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Istria, il primo martire beato dopo 60 anni (Tempi 16 ott)

“OGNI EPOCA È TEMPO DI MARTIRI”. Lo ha detto il 4 ottobre nella cattedrale di san Giusto a Trieste monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi, nel corso del rito di beatificazione del martire di Cristo don Francesco Bonifacio.

Secondo di sette figli di un`umile famiglia, don Bonifacio nasce nel 1912 a Pirano d`Istria. Dopo aver frequentato il seminario di Gorizia, viene ordinato sacerdote il 27 dicembre 1936 a san Giusto. Novello sacerdote viene destinato per quattro mesi al servizio pastorale a Pirano. Nella sua città natale lascia un ricordo positivo in particolare fra i giovani da cui è particolarmente stimato. Dall`aprile 1937 è a Cittanova d`Istria. In questa cittadina fonda l`Azione Cattolica, organizza gare e gite per i ragazzi, oltre ad insegnare il catechismo.

È molto vicino alla gente del popolo. Dedica molto tempo al confessionale che è frequentato da pescatori e contadini. Dal 1 ° luglio 1939 è nominato "cappellano esposto" nella curazia di Villa Gardossi: 1.300 anime sparpagliate in piccole frazioni vicino a Buie. Qui don Francesco insegna religione a scuola, segue il catechismo, inizia il coro, apre una piccola biblioteca, risistema la canonica. fonda l`Azione Cattolica. Si dà tutto nel raggiungere i casolari più dispersi, nel portare aiuti ai bisognosi, nel confortare i  sofferenti, nell`insegnare a tutti la dottrina. Il sabato e le vigilie è a Buie per le confessioni. Tiene stretti legami con il vescovo e con i sacerdoti delle parrocchie a lui vicino.

Nel frattempo scoppia la guerra che in Istria fa sentire la sua brutalità dopo il 1943. Villa Gardossi è terreno ideale per gli scontri fra fazioni. Don Bonifacio è difensore di tutti: fra l`altro interviene per evitare il rogo di un casolare rifugio di partigiani, protesta presso il presidio fascista per l`uccisione di un contadino, asconde in canonica persone ricercate o che non volevano schierarsi, evita l`esecuzione di un partigiano accusato di collaborare con i tedeschi.

Nell`immediato Dopoguerra l`Istria è sotto dominio jugoslavo. La persecuzione religiosa è evidente, vengono chiuse chiese e le opere nate in ambiente cattolico, nelle scuole si insegna l`ateismo, l`insegnamento della religione viene limitato agli ambiti parrocchiali e i giovani vengono indirizzati a strutture alternative. Don Francesco viene minacciato. Negli scritti e nei colloqui con i confratelli parla di martirio: «Chi non ha il coraggio di morire per la propria fede è indegno di professarla».

L`11 settembre 1946, dopo essersi confessato in una parrocchia vicina, viene ucciso. Discordanti sono le testimonianze sulla sua morte e nessuno è mai stato condannato per il suo omicidio, anche se la voce popolare indicava i responsabili in alcune guardie e soldati jugoslavi.

La libertà religiosa minacciata

Nella predica monsignor Amato ha affermato: «… fu preso dai miliziani titini e portato in un bosco. Dopo essere stato crudelmente torturato fu buttato in una foiba come la carcassa di un cane». Tutti concordano che fu ucciso "in odium fidei", egli fu vittima per la fede, perché era un sacerdote. Sacerdote santo. «In quel difficile periodo – afferma ancora monsignor Amato – segnato dalla Seconda guerra mondiale, dalla insurrezione popolare del 1943, dai movimenti partigiani, seguiti da deportazioni, distruzione e morte, egli fu pastore generoso, vicino al suo popolo, noncurante della sua vita, difensore dei deboli e padre degli oppressi». Martire di Cristo, è divenuto "testimone" della fede della Chiesa morendo per essa.

Il prefetto della Congregazione per le cause dei Santi conosce bene l`attuale situazione mondiale e lo dichiara: «Ancora oggi la Chiesa subisce persecuzione. C`è una vera e propria geografia del terrore». Segue elencando paesi, in cui ai cristiani è negata la libertà religiosa, nomi di martiri del 111 millennio, situazioni di sofferenza ed intimidazione in cui versano i cristiani. «Nel mondo si fanno campagne per la protezione di animali in via di estinzione, ma nessuna campagna è stata fatta per la difesa della libertà religiosa dei cristiani». E non è solo violenza, «anche nella nostra società c`è spesso una persecuzione anticristiana sotterranea, fatta di derisione, di stravolgimenti di fatti e di parole, di offese, di promulgazioni di leggi inique. Si irride al Vangelo, alla legge del Signore, creatore e padre delle nostre vite. I mezzi di comunicazione ci opprimono con idee fatue, superficiali e spesso apertamente anticristiane».

Che fare? «La risposta ce la dà il nostro Beato martire, che ci invita ad essere forti e perseveranti nella sequela di Gesù, il nostro unico maestro, il buon pastore, colui che perdona le nostre colpe e che infonde nei nostri cuori la gioia di un`esistenza serena e pacifica», con il coraggio di proclamare il Vangelo nella sua integralità. «Oggi più che mai il mondo ha bisogno di essere edificato da testimoni fedeli di Cristo. È questo il significato del nostro battesimo. E questo il meraviglioso spettacolo della santità».

Al termine del rito Giovanni Bonifacio, fratello del novello beato, ha regalato alla diocesi, quali reliquie, il calice e la stola usati da don Francesco. Questo perché il corpo del martire non è mai stato trovato.

Marco Gabrielli

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