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Esuli e rimasti, dialoghi che proseguono – 07dic15

 

Tavole rotonde, convegni ai quali intervengono relatori dell’associazionismo degli esuli istriani, fiumani e dalmati ed esponenti della comunità italiana in Slovenia e Croazia, raduni di comunità di esuli che si svolgono in Istria o ai quali partecipano rappresentanze di rimasti: tante sono state negli ultimi vent’anni almeno le occasioni in cui le due metà della mela (come Piero Tarticchio ha efficacemente definito esuli e rimasti) hanno avuto modo di ricongiungersi e tentare esperimenti di reintegrazione. In questo lungo filone si è inserita martedì primo dicembre l’iniziativa promossa dall’Università Popolare di Trieste dal titolo “Dialoghi tra esuli e rimasti”, svoltasi presso lo Starhotels Savoia Excelsior Palace del capoluogo giuliano.

I saluti istituzionali che hanno aperto i lavori sono stati portati in primis dal Sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il quale ha ricordato come la sua amministrazione abbia proficuamente collaborato con l’associazionismo giuliano-dalmata nell’ambito dell’Istituto Regionale per la Cultura Istriana Fiumana e Dalmata e del nuovo Civico Museo ad esso collegato; il primo cittadino ha, inoltre, evidenziato le interessanti prospettive che caratterizzano il neocostituito GECT (Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale), organismo di collaborazione europea che si svilupperà da Monfalcone a Pola. Gianni Torrenti, Assessore regionale alla cultura, sport e solidarietà, ha altresì ricordato come esuli e rimasti siano i protagonisti di una storia condivisa e non di tante storie, trovandosi al centro di un’area più complessa ed articolata. Il Ministro Plenipotenziario Francesco Saverio De Luigi ha quindi portato il saluto del Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Benedetto Della Vedova, il quale segue con attenzione le problematiche degli esuli e dei loro discendenti, così come quelle attinenti la componente italiana nella ex Jugoslavia: il rappresentante della Farnesina ha specificato che la vicinanza tra esuli e rimasti riveste grande attualità, poiché le due comunità, dopo aver vissuto in maniera differente le violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime di Tito, oggi con la Croazia nell’Unione Europea possono ricomporre il quadro e pensare al futuro. Le comunità italiane in Slovenia, Croazia e Montenegro, inoltre, possono assurgere a punto di riferimento in un’area omogenea e integrata che va da Capodistria alla Dalmazia, al fine di creare lavoro e occupazione.

Una prolusione della giornalista Viviana Facchinetti ha avvicinato il folto pubblico al clou dei lavori, poiché l’autrice ha presentato succintamente il frutto di un trentennio di interviste e di ricerche nel mondo sulle tracce di “Protagonisti senza protagonismo. La storia nella memoria di Giuliani, Istriani, Fiumani e Dalmati nel mondo” (La Mongolfiera Libri, Trieste 2014). La copertina del corposo volume, disegnata da Paolo Marani, era stata inoltre utilizzata per la locandina del convegno e durante l’intervento della giornalista triestina si sono viste le immagini dei contributi video, caratterizzati dall’accompagnamento musicale di Umberto Lupi, realizzati a corredo delle molteplici interviste, che si sono dimostrate un efficacissimo strumento di dialogo e conoscenza. Interfacciandosi con questi esuli del confine orientale italiano, la Facchinetti ha così assemblato, fra l’altro, testimonianze e fonti orali inerenti l’affondamento del Rex, la strage di Vergarolla, l’attentato compiuto da Maria Pasquinelli a Pola il 10 febbraio 1947 e le condizioni dell’assistenza messa in campo dall’IRO (International Refugee Organisation). Con riferimento a esuli e rimasti, la relatrice ha ribadito un concetto già espresso in precedenza: “Qualcuno ha potuto scegliere, qualcuno ha dovuto scegliere”.

Il direttore de “Il Piccolo”, storico quotidiano di Trieste, Paolo Possamai ha quindi avviato gli interventi, chiedendo una riflessione sulla ritrovata unità tra istriani esuli e rimasti, a 70 anni dalle tragedie che disarticolarono un radicato e variegato tessuto sociale.

