20.06.2025 – Si chiama “Toscana” la nave simbolo dell’esodo dall’Istria che lasciava il porto di Pola il 10 febbraio del 1947 dando il via a un fenomeno che solo ora, dopo tanti anni di silenzio e di oblio, si racconta con la serenità dell’esplorazione, dello studio, della contestualizzazione.
Il tempo macina memoria e sentimenti, ma crea anche la necessità di andare a fondo nelle cose, di narrare, di scoprire i retroscena. A questa nave Alessandro Cuk, presidente del Comitato provinciale di Venezia, e vicepresidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, ha dedicato una lunga ricerca raccolta nel volume “Il piroscafo Toscana. La nave dell’esodo da Pola”, Alcione editore con il contributo dell’ANVGD. Cuk, di famiglia fiumana stabilitasi nel Veneto, è anche vicepresidente nazionale dell’Associazione Cineforum.
Tutto inizia con «Pola addio»
Il libro sulla nave Toscana è ancora un omaggio al cinema di cui ti occupi per professione o è una strada diversa?
“Diversa direi, anche se parte inevitabilmente da un filmato storico, la pellicola ‘Pola Addio’ che molti già conoscono, realizzato nel 1947 nelle vie della città invase da masserizie che gli abitanti avevano ammassato prima della partenza dalla città consegnata dagli Inglesi alla Jugoslavia di Tito”.
Come viene raccontata la vicenda della nave Toscana?
“Il libro è diviso in più parti, con varie tessere che vanno a completare una narrazione. Partendo dalla sua storia iniziata in un cantiere: costruita nel 1923 in Germania, la nave viene consegnata al mare col nome di Saarbrüken. Solo negli anni a cavallo del ‘35 e ‘36 entrerà nel nostro registro: il governo italiano aveva acquistato varie navi ribattezzandole con i nomi delle regioni. Alla nostra storica nave è toccata la Toscana, la cui gemella era Sicilia, annoverate tra le più piccole della flotta. Servivano da supporto per il trasporto delle truppe italiane verso l’Etiopia”.
La città che si svuotava…
Su quali fonti d’archivio si è svolta la ricerca?
“Principalmente da altre pubblicazioni, che non sono molte, anzi il loro numero è limitato, ma costituiscono comunque una base di partenza su cui sviluppare un lavoro come questo, presentato recentemente al Salone del Libro di Torino, nello stand denominato La Bancarella. L’altra fonte importante è stato l’archivio dell’Arena di Pola, il periodico dell’Associazione dei Polesi in Esilio, poi mi sono basato su altri articoli di giornale e anche sui siti internet. In sintesi: c’è la nave con la sua storia pregressa, dall’inizio della Seconda guerra mondiale diventerà nave ospedale e per tutta la durata del conflitto, trasporterà i feriti”.
È stata mai attaccata da navi nemiche?
“Ogni tanto si è registrato qualche attacco sia dagli inglesi, sia dai tedeschi sempre nelle acque del Mediterraneo”.
Come è arrivata a Pola?
“Dopo la guerra, mentre stava ritornando a essere una nave mercantile, il Governo prese la decisione di destinarla al trasporto degli esuli. Era in grado di accogliere duemila persone alla volta per cui ha dovuto fare diversi viaggi da Pola a Venezia. In questa sua opera era stata affiancata da altre navi più piccole, in tutto furono 16.800 le persone che lasciarono la città dell’Istria a partire dal 10 febbraio 1947, praticamente un’intera città che si svuotava”.
Ma la sua “carriera” per mare continuò anche dopo questi fatti?
“La sua storia continua con la trasformazione, ancora una volta, in nave mercantile e passeggeri con viaggi a lungo tragitto partendo da Trieste o Italia del sud verso l’Australia. Ironia della sorte, molti esuli rifecero il viaggio con la medesima nave, da Pola a Venezia e da Trieste verso l’Australia: il primo viaggio avvenne nel 1954, Trieste tornava all’Italia, i triestini (e i giuliano-dalmati) se ne andavano. Per qualcuno divenne ‘la nave dei due esodi’”.
Il tempo dell’oblio
Il mare continuava a essere pieno di insidie…
“Nel 1956 venne chiuso il Canale di Suez. Per raggiungere l’Australia, la nave dovette uscire dallo Stretto di Gibilterra, circumnavigare l’Africa passando da Capo di Buona Speranza. Solo più tardi poté riprendere la rotta più breve attraverso il Canale di Suez. Durante un viaggio di ritorno del gennaio 1958 il piroscafo, insieme ad altre navi italiane, recupera altri profughi. Si tratta di olandesi che devono lasciare l’Indonesia in tutta fretta con la vittoria di Sukarno. A Giava, la nave Toscana imbarcherà 517 civili olandesi che porterà in salvo nel porto di Venezia”.
Un’altra fonte di ricerca sono stati i quotidiani dell’epoca?
“È la seconda parte del libro: si tratta della rassegna stampa dell’epoca riguardante i giornali che s’erano occupati dell’esodo, dal ‘46 al ‘48. Qualche testata: Il Mattino d’Italia, Il Popolo, il Nuovo Corriere della Sera, La Voce del Po, La Provincia di Como, e così via…”
Che cosa ti ha sorpreso di questa ricerca?
“Che ci fosse su questo tema tantissima attenzione in quel periodo. Permarrà almeno fino al ‘47, poi andrà lentamente scemando; l’interesse si sposterà sulla questione di Trieste e, più tardi, nel ‘48 sarà la vicenda del Cominform che cambierà gli equilibri in campo e inizierà il tempo dell’oblio, del silenzio sui fatti di Istria, Fiume e Dalmazia”.
