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Il Giornale – 200507 – Attenti alle parole che possono uccidere ancora

di Stefano Zecchi

Giungono al sindaco di Bologna Cofferati messaggi di solidarietà per le minacce ricevute dall’organizzazione dei Comunisti combattenti, variante delle Br. Intanto a Milano, con eloquente ritardo storico, la prima carica dello Stato onora la memoria del commissario Calabresi, ammazzato una trentina d’anni fa dai militanti di Lotta continua. A Bologna si replica un vecchio rito solidaristico, a Milano si celebra un fatto nuovo: e cioè – sembra paradossale – il puro e semplice riconoscimento di una realtà che non si sarebbe mai dovuta dimenticare.

Per sottolineare l’avvenimento, il presidente Napolitano ha proclamato, con una non simulata solennità, il giorno della memoria per le vittime del terrorismo.

Il ricordo storico può avere significati diversi, da quello che rinsalda l’identità nazionale, per esempio la memoria della Resistenza, a quello che intende riparare un’omissione politica per procedere nella direzione dell’unità nazionale, per esempio, la memoria delle foibe. Poi ci sono le grandi celebrazioni istituzionali che ritualizzano la vita laica del Paese, come la Festa della Repubblica, il Primo Maggio, una volta c’era anche il 4 novembre per festeggiare la nostra vittoria nella guerra ’15-18.

È facile intuire che il giorno del ricordo delle vittime del terrorismo e la presenza del capo dello Stato, che pronuncia un discorso per nulla rituale e per nulla retorico di fronte al cippo sulla strada in cui fu assassinato Calabresi, hanno un significato che non rientra nelle tradizionali e convenzionali giornate della memoria citate prima ad esempio.

Il ricordo delle vittime del terrorismo e la scelta simbolica di Napolitano di onorare il martirio di Calabresi sono drammaticamente sollecitati dal presente e da una storia passata che non è stata ancora archiviata. Il messaggio è chiaro: non dimenticare per combattere un pericolo latente. Il tempo che viviamo ci dice chiaramente che non si è spezzato il filo della violenza politica con cui è legato il terrorismo degli anni ’70 a quello degli anni ’90 e a quello dei giorni nostri.

E in quel messaggio non c’è soltanto la constatazione che la nostra democrazia non è riuscita ad annientare il terrorismo di anacronistiche utopie comuniste, ma soprattutto c’è la consapevolezza della contiguità tra il disordinato e irresponsabile accumulo di parole assassine e le azioni violente del terrorismo. Certo, una consapevolezza non nuova, che tuttavia non si è mai voluta, proprio da sinistra, testimoniare con franchezza e senza mezzi termini.

 

 

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