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Il Piccolo – 180208 – Kosovo: il Parlamento proclama l’indipendenza

di Mauro Manzin

TRIESTE Un’altra tragedia per l’epos serbo. Dopo la sconfitta per mano ottomana del 1389 a Kosovo Polje ieri la Terra dei merli ha proclamato la sua indipendenza. La guerra nella ex Jugoslavia che è iniziata in Kosovo, in Kosovo è finita. Belgrado urla i suoi anatemi. La Russia fa convocare il Consiglio di sicurezza dell’Onu per chiedere l’annullamento della decisione unilaterale di Pristina. Mosca parla di «un piano degli Usa per indebolire l’integrazione europea per introdurre in Europa un potente fattore estremista islamico», mentre Bush gongola e parla di moderazione. L’Europa tentenna, la Nato (Kfor) ha il dito sul grilletto e a Kosovska Mitrovica la nuova Berlino dei Balcani, divisa non da un muro, ma dal fiume Ibar (su una sponda i serbi, sull’altra gli albanesi), una bomba è esplosa davanti agli edifici che ospitano le rappresentanze di Ue e Onu. Nessun ferito. A Belgrado una pioggia di sassi ha colpito l’ambasciata Usa. A Novi Sad assaltato un centro commerciale della slovena «Mercator». Una sorta, fin qui, di caos più o meno calmo.
Il Kosovo indipendente sarà «consacrato alla pace e alla stabilità»: è quanto si afferma nel documento di indipendenza proclamata ieri a Pristina dal Parlamento. La nazione del Kosovo «sarà creata sulla base del piano Ahtisaari», aggiunge il documento in 12 punti varato dal Parlamento. Il piano, elaborato dall'inviato speciale dell'Onu per il Kosovo, il finlandese Martti, prevede per la provincia serba una indipendenza «sotto supervisione internazionale», garantita da una missione dell'Ue. Approvato dagli occidentali, tale piano è stato bloccato al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dalla Russia, ostile all'indipendenza del Kosovo. «Il Kosovo è una società democratica, laica e multietnica», che accoglierà «la presenza internazionale civile e militare», prosegue la dichiarazione di indipendenza. La presenza civile è quella della Ue, destinata a prendere il posto di quella dell'Onu, mentre la presenza militare è quella della Kfor, la Forza a guida Nato in Kosovo, dispiegata sin dal 1999 nella provincia secessionista e che resterà anche dopo la proclamazione di indipendenza. «Con l'indipendenza, il Kosovo si assume le responsabilità internazionali, assicura la sicurezza delle frontiere con i Paesi vicini, e vieta l'uso della violenza per risolvere le differenze», si legge ancora nel documento di indipendenza nel quale si sottolinea al tempo stesso «la volontà del Kosovo di avere buone relazioni con i suoi vicini». «Un Kosovo indipendente «garantisce la (protezione) dell'eredità culturale e religiosa», riferimento questo alle decine di siti religiosi della chiesa ortodossa serba che si trovano in Kosovo. Ma i pochi deputati serbi non hanno, ovviamente, apposto la loro firma in calce al documento letto dal premier Hashim Thaci, ex comandante delle milizie dell’Uck.
Una limpida giornata invernale accoglie le migliaia di persone che si riversano sul boulevard Madre Teresa e in tutte le strade del centro di Pristina. Il vento gelido e la temperatura sottozero non fermano quasi nessuno. Le macchine, costrette a girare al largo dalle limitazioni imposte al traffico per l'occasione, suonano i clacson all'impazzata. I pedoni camminano sul boulevard come su una lunga passerella circondati da cartelloni con messaggi d'auguri e di esultanza, dalle decorazioni patriottiche che colorano vetrine e balconi, all'ombra d'un mare di bandiere: innumerevoli quelle albanesi rosse con l'aquila nera – in attesa che l'invisibile stendardo kosovaro veda finalmente la luce -, ma anche quelle del grande fratello americano. E poi simboli europei e immagini di Ibrahim Rugova, il padre della patria scomparso due anni prima del compimento del suo sogno. Mentre il proscenio dei vivi è paradossalmente per l'ex guerrigliero Hashim Thaci, oppositore storico del presidente scomparso, invocato a gran voce da drappelli di giovani attivisti del suo partito, il Pdk, che sciamano gridando a squarciagola: «Thaci, Thaci, Paveresia, Pavaresia!» (Thaci, Thaci, Indipendenza, Indipendenza!).
Va in onda l’ultimo atto della disgregazione di quella che fu la Jugoslavia di Tito, iniziata con la proclamazione dell’indipendnza della Slovenia nel 1991. Slovenia che oggi, nella sua veste di presidente di turno dell’Ue, deve apporre la sua «firma» al certificato di morte. Svanisce il sogno grandeserbo di Milosevic. Ma la vecchia guardia non demorde. Infatti alcune centinaia di ex combattenti serbi che indossavano la divisa militare sono stati respinti dalla polizia kosovara quando ieri hanno cercato di entrare dalla Serbia nella regione che ha proclamato l’indipendenza. I veterani – reduci della guerra del 1998-99 – sono stati fatti passare senza problemi dalla polizia serba che si trova a Merdare, ma sono stati bloccati al posto di frontiera controllato dai kosovari. C'è stato qualche tafferuglio ma poi gli ex combattenti, che intendevano inscenare una protesta contro la proclamazione di indipendenza, hanno desistito dai loro propositi.
Ma Belgrado ora potrebbe soffiare sulla brace della Republika Srpska in Bosnia. Mentre Putin potrebbe usare il precedente Kosovo per alimentare il processo di indipendenza di Abkhazia, Ossezia del Sud e della repubblica moldava del Transdnester. Senza dimenticare però il «boomerang» della Cecenia. Insomma lo scenario è maledettamente ingarbugliato e nessuno sembra essere in grado di trovare una via d’uscita. Gli Stati Uniti però sosterranno con forza il Kosovo indipendente. A ribardirlo è stato dalla Tanzania, dove è in visita, George W. Bush. «La nostra posizione sullo status del Kosovo – ha detto il presidente americano- e che debba essere risolta in funzione della stabilità dei Balcani. In secondo luogo, noi abbiamo fortemente appoggiato il piano Ahtisaari. Infine, siamo incoraggiati dal fatto che il governo del Kosovo ha dichiarato la volontà e il desiderio di rispettare i diritti dei serbi». Ma c’è un altro allarme. Alcuni osservatori dicono senza timori: ora anche l’Europa ha la sua Colombia: una zona franca per il traffico di armi e droga.

 

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