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Kataweb – 050108 – La via istriana al cioccolato

di Eleonora Cozzella

“Un lingotto avvolto in una sottile carta”: così, nel 2006, il food writer Corby Kummer, sul New York Times, ha celebrato il gianduiotto, cioccolatino simbolo di Torino e gloria del Belpaese. Un sensuale mix di cacao, nocciola tonda gentile del Piemonte e zucchero, che prima conquista gli occhi, poi riempie il naso di aromi e infine si scioglie in bocca con eleganza vellutata. È il frutto forse più prestigioso della storica via italiana al cioccolato che Clara Vara Padovani e Gigi Padovani hanno ricostruito in un libro – “Gianduiotto mania”, edito da Giunti (192 pagine, 14,90 euro) – ricco di curiosità storiche, ricette e testimonianze.

È un lungo viaggio che segue, intanto, il cammino del cacao dalle Americhe al Vecchio continente passando per corti e conventi dove le preziose fave sono trasformate in una bevanda capace di conquistare principi, condottieri e frati. E passa per Torino che a metà del Settecento diventa la capitale del cioccolato in tazza.

Poi nel secolo successivo, ecco la svolta con la comunità valdese che ne inizia la lavorazione industriale in Piemonte. Ma decisivi sono probabilmente gli effetti del Blocco continentale che Napoleone decide intorno alla Gran Bretagna nel 1806. Quasi dieci anni in cui le navi inglesi non possono più attraccare nei porti controllati dai francesi e le merci coloniali diventano così quasi introvabili e soprattutto carissime.

Quest’onda di dolcezza, scrivono i Padovani, viene interrotta perché anche dopo il blocco, il cacao torna sì sui mercati europei ma a ritmi molto lenti e con prezzi troppo alti.
Ecco allora il bisogno di un surrogato. E la via italiana passa dall’uso di un pugno di mandorle dolci e un po’ di lupini aggiunti al cacao: è l’idea di Antonio Bazzarini, trentenne istriano trasferito a Venezia. Siamo nel 1812. Un piccolo passo verso quello che sarà il gianduiotto, il primo cioccolatino confezionato, e che vedrà la luce il 4 marzo 1867 in una Torino dove la storia moderna del cioccolato ha preso ormai i nomi soprattutto di Caffarel e Prochet, destinati più tardi (1878) a fondersi in un’unica azienda.

Ma è allo stand numero 97 di Prochet & Gay che il 4 marzo 1867, durante la Gran Fiera Fantastica di Gianduia, vengono venduti per la prima volta i cioccolatini avvolti nella carta oro ribattezzati con il nome di sua Maestà Gianduia, maschera e identità di un luogo, che nei giorni di Carnevale è il vero sovrano della città.

Lavorato a mano, stampato o estruso, il gianduiotto che arriva a noi tra fedeltà alle origini e voglia di innovazione (le dimensioni più piccole, ad esempio), è raccontato da Clara e Gigi Padovani con una prosa incalzante e una straordinaria ricchezza di informazioni, frutto di ricerche accurate negli Archivi di stato e in quelli delle aziende. Non solo: il libro è arricchito di testimonianze dei tanti personaggi stregati dal gianduiotto e poi dei menu storici dove la fanno da protagonisti. E ancora, dagli abbinamenti con i Savoiardi per finire con le ricette di 9 grandi chef che si cimentano con il cioccolato dagli antipasti ai secondi a base di carne. Un omaggio goloso a un cioccolatino che, per dirla con la torinese doc Luciana Littizzetto, è come un orgasmo, breve e intenso.

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