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E Lubiana sarà costretta all’aiuto internazionale (Il Piccolo 04 lug)

Mentre i Grandi d’Europa, Monti in testa, assicurano di avere trovato una soluzione ai problemi economici dell’Unione, cosa sta succedendo alla periferia dell’impero? Come stanno rispondendo alla crisi i Paesi Ue del “limes” sudorientale, dalla Slovenia all’Ungheria, dalla Romania alla Bulgaria? Per capire, la via migliore è affidarsi ai più recenti e autorevoli studi sulle economie di quella che è stata definita “Emerging Europe”. Che da emergente, almeno stando ai numeri, si è trasformata in sofferente. A partire da Romania e Bulgaria.

 

Nel rapporto “Balkan vulnerability” dell’Economist Intelligence Unit (Eiu), pubblicato a metà giugno, Bucarest e Sofia vengono inserite in un ampio gruppo di Stati «vulnerabili» (Albania, Serbia, Croazia, Macedonia, Montenegro) che condividono difficoltà e sfide simili. Queste «economie in transizione sono tra quelle che più hanno patito la recessione globale», illustra il settore analisi del settimanale “The Economist”. Il Pil dell’area è sceso del 5,2% nel 2009 «e la recessione è continuata nel 2010, perché la più grande economia dell’area, quella rumena, ha sperimentato un declino di produzione». Se il 2011 è stato di leggera ripresa, con un prodotto interno lordo «in crescita media dell’1,9%», il 2012 sarà di nuovo un anno di vacche magre: un modesto +0,7% di Pil “balcanico”. Segno che Bulgaria e Romania in testa sono ancora impantanate «a livelli pre-crisi». Il perché del rinnovato rallentamento?

 

Per l’Eiu la colpa è ancora una volta in gran parte della Grecia e del prosciugamento del credito. Le banche di Atene, che controllano il 20% del settore nei Balcani, sono infatti «una significativa fonte di contagio poiché stanno ritirando i propri fondi dagli Stati vicini». Drammatici i numeri del prelievo: «-25% in Romania e Bulgaria e -18% in Serbia», in soli due anni. Meno cupo invece il quadro dipinto dalla Banca mondiale (Bm) nel recente documento “Affrontare i venti contrari”. Venti contrari che in Bulgaria e Romania e in molti Stati della “Nuova Europa”, come Polonia e Paesi Baltici ma con l’eccezione di Slovenia e Ungheria, hanno soffiato con meno irruenza nel 2011. Quest’anno la regione ha però di nuovo risentito «dell’impatto del rallentamento economico globale, delle sofferenze sui debiti sovrani e dell’impennata dei prezzi del carburante».

 

Se il 2012 sarà dunque periodo di stasi, il 2013 segnerà la rinascita, almeno per una parte dell’Est, promette la Banca mondiale. Che riporta una tabella interessante che ben descrive lo stato di salute dei “compagni di viaggio” orientali. Il Pil della Romania dal +2,5% del 2011 scenderà a +1,2% quest’anno, per poi risalire a +2,8% nel 2013. Stesso discorso per la Bulgaria: +1,7% l’anno scorso, 0,6% nel 2012 e poi +2,5% nel 2013. Spostandosi verso Nord, gli accenti cambiano. Budapest, a esempio, ancora preoccupa. I bond magiari sono stati declassati al livello “spazzatura”, mentre il debito ungherese ha quasi raggiunto l’80% del Pil. Pil segnalato di nuovo in calo nel 2012: -1% secondo proiezioni del think-tank magiaro “Kopint-Tarki”.

 

Per stabilizzare il sistema servirebbero nuovi fondi da parte di Ue e Fmi, finora bloccati a causa di una legge che ha minato l’indipendenza della Banca centrale. Ma la modifica alla norma è all’orizzonte. Si aprirà così il rubinetto di un nuovo maxi-prestito “salva Ungheria” di 15 miliardi di euro. E la Slovenia? La Banca mondiale, dopo il -0,2% del 2011, indica in un -1,2% il calo del Pil sloveno nel 2012. Secondo la Bm, Lubiana paga «la contrazione del settore edile dopo il boom del periodo pre-crisi ma anche i ritardi nelle riforme strutturali e la fragile situazione del settore finanziario». E malgrado le previsioni di un Pil di nuovo leggermente positivo nel 2013, per Lubiana si avvicina lo spettro di un “bailout” in stile spagnolo. L’allerta è arrivata ieri proprio dall’Economist Intelligence Unit che ha avvisato: «La Slovenia potrebbe diventare il sesto membro dell’Ue ad aver bisogno di aiuti internazionali, poiché il governo è in difficoltà a trovare denaro per ricapitalizzare le sue banche», in primis Nova Ljubljanska Banka. «Sarà dura» per una Lubiana stretta tra crisi e austerità, chiosa l’Eiu, «evitare di chiedere aiuto».

 

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