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I 40 anni dell’Archivio di Stato di Trieste (CDM 25 nov)

La sede di via Lamarmora dell’Archivio di Stato di Trieste compie 40 anni. La ricorrenza è stata celebrata nei giorni scorsi con una mostra che vuole ripercorrere non solo la storia della struttura, ma di tutta la città.

La mostra, allestita negli spazi dell’Archivio propone una mostra dedicata ai 40 anni della sede, con le foto e gli articoli del 1968 e alcune sezioni espositive delle documentazioni più significative della città.

All’inaugurazione sono intervenuti, oltre alla direttrice dell’Archivio di Stato di Trieste Grazia Tatò e a molti giovani archivisti provenienti da tutto il mondo anche, Maria Laura Iona, già sovrintendente archivistico del FVGe Maurizio Anselmi della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del FVG.

Nel corso dell’evento sono intervenuti anche Mons . Eugenio Ravignani , Vescovo di Trieste, Antonio Dentoni-Litta del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il consigliere regionale del Pdl Piero Camper.

“Negli ultimi anni – ha spiegato Grazia Tatò – è cambiata anche la tipologia dei nostri utenti. Da noi vengono a consultare i materiali non solo studiosi e ricercatori ma anche semplici cittadini desiderosi di conoscere la storia della propria famiglia. Inoltre si rivolgono a noi anche per finalità giuridiche e amministrative. Negli ultimi anni è aumentata anche la richiesta dei fogli matricolari per il recupero della cittadinanza non solo dei cittadini dell’ex Jugoslavia, ma anche di argentini, brasiliani e uruguaiani. In molti inoltre, vengono a consultare le mappe catastali dell’Istria da noi conservate.

Nonostante i nostri venti chilometri di scaffalature, la sede incomincia ad essere piccola. Ad oggi conserviamo oltre 150 mila pezzi tra cartelle e registri, il che significa milioni di documenti.

Mons. Ravignani ha ricordato scherzoso che quarant’anni prima, all’inaurazione della sede aveva presenziato il Vicario generale, mentre in questo momento, come elemento riparatore, c’è il Vescovo.

Il Vescovo ha poi ricordato le singolari peculiarità di una struttura come questa, capace di rivelare, attraverso le fonti archivistiche e i documenti, le vicende di paesi diversi uniti dalla storia.

Mons. Ravignani ha concluso auspicando che in questa struttura, fondamentale per la città, possano convergere molti studiosi, di queste e di altre terre, perché un singolo documento, può chiarirci tante cose e contribuire a fare la storia.

L’Archivio di Stato di Trieste, nato nel 1926 nell’allora sede di via Valdirivo, e poi trasferitosi nel 1968 nel nuovo complesso, conserva della documentazione antecedente al secolo scorso. Basti pensari che ai tempi dell’Austria, il capoluogo giuliano non aveva un istituto archivistico che raccogliesse documentazioni provenienti dai diversi organi che operavano sul territorio. Fortunatamente gran parte dei documenti dell’epoca non sono andati perduti. Così, nell’archivio di via Lamarmora oggi si possono ricostruire secoli di storia. La testimonianza più antica risale al 1209 ed è una pergamena del convento dei Santi Martiri. I fondi documentari acquistano una continuità a partire dalla metà del Settecento, epoca del primo sviluppo del porto e della città moderna.

Da segnalare anche i tremila giolielli frutto di depositi giudiziari, eredità del governo austriaco prima e della finanza italiana in seguito, tutti risalenti tra il 700 e l’800.

L’Archivio di Stato di Trieste sotto sovranità austriaca non ebbe mai un Archivio di Stato simile a quelli dei giorni nostri, ogni ufficio o gruppo di uffici con competenze simili custodiva un proprio archivio. La conseguenza della mancanza di un istituto fu causa del trasferimento a Vienna nei primi anni del ‘900 di tutti gli atti governativi provinciali del Litorale anteriori al 1814. Ulteriori allontanamenti da Trieste di materiale archivistico si verificarono durante la prima guerra mondiale, quando la città era pericolosamente vicina alle retrovie del fronte. Irrimediabili distruzioni e dispersioni di carte d’archivio ebbero luogo tra la fine di ottobre e i primi di novembre 1918, quando in città non era presente una vera e propria autorità costituita. Le nuove autorità italiane, subentrate a quelle austriache, mostrarono la volontà di recupero e di raccolta delle testimonianze archivistiche triestine e quest’opera incominciò già nel 1919, quando fu inviato a Trieste Felice Perroni, funzionario dell’Ammi
nistrazione degli Archivi di Stato. Nella vecchia sede del Consiglierato di Luogotenenza, sita in via XXX Ottobre, furono installati nel 1920 uffici e depositi d’archivio, dove cominciò ben presto ad affluire documentazione da Vienna e da Graz. Materiale depositato a Lubiana fu restituito, in seguito ad un accordo italo-jugoslavo, nella seconda metà degli anni ’20.

Con impiegati provenienti dalla cessata amministrazione austriaca furono attivati di fatto gli uffici di quello che divenne l’Archivio di Stato di Trieste. Il primo direttore fu lo stesso Perroni.

Limitati furono i danni e le perdite causati dagli avvenimenti della seconda guerramondiale. Fu invece nel 1961 che alcuni fondi, anche di rilievo, furono trasferiti definitivamente dall’Archivio di Stato. Tale sorte toccò all’archivio del Governo delle Province Illiriche, formatosi a Lubiana. Quest’ultimo importante fondo si trova oggi custodito nell’Arhiv Republike Slovenije di Lubiana. Si può affermare che proprio negli anni ’60 del Novecento l’Archivio di Stato di Trieste, grazie al dinamismo del suo direttore, Ugo Tucci, ricevette nuovo slancio sotto ogni punto di vista: si dette mano alla costruzione della nuova sede, inaugurata il 3 novembre 1968 in via La Marmora.

Questa mostra vuole ricordare il quarantennale del trasferimento della sede dell’Archivio di Stato di Trieste da via XXX Ottobre a via La Marmora avvenuta il 3 novembre 1968.

L’edificio fu costruito, su progetto dell’architetto Umberto Petrossi, secondo gli standard più moderni per gli archivi dell’epoca.

Il percorso espositivo vuole riproporre, al piano terra, la ricostruzione di come si sono “evolute” le postazioni di lavoro dagli anni Trenta fino ai giorni nostri. Al piano superiore, il percorso continua presentando planimetrie ed immagini relative alla nuova sede, nonché materiale significativo posseduto dall’Istituto.

Guido Giuricin

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