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La danza macabra (Voce del Popolo 12 mar)

È ormai da due settimane che i media sloveni espongono in prima pagina le raccapriccianti immagini dei resti umani, trovati di recente in una miniera dismessa dal nome che è tutto un annuncio da brivido; Huda Jama. Centinaia di resti umani, ossa, teschi, corpi semimummificati, che testimoniano la brutalità di un dopoguerra mosso non raramente dalla vendetta e ispirato da un impeto rivoluzionario costruito su un'ideologia che avrebbe dovuto, nelle speranze di molti, offrire un futuro di giustizia e uguaglianza. A Huda Jama è subito arrivata un'alta delegazione croata. È infatti molto probabile che tra quelle ossa ci siano anche i resti di molti soldati croati della NDH, lo stato guidato, a fianco a Mussolini e Hitler, da Ante Pavelić. Molto probabilmente quelle persone furono giustiziate sommariamente dalle unità dell'Ozna, la polizia politico-militare dell'esercito jugoslavo, e "sepolte" in fretta senza alcuna pietas. Incuriosisce comunque la celerità della commemorazione croata, avvenuta proprio mentre a Bruxelles i due ministri degli esteri, Žbogar e Jandroković, negoziavano, presente il commissario Rhen, i termini di una mediazione UE per il confine. Solo pietas?

Tutti i morti, di qualsiasi guerra, dopoguerra, grotta, fossa comune o foiba che sia, meritano una degna sepoltura o almeno un atto di umano rispetto da parte di chi è vivo. Su questo punto convergono tutti, da destra e da sinistra. Le divergenze però – com'era prevedibile – insorgono nel momento in cui una parte – e succede di solito alla vigilia di una qualche campagna elettorale – tenta di impugnare le ossa con l'intenzione di bastonare moralmente e politicamente l'altra parte. Ricomincia così l'infinita danza macabra di una storia che si riscrive ad ogni resto umano che riaffiora nei vari lavori in corso di un Paese che si sviluppa in fretta, ma che ha qualche difficoltà a superare il proprio passato. La geografia slovena è particolare; avvantaggiata e sfortunata allo stesso tempo. Nell'immediato dopoguerra attraverso il suo territorio passarono migliaia di sbandati in fuga degli eserciti quisling balcanici. Molti risuscirono ad attraversare il confine austriaco, ma l'esercito britannico, con il consenso di Churchil, li riconsegnò a Tito. E fu un'ecatombe. Non è una novità. Gli storici più o meno sanno dove altri resti possano essere cercati.

Le Primorske novice hanno di recente pubblicato un elenco di oltre 130, tra grotte e foibe, in cui ci sarebbero i resti delle vittime del dopoguerra. Molti luoghi sono diventati un mito, un simbolo, e spesso vengono usati quale meta di pellegrinaggi che, oltre alla pietà, suggeriscono un'attualizzazione politica spesso in odor di revisionismo storico. Anche in questi giorni è difficile non percepire, nella frenetica descrizione, più o meno attendibile, dei fatti, anche un messaggio fortemente viziato dall'attualità politica. Una battuta poco indovinata del presidente sloveno Danilo Türk, che ha definito la scoperta di Huda Jama un "argomento di secondaria importanza", ha scatenato le ire, solo in parte sincere, della destra slovena. Poi il presidente ha precisato; di secondaria importanza è la manipolazione politica che si sta facendo di una tragedia come quella di Huda Jama. Il dibattito è in corso e probabilmente non si calmerà fino alle elezioni locali in Croazia e a quelle europee in Slovenia. C'è poi il fattaccio di Lokve, dove gli esuli istriani guidati da Massimiliano Lacora e diretti alla grotta di Golobivnica, dove, secondo loro, ci sarebbero dei resti umani, sono stati fermati dagli abitanti del posto e da altri attivisti accorsi sul luogo, un misto di antifascisti e nazionalisti, compresi quelli che manifestano puntualmente sul fiume Dragogna per una "grande Slovenia". Per evitare uno scontro fisico la polizia ha mandato a casa tutti. L'Italia ha poi protestato, ma con basso profilo. E Lacota già annuncia nuove commemorazioni sul Carso. A questo punto – anche per evitare nuove danze macabre – è lecito chiedersi perché Slovenia e Italia, percorrendo la strada già intrapresa dalla commissione storica, non concordino di verificare, con l'esumazione la verità, foiba per foiba, compresa quella monumentale di Basovizza.

Franco Juri

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