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Giorno del Ricordo? Lo vogliono cancellare (Il Borghese mag ’11)

La tesi è sempre la stessa e si basa sul «contesto in cui i  fatti avvennero e si devono necessariamente collocare» come ribadisce dalle colonne di Micromega il Prof. Angelo d’Orsi storico del pensiero politico contemporaneo presso l’Università di Torino. Scrive il cattedratico:

«Questo contesto ci parla sì di efferatezze e brutalità, ma commesse da chi? Dai nostri soldati. Dai fascisti ai danni degli jugoslavi. Gli Italiani fascisti, come dimostrano molti studi degli ultimi anni, si fecero odiare in quelle terre persino più dei Tedeschi nazisti. Istituirono campi di concentramento.

Commisero ogni sorta di nefandezze, ai danni di popolazioni inermi. E come ci si può stupire poi che si sia giunti a una resa dei conti, a guerra finita ?Owiamente, non si giustificano così le efferatezze dell’altra parte, i delitti restano delitti, quale che sia la loro fattispecie: ma i contesti in cui avvengono li rendono assai diversi, gli uni dagli altri. E comunque sono i contesti che aiutano a spiegare tutti i singoli fatti, individuali e collettivi».

Già, i contesti. Peccato che i sostenitori di queste tesifingano dì ignorare gli accadimenti che precedettero gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Ci può soccorrereallora l’analizzare questi «contesti». Le terre di Istria e Dalmazia tornarono parzialmente calla Madrepatria soltanto dopo la Prima Guerra Mondiale, n Terre che per 1.100 anni furono veneziane e prima ancora romane per lingua, cultura e istituzioni. Gli slavi arrivati d nella zona nel VII secolo d.C, rappresentarono da subito un problema per le genti latine delle città della costa al punto che nell’anno Mille, Venezia fu costretta a muovere guerra contro la pirateria slava per riportare la pace nel h tema istro-dalmatico. Seguirono secoli di alterne vicende ma, soprattutto si assistette all’avvento di una civiltà veneziana sulla costa adriatica dall’Istria fino alla Grecia con la graduale assimilazione anche delle genti slave che convis- csera pacificamente con gli elementi italiani, soprattutto negli ultimi secoli della Repubblica di San Marco.

Nel 1797 con la caduta di Venezia e le successive do­minazioni francese e austroungarica sui territori già marciani, iniziarono i problemi soprattutto per le popolazioni di lingua italiana. Fu l’epoca dei nazionalismi a dare la dstura a ciò che avvenne nei decenni successivi. Nel 1848

Questo contesto persecutorio, dove si registrarono an­che numerosi episodi di violenza e di soprusi a danno degli Italiani da parte di minoranze nazionaliste slave provocò un primo esodo dei nostri connazionali di Dalmazia che ruggirono verso la città di Zara, verso l’Istria e il neonato Regno d’Italia.

Tutto ciò sicuramente non giustifica la successiva ita­lianizzazione forzata imposta dal regime fascista una volta riprese l’Istria, Fiume e Zara dopo la guerra del ’15-’18 né giustifica la successiva invasione del Regno di Jugoslavia (che comprendeva gran parte della Dalmazia) all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, però ci permette di com­prendere il contesto in cui si svolsero certi fatti, che non avvennero per caso o per intrinseca ferocia della parte ita­liana ma spesso come parte di un progetto di re­italianizzazione di quelle terre slavizzate precedentemente a causa di forzature internazionali che, all’epoca, parve praticabile all’Italia fascista.

La realtà che gli storici di riferimento dell’Anpi sem­brano voler ignorare è che il disegno di sradicamento della presenza italiana fu scientificamente perseguito dal Partito comunista jugoslavo di Tito proprio attraverso l’uso del terrore causato dagli eccidi delle foibe. Questo particolare, pubblicamente ammesso con dichiarazioni esplicite dagli stessi collaboratori di Tito, è ormai parte integrante delle acquisizioni storiche e non può essere cancellato da nessu­no e per nessun motivo. Fu pulizia etnica che colpì gli Italiani in quanto tali, al di là del proprio credo politico. Nelle foibe infatti finirono pure partigiani italiani, come viene ampiamente documentato da tutti gli storici degni di questo nome.

Come arginare allora questo lucido progetto di mistifi­cazione della realtà?

Sicuramente ribattendo, punto su punto, in ogni sede e difendendo la verità storica quale essa è ma, soprattutto, coinvolgendo Istituzioni ed Enti Locali nella difesa della memoria, a cominciare dalla scuola.

Un primo passo importante è stato fatto dalla Regione del Veneto che con deliberazione della Giunta n. 102 del 1 febbraio 2011 ha approvato un Protocollo di Intesa tra Regione, Ufficio Scolastico Regionale e Federazione degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati allo scopo di «avviare un intervento organico al fine di celebrare il 10 febbraio “Giorno del Ricordo ” nelle scuole del Veneto in maniera ampia e appropriata, creando diffuse occasioni dì cono­scenza e studio che sollecitino le giovani generazioni e il corpo insegnante ad approfondire le complesse tematiche delle foibe e dell’esodo anche in altri periodi dell’anno scolastico».

Fra gli impegni comuni sottoscritti anche la possibilità offerta dalla Federazione degli esuli di mettere a disposi­zione propri relatori esperti per interventi di diffusione, studio e approfondimento delle tematiche legate alla tragedia delle foibe e dell’esodo, rivolti agli alunni ma anche ai docenti.

E un primo passo che ci auguriamo venga seguito anche dalle altre Regioni italiane.

(courtesy MLH)

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