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Il Friuli della Grande Guerra negli inediti film Usa (Mess.Veneto 26 ago)

Dici Grande Guerra. Il cinefilo, d’istinto, ti risponderà Monicelli con i suoi eroici codardi Busacca e Jacovacci, lo storico, altresì, affonderà nella faccenda cupa, quella che si accese a Sarajevo trascinandosi dietro il mondo intero. L’Italia si dibatteva tra i giolittiani neutralisti e i socialisti interventisti, fatto sta che le baionette furono incastrate sulle canne dei fucili un annetto dopo lo scoppio della baraonda. Ebbene, ci siamo. Ai cent’anni, intendiamo.

Per noi sarà il 2015, ma non potremo ignorare il 2014. Ci si piglia in anticipo, nessuno vuole inciampare sulle banalità da anniversario, la ricerca è l’effetto, ognuno con quello che trova. E rincontriamo il cinefilo e lo storico, saranno loro i più agguerriti della prossima stagione, il 2013, annata di raccolta, di strategie, di annunci, di festival, di proclami. Abitando qui viene facile, pensando a Caporetto. Era l’ottobre/novembre del ’17, ma in epoca di spending review, mestamente si festeggerà tenendo conto di quando scendemmo in battaglia nel maggio del ’15.

E sulla mobilitazione preventiva la Cineteca del Friuli vince. D’altronde, se non si attiva per tempo uno degli archivi italiani meglio forniti, chi mai dovrebbe farlo? Il cinema s’era destato alla fine dell’Ottocento e nel bel mezzo del conflitto rullava a pieno regime. Già allora il responso del botteghino rappresentava, come adesso, la sostanza primaria. E proprio nel 1915 il film “La nascita di una nazione” di Griffith incassò ben dieci milioni di dollari. Una fortuna. Si girarono molte altre pellicole al fronte e siamo prossimi a scorrerle con la complicità degli americani.

Ce lo spiega Luca Giuliani – curatore del progetto “Grande Guerra” ed ex direttore della Cineteca del Museo Nazionale del cinema di Torino – che c’entrano gli States in tutto questo, sebbene anche loro si unirono alla pugna europea e fortificarono di fatto la poi vincente alleanza.

«Conoscevamo la ricchezza di certe gallerie statunitensi e con il direttore Livio Jacob siamo andati a curiosare provvisti di mappa dettagliata; avevamo in mente un percorso preciso, a cominciare dal più sorprendente “pezzo” della Virginia, Culpeper, cittadina con poche anime e con una collina, dalla quale vedi spuntare dei camini. Mai riusciresti a capire cosa si nasconde “sotto”, se non lo sai. Durante la guerra fredda mister Packard, quello della Hewlett-Packard Company, per il timore di un’atomica, costruì una sorta di gigantesco bunker destinato a inghiottire tutti i suoi tesori, compagnia compresa. Cessato l’allarme il palazzo sommerso fu donato al Governo degli Stati Uniti a patto che fosse destinato a contenere opere culturali. E così accadde. E in quel posto strano, dimenticato da Dio, che condivide la terra con uno dei più sanguinosi campi di battaglia della guerra di Secessione riposa gran parte del cinema americano. Anche le famose “captured collection”, ovvero le pellicole bottino di guerra sottratte alle nazioni sconfitte».

E, quindi, Giuliani che avete scovato? 

«Mi permetta prima una digressione. Ci tengo per far capire con quale dedizione agiscono Oltre Oceano. Si può accedere ai film conservati a Culpeper anche dalla sede centrale della Library of Congress a Washington, merito di un impeccabile cablaggio di oltre cento chilometri. Allo stesso modo, all’archivio “gemello” del Nara la consultazione è gratuita; se serve usi il bus navetta e mentre guardi le pellicole in moviola le puoi pure registrare su dvd e portartele a casa. Gratis, naturalmente. “Democracy is memory”, dicono loro. La memoria è democrazia. Ora rispondo alla sua domanda. Abbiamo trovato versioni diverse da quelle conosciute di tre opere italiane: una a cura di Luca Comerio, l’operatore della Casa Reale, La guerra d’Italia a 3000 metri sull’Adamello (1916), l’altra su Gabriele D’Annunzio, Il Paradiso all’ombra delle spade (1921) e, infine, Il viaggio di Woodrow Wilson in Italia (1919). A rendere prezioso il girato sono soprattutto le didascalie inglesi, che offrono nuovi spunti di ricerca sull’idea americana della Grande Guerra».

E, quindi, siete tornati in Italia con una specie di tesoretto in valigia?

«Soddisfatti. Ci siamo imbattuti su un incredibile reportage a cura del reggimento Ymca (Young Men’s Christian Association), duemila uomini che hanno invaso pacificamente e senz’armi i territori più provati del dopo Caporetto. Una missione propagandistica, in buona sostanza, e di soccorso della mente. Consolavano e spronavano il popolo afflitto e affamato a non mollare, suggerendo loro i sistemi migliori per trarre dalla terra i frutti necessari alla sopravvivenza».

Soldati benefattori…

«E pure muniti di cinepresa. Filmarono le trincee del Monte Grappa, scendendo a valle, attraversando il Piave, Villaorba, il Noncello, Pordenone fino a Cormòns e giù in Macedonia. Fotogrammi inediti, di una valenza storica incredibile. Pensi, già usavano il primo piano. L’incontro fra John Pershing – a capo della spedizione e considerato il mentore di una generazioni di generali – e Vittorio Emanuele III, è un capolavoro di tecnica cinematografica. Sperando in cospicui aiuti, il prossimo passo necessario sarà il restauro completo».

Insomma, tutto fa presagire a un centenario corposo…

«Il progetto è europeo, come si può intuire. Noi della Cineteca assieme all’istituto Luce partecipiamo anche all’European Film Gateway, con la collaborazione di storici e studiosi quali Gabriele D’Autilia, Lucio Fabi e Manlio Piva, nonché di vari istituti fra cui l’Imperial War Museum di Londra. Stiamo accatastando il più esaustivo materiale possibile affinché il cinema sia un degno protagonista».

 

Gian Paolo Polesini

“Il Messaggero Veneto” 26 agosto 2012

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