Il segno delle origini
Quale la reazione delle persone coinvolte?
“Nella terza parte del libro sono state raccolte le testimonianze di Pasquale De Simone che era il direttore dell’Arena di Pola, intellettuale e coinvolto con il CLN. Poi Lina Vivoda che diventerà direttore del periodico Istria Europa; Romana de Carli Szabados (alla quale è dedicato il libro) che insegnerà a Venezia. Lei fece l’ultimo viaggio del Toscana. C’è anche un focus dedicato al ruolo di don Odorizzi, sacerdote che fece tutti i viaggi della nave Toscana, originario del Trentino, era stato destinato alla diocesi di Pola. Dopo l’esodo tornerà nella sua regione ma seguirà molto da vicino la vicenda degli esuli, cercando di trovare per loro casa e lavoro. Alcuni ragazzi orfani troveranno casa nel trevigiano ad Oderzo dove verrà fondato il Collegio Ragazzi Giuliani ‘Don Gasperini’ a Gorgo al Monticano. Si sparge la voce, arrivano tante richieste, a loro troverà una strada per lo studio ma darà una mano anche per il lavoro. Oggi la casa dei ragazzi è una specie di albergo. Poi va citato il parroco di Fossalon di Grado che farà nascere in Tullio Svettini e in tanti altri l’amore per il teatro”.
Un libro con tante storie… molto diverso dai tuoi libri precedenti?
“Ho pubblicato sei volumi su esodo e cinema. Cinema di frontiere. In effetti anche in quei libri racconto storie di personaggi più o meno famosi che porteranno il segno della loro provenienza, geografica, ma soprattutto storico-sociale. Nella guida di attori giuliano-dalmati ho inserito una cinquantina di nomi. Il più famosi: Alida Valli, Laura Antonelli, Femi Benussi, le sorelle Grammatica, Gandusio. Tutti protagonisti del cinema italiano, qualcuno nato a Trieste, ma molti in Istria e a Fiume, poi mi sono soffermato con maggiori dettagli sul regista Franco Giraldi. E ora un libro sul cinema della frontiera adriatica: 1945-2025”.
La strada aperta da «Rosso Istria»
Ultimamente sono usciti diversi film. Il più significativo?
“Nel bene e nel male quello che ha riaperto la strada è ‘Rosso Istria’, molto contestato ma che se ne parli va sempre bene. Maggiore si è rivelata anche l’attenzione della RAI in questa direzione. Ogni nostra storia potrebbe diventare un film ma si dovrebbe trovare un Cristicchi del cinema”.
Che cosa ne pensi di Fiume o morte! Il film di Bezinović, tu che sei fiumano?
“Un film interessante, discutibile, ci sono alcuni momenti geniali, altri che lasciano perplessi, un insieme di genio e sregolatezza. Ci sono passaggi storici poco attendibili, altri vere e proprie intuizioni, mi sono piaciute alcune scene, un po’ discontinuo. Provoca senz’altro un bel dibattito, importante”.
E l’ultimo docu-film presentato a Roma “Trieste è nostra-Trst je naš”?
“Vuole essere, a 80 anni dall’entrata a Trieste dei partigiani di Tito un documento sia storico che di riflessione sull’attualità. Dei famosi ‘40 giorni’ parlano diversi personaggi, il resto è lasciato alle immagini di repertorio, in particolare ai filmati dell’epoca. Tra gli intervistati anche l’attuale sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna e poi lo storico Paolo Mieli, il presidente della Lega Nazionale di Trieste Paolo Sardos Albertini, monsignor Ettore Malnati che è testimone del ruolo che ebbe in quei 40 giorni l’arcivescovo Antonio Santin e poi la docente di storia Maria Grazia Ziberna di Gorizia”.
Come mai questa presenza goriziana così importante?
“Perché 80 anni dopo, due città come Gorizia e Nova Gorica sono, insieme, Capitale europea della cultura a significare un lungo percorso di maturazione svolto in regione… senza dimenticare. I cine-giornali dell’epoca ci riportano nel passato ma la storia oggi è anche superamento e capacità di nuovi sviluppi. È un documento interessante che mette l’attenzione su questi 80 anni. Non molti oggi sanno che cosa successe, la gente è distratta o semplicemente non ha avuto modo di conoscere. Per cui è bene che se ne parli in modo pacato ma pregnante. L’importante è fare chiarezza. È stato presentato in anteprima a Roma a fine maggio, il 5 giugno a Trieste alla Sala Luttazzi e poi il 13 sarà a Gorizia al Kinemax”.
Gli autori non muoiono mai
Un materiale che può andare nelle scuole, apprezzato dal MIM, un prodotto divulgativo. Gli anniversari sono importanti e ce ne sono molti da ricordare. Prima di salutarci è lo stesso Alessandro Cuk a ricordare che nel 1965, esattamente 60 anni fa, moriva a Venezia uno dei più grandi scrittori di quest’area: Pier Antonio Quarantotti Gambini.
“A Venezia intendiamo ricordarlo – afferma Cuk –. Aveva trasmesso clandestinamente da questa città il suo giornale radio in tempo di guerra dal quale nascerà l’Ora della Venezia-Giulia. E qui scrisse e abitò fino alla sua scomparsa”.
Forse è un po’ dimenticato, hai questa sensazione?
“Direi di sì. Se penso ai meravigliosi film che Giraldi trasse dai suoi libri, mi rendo conto che dobbiamo fare qualcosa per continuare a parlare di lui e della sua opera”.
Gli autori non muoiono mai.
Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Alessandro Cuk
Fonte: La Voce del Popolo – 31/05/2025