Fabrizio Somma, Presidente dell’Università Popolare di Trieste, ha esordito ricordando come l’ente da lui presieduto con tale manifestazione non abbia riaperto il dialogo, bensì lo abbia portato avanti, in continuità con la sinergia tra UPT e Unione degli Italiani avviata da personaggi di primo piano quali Luciano Rossit, Guido Miglia, Franco Luxardo, Giovanni Radossi e Arturo Vigini: non casualmente l’attuale vicepresidente è Manuele Braico, Presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane, nonché numero due della Federazione degli Esuli. Altrettanto prezioso è stato, nell’ambito sportivo, l’operato di Emilio Felluga, recentemente celebrato postumo nella natia Isola proprio per l’impegno profuso nel cercare di unire attraverso lo sport le popolazioni istriane, fiumane e dalmate. Nell’excursus non sono stati dimenticati il concerto all’Arena di Pola il 3 settembre 2011, il susseguente dialogo Napolitano-Josipović, le relazioni di Fameie e Comuni in esilio con le corrispettive Comunità degli Italiani, con particolare riferimento al Libero Comune di Pola in Esilio che commemora assieme alla CI polesana ogni 18 agosto le vittime di Vergarolla, la più cruenta strage di italiani in tempo di pace.

Dario Locchi, Presidente dei Giuliani nel Mondo, ha ricordato come di 300.000 abitanti della Venezia Giulia costretti all’Esodo a guerra finita, un terzo circa si sia fermato nel capoluogo giuliano, altrettanti nel resto d’Italia e gli ultimi 100.000 si siano sparpagliati nel globo: in ogni caso furono doppiamente migranti, poiché le comunità di nostri connazionali costrette a migrare per motivi economici avevano mantenuto i legami con la terra d’origine ed il sogno di farvi ritorno in condizioni economiche migliori, laddove gli Esuli avevano perso i contatti con il proprio territorio. Sino all’implosione della Jugoslavia il rapporto con le proprie radici era perciò risultato difficile ed i circoli giuliani nel mondo, ben prima dell’istituzione del Giorno del Ricordo, avevano sommessamente commemorato il 10 febbraio come data simbolo delle loro sventure. Particolarmente significativo pertanto è stato il ciclo di incontri con gli esuli che Furio Radin, presidente dell’Unione degli Italiani, nonché rappresentante della minoranza italiana al Sabor di Zagabria, ha voluto svolgere alcuni anni or sono attraverso il reticolo dell’Associazione Giuliani nel Mondo.

E proprio il rappresentante italiano al Parlamento croato ha proseguito gi interventi, rammentando che già a fine anni Ottanta del secolo scorso a Venezia e a Trieste esuli e rimasti avevano dato luogo a proficui momenti di incontro e che al di fuori delle sedi istituzionali si erano instaurate relazioni personali e svolti incontri di famiglie e amici che le tragedie della storia avevano separato. Così come avevano attirato sempre più pubblico triestino e d’oltre confine le conferenze stampa su tali temi tenute al Caffè Tommaseo di Trieste da Radin stesso assieme al Senatore Fulvio Camerini ed al Prof. Stelio Spadaro, protagonisti del percorso critico compiuto dalla sinistra locale in merito alla complessa vicenda del confine orientale italiano. Il parlamentare, fresco di rielezione, ha quindi ribadito la massima apertura alla collaborazione e sostenuto che quella dell’esule è anche una condizione psicologica e pertanto pure i cosiddetti rimasti erano a modo loro esuli, in quanto estraniati dal contesto sociale che li circondava e per certi versi esodati dalla propria identità.

Il Vicepresidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Rodolfo Ziberna ha aperto il suo contributo ammettendo che la mission delle associazioni degli esuli è cambiata, compiendo un percorso che risulta relativamente facile per la seconda e terza generazione, laddove è stato impossibile per la prima, straziata dal vissuto personale ed incapace di pensare al futuro. Quasi del tutto esaurite le funzioni assistenziali, l’associazionismo della disapora giuliano-dalmata deve oggi operare congiuntamente alle istituzioni per la salvaguardia dell’italianità nell’Adriatico orientale, attraverso interventi commerciali, turistici, scolastici e indirizzati ai giovani, affinché si creino i presupposti per stringere rapporti transfrontalieri nella quotidianità. Rimane comunque fondamentale l’opera di testimonianza storica cui sono chiamate realtà come l’ANVGD: l’istituzione del Giorno del Ricordo ha fatto sì che gli italiani che conoscono la vicenda di Foibe ed Esodo siano passati dal 5 al 30%, lo spettacolo teatrale di Simone Cristicchi ed i nuovi mezzi di comunicazione possono essere strumenti con i quali proseguire efficacemente quest’opera di divulgazione storica.

