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Il Piccolo – 12.06.08 – Il nodo strategico di Fernetti

di Gabriele Pastrello

Trieste è diventata grande come città di mare. Ma negli ultimi decenni era diventata piuttosto una città sul mare. Con una splendida vista sul golfo, vuoto. Ed un litigio interminabile sull'utilizzo del Portovecchio. Tra chi, richiamandosi al Trattato di Pace asseriva l'esclusivo uso dell'area come uno dei Punti Franchi del trattato. E chi, contestandolo, progettava un riuso urbanistico, affascinante quanto aleatorio. La diatriba si è trascinata per decenni.

Pareva però aver iniziato un se pur lento percorso di soluzione. Un anno fa, era stato siglato un accordo, tra Comune ed Autorità portuale, sulla variante del Piano regolatore di Portovecchio. Nella variante si prevedevano utilizzi differenziati dell'area di Portovecchio che, oltre a consentire la presenza di attività portuali in senso stretto, tra l'altro in sviluppo, consentisse anche altri usi definiti di portualità allargata. Inoltre, questo accordo era stato approvato in autuno anche dalla Regione.

Gli accordi recenti tra Autorità portuale e Dogane avevano aggiunto un altro tassello, aprendo la strada ad una regolamentazione dell'utilizzo dei Punti Franchi, la cui mancanza non è stato l'ultimo tra gli ostacoli di un loro pieno sviluppo. Contestualmente, sia con il precedente che con questo governo, era stata attivata un' iniziativa per una definizione soddisfacente del complesso stato giuridico dei Punti Franchi, a livello nazionale, europeo ed internazionale.

C'era un'idea generale, dietro alla Variante, coordinata al Piano triennale presentato successivamente dall'Autorità portuale. L'idea era che l'occasione, ormai da tutti affermata, del ritorno di centralità del mare Mediterraneo nell' imponente sviluppo di traffici marittimi dell'ultimo decennio, e in prospettiva, poteva essere raccolta solo con una mobilitazione di tutto l'arco portuale del Nord Adriatico, che potesse dare alle ingenti dimensioni di quel traffico, sbocchi differenziati, gestibili complessivamente grazie alle nuove tecnologie.

Con quelle dimensioni, da soli non si va da nessuna parte. Questo vale per noi come per Capodistria. Il processo richiedeva quindi di stringere accordi, da Ravenna a Fiume, cominciando, magari, dal vicino con cui massima era l'esigenza era di passare da un regime competitivo, che non ci vedeva peraltro favoriti, ad uno cooperativo.

Cosa aveva il complesso portuale del Nord Adriatico da offrire ai grandi traffici? Non i grandi spazi dei porti del Nord. Bensì retroporti, più grandi possibile, e gestiti in modo da massimizzare la rotazione dei carichi. In questo quadro, l'utilizzo dell'autoporto di Fernetti da parte dell'Autorità portuale diventa strategica, e appare come un tassello cruciale della visione sottesa all'accordo sulla Variante.

L'autoporto di Fernetti può diventare parte di un grande retroporto di Trieste e Capodistria, il cui sbocco finale dovrebbe essere il trasferimento di parte del Punto Franco, liberando il Portovecchio di parte dei vincoli. Questo è un lato di un processo di rilancio del porto, mentre l'altro non possono che essere le nuove infrastrutture progettate nel Piano Triennale.

Come è stato fatto notare, c'è una grande divario tra il presente del porto, e le sue future possibilità. Un processo, di per sé lento, faticoso e difficile, di ricongiungimento tra presente e futuro è comunque iniziato. Tutto ciò che lo ostacola è realmente poco comprensibile. A meno che, non vi sia dietro un'altra idea di Trieste, quella della Bella Addormentata sul Golfo.

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