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Gli Usa: «Da noi il via libera a Gotovina» (Il Piccolo 23nov12)

Solo una settimana è trascorsa dall’assoluzione di Gotovina e Markac. Ma nei Balcani i giorni sembrano anni. E giornata dopo giornata si continua a camminare a ritroso nel tempo, verso i giorni dell’Operazione Tempesta. Ultimo capitolo della vicenda, un’intervista allo storico primo ambasciatore americano a Zagabria, Peter Galbraith, in carica durante i giorni dell’operazione militare croata nella Krajina. Un’operazione che ebbe luce verde da Washington, ha esplicitamente confermato Galbraith in un’intervista rilasciata al settimanale serbo “Nedeljnik”. Galbraith che è subito entrato nel merito delle accuse, cadute, contro i vertici politici e militari di Zagabria. «Sono entrato a Knin», la roccaforte dei serbi della Krajina, «il giorno dopo la sua capitolazione e la città non mi è sembrata così distrutta come è stato più tardi raccontato», ha detto riferendosi al capo d’imputazione relativo al bombardamento della cittadina.

 

Sulla pulizia etnica è stato altrettanto esplicito: «La mia impressione è che Tudjman non volesse ripulire la Croazia dai serbi» e dopo Oluja ha fatto «di tutto per farli ritornare». Certo, «molte case furono bruciate, tante gente uccisa, ma non penso che Gotovina e Markac ne siano stati responsabili», ha aggiunto Galbraith. Galbraith che ha poi fornito alcuni importanti dettagli sull’atteggiamento americano nei confronti di Oluja. «Dovete collocare i fatti nel loro contesto storico», ha osservato l’ex feluca, ricordando che «neanche un mese prima» dell’operazione si era compiuto a Srebrenica il più ampio e crudele massacro in Europa dai tempi della Seconda guerra mondiale. In quei giorni frenetici che precedettero l’azione dell’esercito croato, «i nostri uomini sul campo» e «funzionari croati» avvisarono Galbraith che, dopo l’enclave Onu, Mladic avrebbe puntato su Bihac, per tre anni sotto assedio da parte dei serbi.

 

Un assedio cui fu posto fine proprio grazie all’Operazione Tempesta. Ma, secondo Galbraith, la vicenda avrebbe potuto conoscere un epilogo diverso, considerato che Mladic aveva in mente un piano per espugnare Bihac. «Se la città fosse caduta, sarebbe stata» una mattanza «peggiore di quella di Srebrenica». «Fummo posti davanti a un dilemma, permettere che avesse luogo un’altra Srebrenica oppure consentire ai croati di marciare sulla Krajina», ha spiegato l’allora ambasciatore a Zagabria. «Se Ratko Mladic, quel brutale macellaio e pazzo assassino» non avesse attaccato Srebrenica, «non avremmo approvato la caduta della Krajina», ha confidato. Senza le crudeltà di Mladic, «non avremmo dato luce verde a Oluja», ha infine confermato. «Non abbiamo detto “fatelo”, ma non abbiamo neppure detto “non fatelo”», si è poi corretto con linguaggio diplomatico. Ma la parziale retromarcia non nasconde che il via libera Usa con annessa “assistenza tecnica”, come più volte ipotizzato in passato, di certo c’è stato.

 

Stefano Giantin

“Il Piccolo” 23 novembre 2012

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