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I parroci sloveni a Napolitano: anche noi vittime

Quando si parla di foibe, non si dimentichino le 500 cavità carsiche, sparse nel territorio sloveno. Lo chiede Ales Rupnik, decano segretario della zona pastorale di Nova Gorica, in Slovenia, in una lettera firmata dai sacerdoti della fascia confinaria al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per evidenziargli altri aspetti di quella tragedia. «Nei mesi immediatamente successivi alla fine ufficiale del conflitto, quindi a guerra finita, gli attori della rivoluzione hanno, in dispregio ad ogni più elementare, civile ed etico principio, spudoratamente riempito oltre 500 cavità carsiche sparse sul territorio sloveno, buttandovi dentro, dopo averli passati per le armi, uomini adulti, giovani, donne e perfino bambini prevalentemente di nazionalità serba, croata e slovena», scrivono i sacerdoti, mettendo sotto accusa il regime comunista jugoslavo che provocò un massiccio esodo anche di migliaia di sloveni. Nel Goriziano, e soprattutto nella città di Gorizia, durante i 40 giorni immediatamente seguiti alla cessazione del conflitto, sono state deportate circa 900 persone. «In questa azione delittuosa c'era la mano sia di sloveni che di italiani ideologicamente schierati – ricordano i parroci -. Il fatto dell'esistenza delle foibe in Slovenia nulla dice sulla criminalità e sulla "furia sanguinaria" degli sloveni, ma dice molto sulla criminalità e la "furia sanguinaria" dei rivoluzionari di fede marxista, sia di nazionalità slovena che di quella italiana».

da "Avvenire"

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