Gli anni di dialogo realizzatisi attraverso le colonne del quotidiano “La Voce del Popolo” e la trasmissione radiofonica “Ponte Adriatico” di Nadia Giugno, sono stati ricordati da Antonio Ballarin, Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati: «Sembra che solo oggi le istituzioni –ha chiosato Ballarin- si accorgano di un dialogo che è progressivamente aumentato. La comunità autoctona e gli esuli sono sempre rimasti uniti dall’amore per la propria terra, chi è andato via lo ha fatto su pressione dell’ideologia comunista. Il forte senso di appartenenza coltivato dagli esuli in questi lunghi anni – ha aggiunto – è comunque degno degli studi sull’identità del filosofo francese Alain Finkielkraut» Il Presidente di FederEsuli ha riconosciuto il valore delle leggi 72 e 73 del 2001 nel sostenere le iniziative culturali di esuli e rimasti, anche se non è ancora stato costruito nulla di condiviso e proprio una realizzazione in comune tra esuli e rimasti dovrebbe essere il prossimo obiettivo.

Di tutt’altro tenore l’intervento di Massimiliano Lacota, Presidente dell’Unione degli Istriani e parecchio critico in merito alle aperture finora registrate fra esuli e rimasti. Non rinunciando alla sua verve, Lacota ha sostenuto che “l’esule della strada” non percepisce questi grandi cambiamenti e non ravvisa i presupposti per avviare un dialogo costruttivo; ciò che a suo dire ancora crea un ostacolo è vedere i rimasti come vittime del regime, laddove l’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume, sorta nel 1944, era fin da principio una costola dello Stato titoista che aveva contribuito alle persecuzioni dei propri connazionali. In tempi recenti partigiani bianchi e rossi di Porzûs hanno avviato un riavvicinamento, ma non è semplice creare un clima di reciproca fiducia: con l’auspicio di creare un progetto di cui esuli e rimasti siano corresponsabili, il leader dell’Unione degli Istriani ha richiesto preliminarmente alla controparte il riconoscimento delle proprie responsabilità storiche e che statutariamente e ideologicamente l’Unione Italiana si distacchi dalle sue radici nell’UIIF. Chiamato in causa, Furio Radin si è caricato sulle proprie spalle «le responsabilità di tutto quel che è successo», ricordando come la comunità italiana d’Istria, Fiume e Dalmazia abbia avuto in sé fascisti, partigiani e comunisti e contestualmente nell’UIIF vi sono state persone oneste e disoneste, mentre la nuova UI s’ispira a principi democratici ed all’operato di persone come Antonio Borme, il quale seppe mantenere in un ambiente ostile lingua, cultura e tradizioni italiane, sicché ancor oggi sventola il Tricolore nei Comuni dove è acclarata una presenza storica (e non statistica) degli italiani. Invitando a non generalizzare, Radin ha ribadito che una popolazione è costituita da tante persone, ognuna con la propria storia, e che la vicenda dell’Esodo ha disintegrato tante famiglie, compresa la sua: «Se ne è andato – ha concluso – chi non ha avuto la forza di rimanere ed è rimasto chi non ha avuto la forza di andare via».

