ANVGD_cover-post-no-img

La Stampa – 080208 – “Istria, cencellate vite e identità”

VERBANIA Invasori e la linea di confine spostata in continuazione sbiadiscono l’identità di un popolo: italiani o jugoslavi? bianchi o neri? Niente di tutto questo: grigi. Decine di generazioni sono cresciute in Istria con sentimenti contraddittori che solo quest’ultima tonalità può rappresentare. Con la Venezia delle Repubbliche Marinare, la Serenissima, gli Asburgo, l’Italia Unita, i Fascisti italiani, i Comunisti di Tito, infine l’esodo verso occidente, nella costa dirimpettaia. Una storia molto intricata, confusa, drammatica, quella vissuta dalla popolazione istriana, su cui si sta cercando di fare luce attraverso le testimonianze di chi su quella terra di frontiera ci ha vissuto. Chiarire, ristabilire quella verità che la storiografia ufficiale non ha saputo, o non ha voluto, cogliere: è questo il senso del convegno internazionale di studi «Donne, memoria e confine» che si è svolto ieri all’Itis Cobianchi di Verbania, organizzato dall’Istituto storico della Resistenza in occasione del «Giorno del Ricordo» delle vittime delle Foibe. L’importanza dell’appuntamento è stato sottolineato da messaggi prestigiosi tra cui quello del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Davanti a duecento studenti hanno parlato le «Voci della letteratura femminile istriana». Donne che con le loro opere stanno cercando di ricostruire lo scempio fatto dai fascisti italiani e dai nazisti durante l’occupazione e poi dai comunisti di Tito. «I fascisti – ha raccontato la scrittrice di Pola, Romana Sansa – ci hanno impedito di manifestare la nostra cultura a partire dalla nostra lingua. Dovevamo parlare soltanto in italiano. I partigiani di Tito ci hanno perseguitato perchè identificavano gli italiani con i fascisti. In Italia ci hanno accolti con molto distacco perchè ci consideravano ex-fascisti. Insomma una fila di equivoci che per noi è stata una tragedia: non riuscivamo a trovare serenità da nessuna parte». La persecuzione per chi è rimasto in Istria è continuata anche dopo, ormai lontani dalla guerra: «C’è stata una politica di distruzione della presenza italiana – ha spiegato la giornalista Alessandra Argenti Tremul – . Un clima d’intimidazione che ha portato alla chiusura delle scuole italiane e alla negazione dei titoli di studio acquisite nelle università di oltre confine. Inoltre hanno distrutto tutto ciò che poteva essere riferito alla nostra cultura, cambiati perfino i nomi delle vie e delle persone». Concludendo i lavori il critico letterario Elis Deghenghi Olujic ha confermato la chiusura di scuole e asili e la «perdita di tutti i diritti», aggiungendo: «L’Istria ha più storia di quanta ne possa digerire. Occorre portarla a galla e stabilire la verità attraverso un processo culturale. Solo ricostruendo la storia è possibile progettare il futuro».

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.