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Don Bonifacio, il tempo dei martiri non è finito (Avvenire 05 ott)

LA SCUOLA DEI GIUSTI
Chiesa in festa per due nuovi beati italiani

Francesco Bonifacio «Il tempo dei martiri non è finito»

DA  TRIESTE  FRANCESCO DAL MAS

S i commuove, Giovanni Bonifacio, mentre nella cattedrale di San Giusto viene scoperta la giganto­grafia del fratello don Francesco Gio­vanni Bonifacio. L’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha appena con­cluso la lettura della bolla di Benedet­to XVI che lo proclama beato. Beato perché martire in odio alla fede. Ap­plaudono quanti stanno dentro e fuo­ri la Basilica, la Cappella civica intona l’Alleluia, le campane suonano a festa.

«Oggi la Chiesa di Trieste gioisce ed e­sulta nel Signore, perché l’amore im­molato di Gesù Cristo, il Pastore buo­no, si è riflesso e manifestato in un nuo­vo martire, nato a Pirano d’Istria nel 1912 e morto in odio alla fede il giorno 11 settembre 1946 a Villa Gardossi, do­ve con giovanile fervore egli svolgeva il ministero pastorale, te­stimoniando con co­raggio gli eterni valori del Vangelo», riassume monsignor Amato, ri­cordando poi i martiri d’oggi. «Nonostante la generale accettazione da parte di tutte le na­zioni dei diritti fonda­mentali dell’uomo, ancora oggi ai cristiani è negata clamorosamente la libertà religiosa – sottolinea –. Ancora oggi la Chie­sa subisce persecuzione. C’è una vera e propria geografia del terrore». Don Bonifacio è stato ucciso dai miliziani titini e gettato in una foiba e il suo cor­po non è stato più ritrovato.

In Basilica ci sono i vescovi del Friuli Venezia Giu­lia, alcuni del Veneto, altri dell’Istria croata e della Slovenia, c’è il cardinale arcivescovo di Nairobi John Cardinal Njue, c’è l’assistente ecclesiatico gene­rale dell’Azione Cattolica, monsignor Domenico Sigalini, con i dirigenti del­l’associazione; don Francesco era sco­modo anche perché aveva vivacizzato l’Ac. Ci sono pure i rappresentanti del­le comunità ortodosse. «Al presbitero e martire che oggi sarà iscritto nell’albo dei beati sento il dovere di unire nella commossa memoria – sottolinea il ve­scovo di Trie­ste Eugenio Ravignani – i vescovi, sacer­doti e fedeli – italiani, slove­ni, croati – che in tempi duri e dolorosi in I­stria ed altrove hanno subìto ingiusta violenza in odio alla fede e, soprattutto, coloro che per essa hanno dato la vita. Tra questi voglio ricordare il ser­vo di Dio don Miro Bulešic della dioce­si di Parenzo e Pola, anch’egli giovane martire di Cristo, di cui auspichiamo prossima la beatificazione. Nel sangue dei martiri le nostre Chiese sono unite nella testimonianza dell’unica fede, nel vincolo santo della carità e si abbrac­ciano nella pace».

E le Chiese d’oltre confine sono pre­senti non solo con i ve­scovi, anche con nu­merosi fedeli. «Siamo chiamati ad edificare concordemente la ci­viltà dell’amore, nel su­peramento costante di ogni forma di violenza, di discriminazione, di ingiustizia, di sopraffazione, nel rispetto della vita» è l’invito di mon­signor Amato, che dopo aver passato in rassegna la troppo lunga teoria di Paesi in cui i cristiani vengono perse­guitati ancor oggi, commenta:  «Nel mondo si fanno campagne per la pro­tezione di animali in via di estinzione, ma nessuna campagna e’ stata fatta per la difesa della libertà religiosa dei cristiani». E, in ogni caso, «anche nel­la nostra società c’è spesso una persecuzione anticristiana sotterranea, fat­ta di derisione, di stravolgimenti di fat­ti e di parole, di offese, di promulgazioni di leggi inique». «Ciao don Fran­cesco »: la solenne cerimonia si è conclusa con un affettuoso saluto al fra­tello da poco beato di Giovanni Boni­facio che ha donato alla diocesi il ca­lice e la stola della prima Messa fino ad oggi gelosamente conservati in fami­glia.

Celebrando il rito per il prete ucciso dai titini Amato ha denunciato l’indifferenza verso i cristiani oggi perseguitati nel mondo.

 

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