Invitati dal dott. Possamai a proporre, cogliendo l’invito di Ballarin, un progetto condiviso sul quale proseguire il dialogo, gli ospiti hanno quindi svolto un secondo giro di interventi. Ben poco soddisfatto della replica ottenuta («Vi sono responsabilità oggettive in capo all’UIIF, confortate da numerose testimonianze»), Lacota ha auspicato un progetto a largo respiro, capace di realizzare un ritorno concreto, ma in tale discorso l’associazionismo degli esuli non dovrebbe svolgere un ruolo di sudditanza, bensì di corresponsabilità. Un invito a Slovenia e Croazia a farsi carico delle proprie responsabilità ed eredità morali in guisa di stati successori della Jugoslavia è stato formulato da Dario Locchi, il quale ha ribadito la disponibilità degli oltre 50 circoli giuliani nel mondo a collaborare con l’Unione degli Italiani. Furio Radin ha invece ricordato come sia purtroppo naufragato il progetto di utilizzare le cifre che Slovenia e Croazia ancora devono all’Italia per acquistare un intero paese (nella fattispecie Piemonte d’Istria) da far gestire agli esuli nell’ambito di un percorso culturale e commerciale: ciò non è avvenuto perché forse si è temuto di chiudere definitivamente in questa maniera un ampio contenzioso che origina dalla catastrofica decisione italiana di pagare le riparazioni di guerra dovute a Belgrado con i beni abbandonati dagli esuli. Ballarin ha affermato che la Federazione da lui presieduta ha ormai “elaborato il lutto” e ribadito che la terra rappresenta l’elemento unificante esuli, che costituiscono la coscienza di chi è rimasto, e rimasti, i quali sono l’impegno di italianità nei confronti di chi se ne è dovuto andare; testimoniare la propria identità resta prioritario, ma bisogna contestualmente darsi da fare senza confidare troppo nei finanziamenti pubblici, approfondendo la conoscenza reciproca e seguendo l’esempio armeno, al quale ha sovente rimandato Lino Vivoda, figura carismatica del mondo degli esuli e pioniere del dialogo con i rimasti: la prima generazione ha patito il genocidio, la seconda si è organizzata in esilio e la terza è tornata. Ha concluso la tornata Rudy Ziberna, il quale ha specificato che la conoscenza della storia è fondamentale ma non deve diventare un fardello, poiché c’è bisogno di realizzare un progetto condiviso con le proprie forze: bisogna intervenire oltreconfine prima che il contesto risulti completamente deitalianizzato, magari a partire da un tavolo di imprenditori del Friuli Venezia Giulia, istriani, fiumani e dalmati, i quali potrebbero beneficiare degli strumenti finanziari come Finest; non sarebbe neanche male, ha concluso l’esponente ANVGD, che è pure consigliere regionale del FVG, coinvolgere la Regione Veneto e tutti gli interlocutori che potrebbero contribuire a creare le condizioni per fare impresa. Suggello di tali iniziative potrebbe essere un grande raduno degli esuli, senza sigle né divisioni, in Istria nel 2017, a settant’anni dal trattato di pace e coinvolgendo gli ultimi grandi esuli che vissero quella tragedia.

Nel corso dell’ampio dibattito, dal pubblico è stata invocata l’unità degli esuli al di là delle sigle di appartenenza, un problema tuttavia più sentito a Trieste che nel resto d’Italia, come evidenziato da Ballarin, il quale ha ribadito il ruolo di FederEsuli come collettore di tutte le anime dell’esodo; prendendo spunto dal dibattito in corso nel capoluogo giuliano sui futuri assetti istituzionali provinciali si è suggerito di proporre una città metropolitana imperniata su Trieste, vista nuovamente come punto di riferimento dell’entroterra istriano; si è auspicato che la Croazia, una volta risolta la crisi di governo, promulghi una legge che regolamenti i risarcimenti per le vittime del regime comunista analogamente a quanto fatto da Lubiana con la cosiddetta Legge dei Torti; è stato proposto anche di creare un associazione transfrontaliera di esuli e rimasti che valorizzi storia, cultura e territorio istriano (in tal senso sta già cercando di muoversi nei lacci e lacciuoli della legislazione croata l’associazione Renovatio Histriae), di scrivere un libro condiviso di storia della cultura istriana e di rilanciare progetti di cooperazione incentrati su Piemonte d’Istria. Il giornalista Luciano Santin ha, infine, ricordato come già nel 1988 il Circolo di Cultura Istroveneta “Istria” aveva lanciato un appello alla collaborazione transfrontaliera annoverando firme del calibro di Claudio Magris, Fulvio Tomizza, Margherita Hack, Guido Miglia e Giuseppe Petronio: i tempi non erano ancora maturi, ma già si prospettavano interessanti progetti economici nel campo agroalimentare.

 

Lorenzo Salimbeni

Responsabile Comunicazione ANVGD

 

 

 

 

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