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La Dalmazia vista da un ufficiale italiano (Il Piccolo 07 feb)

TRIESTE In una società basata sull’immagine, la fonte fotografica assume un valore crescente in una molteplicità di situazioni, in cui restituisce la fisicità di luoghi e di forme. Per diventare un documento di storia politica e sociale richiede però il supporto di altre discipline. Ne sono perfettamente consapevoli gli studiosi dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste impegnati ad arricchire le dotazioni fotografiche soprattutto attraverso il recupero degli archivi familiari. Ognuno di essi richiede specifiche chiavi di lettura e la ricostruzione di un contesto storico, non sempre individuabile nelle singole immagini. La mostra, corredata da un piccolo catalogo, “Fotografie di Fabio Albanese ufficiale italiano in Dalmazia. 1941-1942” aperta fino a mercoledì (dalle 15.30 alle 19.30 esclusa la domenica) nella Sala del Giubileo di Trieste, ne costituisce una brillante esemplificazione, grazie alla professionalità di uno studioso accurato come Franco Cecotti e alla collaborazione di Paolo Albanese, figlio di Fabio Albanese.

Le fotografie eseguite da Fabio Albanese durante il servizio militare nelle zone di occupazione italiana tra la Dalmazia e l’Erzegovina occidentale sono state acquisite dall’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia nel settembre 2007, in seguito ad un deposito presso il proprio Archivio Fotografico disposto dalla famiglia.

Il Fondo Fabio Albanese comprende complessivamente oltre 1.000 fotogrammi (la maggior parte costituiti da negativi 135 mm, ma anche da 110 negativi singoli in formato 6×6 e 6×4,5), eseguiti tra il 1941 e il 1945. I soggetti si riferiscono al periodo della seconda guerra mondiale e accompagnano l’attività di Fabio Albanese quale ufficiale dell’esercito italiano nei Balcani e poi in varie località italiane.

Le immagini che vengono esposte sono il prodotto di un fotografo non professionista, ma appassionato dello strumento che utilizza, da cui ottiene dei risultati non omogenei, per la qualità, ma spesso ottimi e in alcuni casi eccellenti.

L’attenzione del fotografo è attratta principalmente dai paesaggi e dalla popolazione di località che rivelano la propria alterità rispetto agli ambienti fisici e sociali consueti per un abitante di Trieste o di un qualsiasi centro urbano d’Italia.

Le montagne dinariche con le abbondanti nevicate dell’inverno 1941-’42, la sorgente tumultuosa del fiume Bistrica, la presenza di moschee nel paesaggio urbano della città di Livno, come le donne mussulmane velate o quelle ortodosse con altri vestiti tradizionali, che incrociano i soldati italiani lungo le vie della città (da Spalato a Traù, da Sebenico a Knin), sollecitano l’occhio e l’interesse documentaristico di Fabio Albanese. È proprio l’attenzione al paesaggio e alla popolazione che caratterizzano queste fotografie, mentre la presenza dei militari risulta più sfumata e quasi assenti sono i segni della guerra.

Marina Rossi

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