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La Voce del Popolo – 020607 – Bilinguismo di facciata

Negli Statuti dei Comuni costieri del Capodistriano si legge che il territorio degli stessi, o meglio una parte di essi, è bilingue, cioè che la lingua slovena e quella italiana sono ufficiali e hanno pertanto pari dignità. Ovviamente tra la teoria e la prassi la realtà cambia notevolmente e sovente, nonostante "l'elevato grado di tutela della Comunità Nazionale Italiana" – che non vuole dire solo insegne bilingui –, la situazione assume sfumature alquanto diverse. Gli accadimenti storici, con le sue funeste ripercussioni sul territorio, pesano ancora come un macigno, e si riflettono esplicitamente sul versante dell'uso e della diffusione della lingua di Dante – e del tradizionale dialetto – su questo tratto di costa. Nonostante gli atti ufficiali, i regolamenti e le commissioni comunali preposte alla vigilanza e al rispetto del bilinguismo, negli ultimi anni si nota una generale tendenza volta a marginalizzare la lingua italiana, confinandola alle sole istituzioni della minoranza. Di conseguenza qual è la lingua del territorio? A prescindere dal fatto che in siffatta area si comunichi, si operi e si faccia cultura anche in italiano, posso dire, senza temere smentite, che nella stragrande maggioranza dei casi le comunicazioni avvengono in lingua slovena.
Perché succede questo si chiederà qualcuno, se esiste il bilinguismo? Certo, è previsto, ma, obiettivamente, è solo di "facciata", poiché nella quotidianità ci si imbatte in situazioni poco piacevoli, indicanti quanto poco gradita sia "l'altra lingua". Questo è un dato di fatto. Più di una volta mi è capitato di osservare delle persone anziane esprimersi in italiano in qualche negozio e vederle trattate sgarbatamente, o meglio ignorate, dai commessi. E poi c'è una sorta di peso psicologico anche nelle persone di mezza età, che solo in pochi casi decidono di "uscire allo scoperto", e quasi sempre se sono certe che l'interlocutore corrisponderà nella stessa lingua. In pratica ci si rivolge in italiano solo se si conosce la persona che si ha davanti, e nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di connazionali. I più giovani e i giovanissimi, invece, passano direttamente alla lingua della maggioranza, e in tale modo eludono il problema di ritrovarsi in situazioni "imbarazzanti". Insomma la "mimetizzazione" sembra ormai il modus vivendi. E poi non capisco perché certi adolescenti, ma non solo, si rifiutano categoricamente di parlare in italiano, e mi riferisco a coloro che a casa usano il nostro vernacolo. Vergogna? Desiderio di non svelare la propria identità? O altro? I sociologi saprebbero certamente darci una risposta esauriente.
Ci troviamo di fronte a queste situazioni anche perché il dialetto istro-veneto è sempre meno presente nella nostra zona – specialmente tra le giovani generazioni -, a differenza del Buiese e dell'Umaghese, in cui il dialetto viene utilizzato da ampia parte della popolazione. Da noi, invece, la situazione è completamente diversa, e la lingua slovena assimila, complici anche quei connazionali che all'interno dei matrimomi misti – per altro sempre esistiti – mettono al bando la lingua italiana, con conseguenze certamente non favorevoli al già debole corpo minoritario. Perché siamo arrivati a questo, mentre nei decenni addietro le famiglie trovavano un equilibrio linguistico al suo interno? Ecco un altro quesito per gli studiosi della società.
I problemi che interessano il territorio di Pirano, Capodistria e Isola sono notevoli e difficili da sintetizzare, è sufficiente rammentare la pressione antropica sulla costa registrata negli ultimi tre lustri, che si manifesta chiaramente con la speculazione edilizia. Tutto ciò porta all'insediamento di un numero elevato di persone da ogni parte della Slovenia, che, per ovvi motivi, non parlano l'italiano, e spesso non comprendono il valore del bilinguismo, alterando così la già delicata situazione in cui si trova la componente italiana presente in loco.
Se tutto ciò non bastasse constato una poca sensibilità nei confronti della nostra lingua, le cui "dimenticanze" ed omissioni non sono certo casuali. Evidentemente più di qualcuno ritiene che nessuno utilizzi più la lingua italiana, e sia tuttt'al più un "interessante elemento folkloristico" (forse da esibire?). La tendenza, purtroppo, è questa. Qualche esempio? Ce ne sono a iosa, però ne indicherò solo due. Sugli autobus della linea Capodistria-Pirano (su alcuni, non su tutti) noto che i nomi dei luoghi corrispondenti alle principali fermate sono indicati solo nella versione slovena. E poi come non ricordare la "svista" fatta dai funzionari del Comune di Pirano che, nel pubblicare il bando pubblico per l'assegnazione dei mezzi finanziari per le attività sociali, sottolineano che i moduli debbono venir compilati in forma leggibile e in lingua slovena, che è poi una condizione per aderire al bando stesso. Quando i rappresentanti della CNI al seggio specifico hanno fatto notare l'incongruenza, la risposta è stata che, evidentemente, si è trattato di una "dimenticanza" e che si provvederà alla correzione. Stranamente ci si dimentica sempre della lingua italiana, mentre il testo del bando, tuttora presente nel sito del Comune, è identico a quello inserito in origine.

Kristjan Knez
 

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