26.08.2025 – La figura di Giovanni Palatucci, ultimo questore italiano a Fiume, martire della ferocia nazista, morto nel campo di concentramento di Dachau il 10 febbraio 1945 e Giusto tra le Nazioni, va studiata più a fondo per comprenderne la sua grandezza storica. È quanto emerso da una mattinata di studi organizzata ad Abbazia sabato 23 agosto a ottant’anni dalla sua morte.
L’evento è stato promosso dalla Comunità degli Italiani di Abbazia, dall’ERAPLE del FVG (Ente regionale ACLI per i problemi dei lavoratori emigrati) e dal Comitato provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, con la collaborazione dell’Associazione Clape APS di Monfalcone (GO), della Comunità degli Italiani di Fiume, dell’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo e del Circolo di cultura istro-veneta “Istria” (TS). L’iniziativa, che aveva il patrocinio dell’Unione Italiana (Croazia) e il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, si è svolta nella suggestiva cornice di Villa Antonio, sede della Comunità degli Italiani di Abbazia. Ha fatto gli onori di casa Sonja Kalafatović, presidente della CI di Abbazia, salutando gli organizzatori, i relatori e il pubblico in sala.

Ha moderato la giornata di studio e di riflessione Rosanna Turcinovich Giuricin, giornalista, scrittrice e direttore de «La Voce di Fiume», trimestrale del Libero Comune di Fiume in Esilio. Sono seguiti i saluti istituzionali di Elisa Sinosich, presidente dell’ERAPLE del Friuli Venezia Giulia. “Io sono qui per merito di Giovanni Palatucci – ha esordito la Sinosich – che nei momenti complessi della guerra aiutò mio padre e proprio la storia del confine orientale è così poco nota a molte persone, che bisognerebbe parlarne di più”.
Ha poi avuto la parola Bruna Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale dell’ANVGD di Udine. “Sono onorata e felice di questo interessante incontro e dell’accoglienza ricevuta in questa prestigiosa sede – ha detto la Zuccolin – penso che sia importante il dialogo fra i popoli in dimensione europea, parlo poi come vicepresidente dell’ERAPLE FVG, che si occupa dei corregionali all’estero e porto il saluto anche dell’Associazione Clape di Monfalcone”.

Ha parlato anche Ezio Giuricin, presidente del Circolo di cultura Istro-veneta Istria, di Trieste, accennando al patrimonio di valori multiculturali delle terre adriatico orientali, fondamentali per comunicazione e la pace.
Ha fatto seguito la relazione di Bruno Bonetti, di avi dalmati, su “Elementi di riflessione sulla città di Fiume tra il 1937 e il 1945”, che ha ricostruito le tragiche vicende storiche di Fiume nel periodo in cui vi operò Palatucci.

Molto seguito è stato l’intervento della professoressa Rina Brumini, ricercatrice e vicepresidente della Comunità ebraica di Fiume, oltre che vicepresidente della Comunità degli Italiani di Fiume. Ha parlato degli effetti delle leggi razziali fasciste a Fiume, con cenni storici sulla presenza ebraica nel Golfo del Quarnaro e l’aiuto di Palatucci per salvare gli ebrei dai lager nazisti.
Il sociologo Elio Varutti, del Consiglio direttivo dell’ANVGD di Udine, ha illustrato la biografia sofferta di Palatucci con le ricadute in campo sociale dei sentimenti di umanità e solidarietà verso gli appartenenti alla fede ebraica.
La Presidente dell’ANVGD di Roma e ricercatrice Donatella Schürzel, collegata in teleconferenza, ha presentato il tema di “Opporsi al Reich a Fiume: Giovanni Palatucci”. Ha poi lodato gli incontri di studio su tale figura storica che dovrebbero essere ancora più intensi.

È intervenuto in seguito Damir Grubiša, già ambasciatore di Croazia a Roma e cattedratico di Politologia, con il titolo: “Dilemma etico su Giovanni Palatucci”. Dopo aver esordito con un riferimento familiare del tipo “anche mia zia aveva contatti col dottor Danieli, alias del dottor Giovanni Palatucci”, il relatore ha trattato della “originalità del bene in contrasto con la banalità del male”, spiegando l’importanza di rispettare le memorie reciproche. Grubiša ha così concluso: “Penso che Palatucci sia un esempio di anti-eroe di Fiume e d’Europa”.
Franco Papetti, presidente dell’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo (AFIM), in teleconferenza, ha trattato dei luoghi di Palatucci, da Montella (AV) dove nacque, a Genova e Fiume, dove lavorò, a Dachau, dove fu assassinato, a Campagna (SA) dove, dal 2008, funziona il Centro Studi “Giovanni Palatucci”. Si tratta di un museo regionale della memoria e della pace, caratterizzato dalla figura e dall’operato di Palatucci, funzionario dell’ufficio stranieri della Questura di Fiume e dello zio, Mons. Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo della Città di Campagna.
L’ultimo contributo culturale ha portato una grande novità in campo religioso. Franco Fornasaro, giornalista e scrittore, oriundo istriano, parlando del “Credente Giovanni Palatucci” ha annunciato che, dallo scorso marzo, si è concluso l’iter – con oltre 900 pagine di documentazione – per la proclamazione di Palatucci a beato, che avverrà nel prossimo concistoro di papa Leone XIV.

Al termine dell’evento Bruna Zuccolin ha donato una voluminosa serie di pubblicazioni e libri alla Comunità degli Italiani di Abbazia, con i ringraziamenti di Sonja Kalafatović, presidente del sodalizio.
Dopo un momento di convivialità, organizzato dal sodalizio ospitante, abbiamo chiesto a Elisa Sinosich come mai il suo babbo fu salvato da Palatucci. Ecco la risposta: “Mio padre Pietro Sinosich, classe 1915, nonostante fosse già in possesso del congedo militare, ricevette la cartolina precetto della Decima Mas, mentre suo fratello Silvio fu portato in bosco dai partigiani. Mio zio Silvio, classe 1925, calciatore della Quarnero Fiume, era detto ‘Nini Savata’, cioè Nini Ciabatta, per via delle scarpe numero 46. Per non avere la guerra in famiglia, mio padre si rivolse, tramite una conoscente ebrea, a Palatucci, il quale, compresa la situazione, scrisse una lettera di presentazione al questore di Trieste, consigliando a mio padre di entrare volontario nella polizia stradale, non a Trieste, così vicina al confine orientale, ma andando a Padova. Mio papà così fece e si salvò dalla guerra, poi fu trasferito a Salerno, dove nacqui io. Zio Silvio fece domanda del diritto d’opzione, non solo fu licenziato dal Silurificio, ma per una decina di volte glielo negarono, non poté mai partire, tanto che morì in Jugoslavia nel 1957, in un incidente stradale”.

Si è saputo inoltre che, nel 1950, il giovane fiumano Damir Grubiša fu accolto con la mamma, nonna, bisnonna ed altri familiari al Campo profughi di Vicenza per tre mesi, negli spazi angusti, separati da coperte militari, di una vecchia caserma dei carabinieri presso la stazione, mentre suo papà era stato incarcerato per aver favorito operai italiani al Silurificio. Fortuna che gli jugoslavi lo riabilitarono, così i profughi Grubiša rientrarono a Fiume.
Fonte: ANVGD Udine – 25.08.2025
L’articolo dedicato al convegno dal quotidiano La Voce del Popolo:
https://lavoce.hr/attualita/giovanni-palatucci-a-un-passo-dalla-beatificazione

