In Croazia sta per avere luogo una delle manifestazioni più bizzarre che le pur variegate cronache dei Balcani abbiano mai espresso: una “marcia contro il cirillico” organizzata a Zagabria dai veterani di guerra. Finora non si era mai sentito parlare di una protesta che si oppone all’uso di un alfabeto ma in questo caso l’iniziativa si colora di nazionalismo e nasce con intenzioni aggressive poiché Tomislav Josic, uno dei suoi promotori fa sapere che “saremo ancora più chiari di quanto lo siamo stati a Vukovar”.
Il nucleo della polemica consiste nella decisione dell’Unione europea di consentire cartelli stradali in cirillico e classi scolastiche che studino l’alfabeto dei serbi anche nel cantone di Vukovar, città- martire per i croati e ritenuta simbolo dello storico affrancamento dai vicini ortodossi. In effetti nel 1990 Vukovar fu luogo d’incubazione di tutte le violenze che si sarebbero dispiegate dopo, attraverso una distruzione pressoché totale della città e la creazione di veri e propri campi di concentramento sia da parte dei volontari di Arkan che dai primi reparti paramilitari dell’armata croata.
La decisione di ripristinare l’uso del cirillico in omaggio alla minoranza serba della zona (circa il 38 per cento ha colto di sorpresa i nostalgici di quell’epopea: fra i nazionalisti di Croazia i più moderati dicono che sia intervenuta “troppo presto” nonostante gli oltre vent’anni trascorsi, e a Vukovar è nato un comitato che si propone di impedire alla minoranza serba l’esercizio di certi diritti, fra cui il principale è quello alle scritte nei due alfabeti.
Secondo gli integralisti locali Vukovar dovrebbe essere esentata dall’applicare le norme europee sulla pari dignità delle culture almeno per 50 anni, nonostante i serbi costituiscano un terzo della popolazione e la Commissione europea appena il 5 febbraio scorso ha evitato di commentare gli ultimi sviluppi della faccenda limitandosi però a ribadire due principi: il primo è quello del primato della legge che dunque deve essere rispettata in qualsiasi angolo della Ue, il secondo, è quello che mira alla riconciliazione e integrazione fra comunità diverse, il che equivale a dire che da questo orecchio Bruxelles non ci sente.
Peter Stano, commissario all’allargamento ha ripetuto che “questi principi fanno parte integrale di quelli abbracciati con la nascita dell’Unione” ma nonostante una presa di posizione che più chiara non poteva essere, gli irriducibili di Vukovar guidati dagli ex combattenti domani porteranno la loro protesta fino alla capitale sperando che qualcuno li ascolti Secondo loro, l’amnistia decisa anni fa da Zagabria ha beneficiato anche alcuni serbi che si resero responsabili di crimini, e inoltre molti di essi risultano residenti a Vukovar mentre in realtà sono rientrati nel loro Paese.
La risposta dell’Unione europea è algida: a certi principi non si deroga e dunque la pretesa dei veterani è irricevibile, né può essere presa in considerazione la tesi secondo cui la Costituzione croata prevede che certi diritti possano essere sospesi per un breve periodo di tempo ove mai la loro applicazione risultasse pericolosa. Entro tre mesi la Croazia entrerà a far parte dell’Unione, e dunque oltre che prenderne i finanziamenti dovrà applicarle le regole, comprese quelle sul bilinguismo.
(fonte www.globalist.it 5 aprile 2013)