushing pushing / Quando il sole va, il sole va giù). “Cuba libre” tra ispirazione e commercializzazione (Mi piace la notte all'Havana / E poi mi piaci tu / Ma sogno un cuba libre mio amor / Sotto il cielo blu…./ Il cielo blu). Ancora impegno con “Let it shine” cantata per la sfortunata New Orleans del dopo Katrina (Ho visto prati muoversi / Come il mare / Nel grano d'inverno / E uccelli liberi / Tuffarsi / Per non tornare, per non tornare…/ L'amore sa…./ Ho visto senza luce / Domeniche di gospel nell'aria / E giorni luminosi / Solo di te, solo di te). Amore a tutto tondo con “È delicato” (E vengo a cercarti / In un sogno amaranto / Questo cuore / Sparpagliato / Per il mondo se ne va / Questo cuore / Disperato / È delicato / Dove sei / Arcobaleno / E cosa fai…/ Miele selvaggio).
Ma il pubblico ha scaricato adrenalina soprattutto per le cose “vecchie”: ricordate “Diamante”? O “Celeste”, “Baila Morena”, l’indiavolata “Per colpa di chi”, “Solo una sana…”, “Overdose d’amore”, “Con le mani”, “Senza una donna”, “Nel così blu”… Ha volato su un repertorio vastissimo e filigranato, Zucchero, con il pubblico che l’ha seguito, cantato con lui, ballato. Qualche saluto al pubblico (Ciao Pula!), la “confessione” di sentirsi di nuovo a casa, l’invito ad essere una voce sola. L’affermazione “il blues non morirà mai”. Un “Dio ci perdoni” quando la provocazione è stata troppo provocazione. Un’ora e mezza di dolce e graffiante blues; ogni canzone un graffio. Dalla parte del cuore, o dell’anima.
Un applauso infinito a fine concerto, un’ora e mezza senza sosta. Applauso che, senza fermarsi, si è fatto invito – richiesta di un bis che c’è stato, con il cappello lasciato altrove, per dare spazio ad una fascia. L’inchino e ancora applauso per dire “non te ne andrai mica così”. E allora, per salutare Pola, “You’re so beautiful.”
Il saluto, senza possibilità di altre uscite, con Zucchero stanchissimo. Probabilmente stanco già da subito perché la tournée ha appuntamenti fin troppo ravvicinati, ma tanto non ha impedito all’artista di essere professionista fino al midollo. Professionalità condivisa con la band, semplicemente impeccabile.
Che dire? L’album è quello che deve essere, un buon prodotto, per quanto, a volte, qualche ritmo è ripetitivo o ripescato, piccola cosa perdonabile (o, chissà, forse frutto di ricerca e non di distrazione). Sarà piacevole sentirlo comodamente seduti in poltrona, ascoltare Sugar all’Arena, con almeno settemila persone, è stato irripetibile. Davvero, bisognava esserci.

Carla Rotta

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