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Il futuro di Trieste si gioca da Gorizia a Capodistria (il Piccolo 18 mag)

Il dibattito sul riassetto amministrativo della città di Trieste e del suo immediato entroterra ha in realtà dietro di sé una lunga tradizione. Appare forse interessante, non volendo naturalmente fare paragoni grossolani, ricordare il periodo in cui il consiglio comunale di Trieste riunì in sé anche le funzioni di Dieta provinciale, nell’ultimo scorcio della Trieste asburgica. Periodo che a dire il vero, pur collimando con la fase di maggior crescita economica della città coincise anche con un momento di forte conflittualità fra la città propriamente detta ed i suoi dintorni, aventi pochissima voce in capitolo date la loro ridotta importanza economica e soprattutto demografica in occasione delle grandi scelte strategiche per la città.

 

La situazione odierna vede la città di Trieste prevalere in maniera assolutamente schiacciante dal punto di vista demografico, ma un’importanza geografica ed economica dei territori dei comuni minori ben diversa dal passato, basti pensare ai collegamenti (autostrada e ferrovia verso l’Italia transitanti per il comune di Duino-Aurisina, collegamenti con la Slovenia interna passanti per il comune di Sgonico, territorio del comune di Dolina interessato dall’asse Trieste-Fiume e, seppure indirettamente in termini di impatto ambientale, dalle ipotesi di raddoppio ferroviario Capodistria-Divaccia, comune di Muggia attraversato oggi dall’autostrada per Capodistria e auspicabilmente domani dalla ferrovia verso la stessa città nonché direttamente interessato alla questione del porto).

 

Una situazione di interdipendenza quindi, dove il grande centro urbano (Trieste) non può pensare di svilupparsi se non in armonia con le comunità che lo attorniano e attraverso le quali transitano tutte le arterie vitali. È questa, al fondo, la questione che dovrebbe essere risolta dall’annoso dibattito sui ruoli del comune capoluogo, della provincia, degli altri comuni, della più volte prospettata città metropolitana. Come evitare cioè di creare sovrapposizioni di competenze e come allo stesso tempo dare alle diverse istanze (“peso” demografico di Trieste, collocazione “strategica” degli altri comuni, identità anche molto radicate che distinguono fra di loro questi territori, ecc.) un riconoscimento tale da farle sentire partecipi dei processi decisionali. Una città metropolitana o anche un comune di Trieste allargato che ritenessero di poter governare l’intero territorio provinciale ignorando questi fattori in funzione del semplice calcolo demografico produrrebbero, alla lunga (termine con cui si intendono i decenni, aldilà dei colori delle amministrazioni: la logica decennale è infatti l’unica sensata quando si parla di riforme così strutturali), l’unico prevedibile risultato di creare dinamiche conflittuali più che di coesione.

 

La sfida sta quindi nel trovare assetti tali da “tenere” assieme queste diverse necessità. È una sfida che, provocatoriamente, potrebbe portare a chiedere, nel caso di abolizione “secca” dell’ente Provincia così come esistente oggi se il nuovo ente che ne assumerebbe i compiti verrebbe ad avere (aldilà della denominazione) caratteristiche tali da far dire che in realtà… abolendo la Provincia si sarebbe abolito nei fatti il Comune maggiore, assorbito dal compito più ampio e complesso di gestire un territorio ed un problema più vasti! Il nuovo ente infatti per poter funzionare adeguatamente avrebbe necessità di garantire determinate forme di autonomia gestionale alle sue articolazioni territoriali inferiori, specie se extra-cittadine; adeguata e non residuale rappresentanza politica alle realtà demograficamente limitate ma strategicamente importanti esterne alla città; adeguata sensibilità e comprensione delle diverse identità del territorio; adeguata capacità, infine, di mediare gli inevitabili elementi conflittuali che si scatenano nelle dinamiche di sviluppo di una città e del territorio che le sta attorno.

 

Tutte caratteristiche che all’uditore odierno fanno venire in mente prima un’idea di “Provincia” che di “Comune”. La sfida, al fondo, è sempre quella: come cioè coniugare la forte tradizione del municipalismo triestino con la necessità di non relegare in secondo piano le altre realtà. Sfida non facile, ma che può essere vinta partendo dalla capacità dei diversi attori politici di portare sul tavolo le diverse proposte poiché Trieste non può certo pensare di ragionare sul suo futuro assetto astraendo da cosa sarà in futuro da un lato dell’area dell’attuale provincia di Gorizia e dall’altro del vicino territorio sloveno del Carso e di Capodistria.

  

Štefan Čok

“Il Piccolo” 18 maggio 2012

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