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I dialetti sono belli se non vengono imposti (Il Piccolo 26 ago)

LETTERE

Sono fermanente convinto che i dialetti siano una cosa bellissima solo se vivono tra le persone e non sono imposti per decreto legge. Però riflettendoci sopra mi sono reso conto ancora una volta che anche in un territorio molto ristretto il dialetto locale può presentarsi sotto molteplici aspetti. Per esempio, facendo un film ambientato nella provincia di Trieste parlato in dialetto, si userà quello riasciacquato che si sente ogni giorno sugli autobus, oppure quello maggiormente puro, ma storicamente datato che si può trovare nelle commedie scritte dal compianto Tullio Kezich e rappresentate negli anni 1998, 2000 e 2002 dalla compagnia «La Contrada»? Da parte mia, io mi riconosco soprattutto nel triestino popolare e parolacciaro presente nelle commedie di Angelo Cecchelin, ma si tratta comunque di roba vecchia di 70 anni o giù di lì. Inoltre, se si vorranno far sentire le canzoni triestine, a quale repertorio ci si dovrà rivolgere? Secondo me codesta sarebbe una scelta estremamente limitata. La realtà è che ognuno interpreta la realtà dialettale secondo le proprie sensibilità personali.

Ci sono le canzoni triestine in versione polifonica interpretate negli anni ’50 dal mitico ed italianissimo coro «Montasio», e ci sono le recentissime versioni scollacciate presentate dal complesso «Le Mitiche Pirie». In mezzo ci stanno tutte le canzoni di «Trieste Austro-Ungarica» presenti nei dischi italo-sloveni della Pioneer Records.

In una città complessa come Trieste, credo che nemmeno i vari supermen della Lega Nord riusciranno mai ad accontentare tutti quanti.

Gianni Ursini

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