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Etnie tra sopportazione e partecipazione (Voce del Popolo 02 lug)

Editoriale di Silvio Forza

L’estate, con il diritto al doppio voto per i membri della CNI in Croazia, ci ha portato il bilinguismo lungo la semiautostrada istriana. Si tratta certamente di due grandi conquiste, specie la prima, giunta dopo quasi un ventennio di tribolazioni. Tuttavia, entrambe rivelano un retrogusto alquanto amarognolo. Nel caso del doppio voto è frustrante constatare che l’attuazione di questo diritto non sia figlia di una sincera condivisione e di un autentico atteggiamento positivo (nei confronti delle minoranze) da parte di chi governa, bensì figliastra di una contrattazione politica che mai avrebbe dovuto riguardare un diritto che era già previsto a livello costituzionale.

Se il deputato Furio Radin, che per forza di cosa deve procedere in termini pragmatici, ha dovuto e saputo estratte il massimo dall’arte del possibile, è altrettanto legittimo che tra i membri della CNI fuori dall’arena continuasse a vivere un certo idealismo che ci faceva considerare il doppio voto come un diritto voltairianamente candido, non come merce sul mercato politico. Serve altro per capire che abbiamo a che fare con la sopportazione e non con la civile partecipazione?

Simile anche il discorso a proposito del bilinguismo lungo il principale asse stradale istriano, in cui è venuta a galla tutta la svogliatezza delle istituzioni rispetto ad un esercizio pieno dei diritti minoritari. Ovvio che poter leggere Bale/Valle deve essere per noi ragione di soddisfazione. Ma anche questa volta siamo di fronte ad un caso di sopportazione piuttosto che di condivisione dei diritti minoritari. Non ci riferiamo soltanto alle difficoltà che si sono dovute superare per affiancare Valle a Bale, ma di più all’evidente gara a chi fa meno praticata da chi comanda nel momento in cui bisognava impiantare una segnaletica bilingue. Pare che chi ha deciso come mettere questi cartelli sia convinto che la componente italiana dell’Istria pensi, legga e scriva in italiano solo in materia di toponomastica, che tutti noi si dica Parenzo, ma non ci passi per la testa di dire stazione di servizio invece di “odmorište”. Perché non scrive “aeroporto”, ma soltanto “zračna luka”? Un bilinguismo che non sia palesemente stitico bensì autentico non rispetta (con l’aggravante che questo rispetto è giunto solo dopo l’ennesima opera di convincimento) soltanto i nomi delle località, ma anche l’essere linguistico integrale di quella parte della popolazione che appartiene all’altra lingua.

Intanto, va precisato che rispettare il territorio vuol dire anche che nei cartelli stradali che compaiono nei tratti autostradali extraistriani, magari all’altezza di Karlovac, nell’indicazione della via per Pula dovrebbe comparire anche Pola. Perché il nome ufficiale della città, così come quelli di Dignano, Rovigno, Orsera, Parenzo, Cittanova, Umago e Buie è bilingue.

E se vogliamo dirla tutta, in Istria vivono persone che non soltanto indicano Buzet con Pinguente, ma anche Zagreb con Zagabria: rispettarle fino in fondo vorrebbe dire che in Istria, nella segnaletica che compare almeno nei comuni bilingui (anche se il bilinguismo vale a livello regionale) accanto a Zagreb dovrebbe comparire anche Zagabria, così come Fiume accanto a Rijeka e Zara accanto a Zadar. Anche Londra accanto a London, se questo cartello compare in Istria. Dunque, accanto al rispetto del territorio (che ha toponimi anche italiani), ci vuole anche il rispetto delle persone (che sono di nazionalità e di madrelingua italiana) e della loro lingua usata non solo per dare i nomi ai luoghi locali, ma (che strano!) per descrivere il mondo intero.

 

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