LA SCUOLA DEI GIUSTI
Chiesa in festa per due nuovi beati italiani
Francesco Bonifacio «Il tempo dei martiri non è finito»
DA TRIESTE FRANCESCO DAL MAS
S i commuove, Giovanni Bonifacio, mentre nella cattedrale di San Giusto viene scoperta la gigantografia del fratello don Francesco Giovanni Bonifacio. L’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha appena concluso la lettura della bolla di Benedetto XVI che lo proclama beato. Beato perché martire in odio alla fede. Applaudono quanti stanno dentro e fuori la Basilica, la Cappella civica intona l’Alleluia, le campane suonano a festa.
«Oggi la Chiesa di Trieste gioisce ed esulta nel Signore, perché l’amore immolato di Gesù Cristo, il Pastore buono, si è riflesso e manifestato in un nuovo martire, nato a Pirano d’Istria nel 1912 e morto in odio alla fede il giorno 11 settembre 1946 a Villa Gardossi, dove con giovanile fervore egli svolgeva il ministero pastorale, testimoniando con coraggio gli eterni valori del Vangelo», riassume monsignor Amato, ricordando poi i martiri d’oggi. «Nonostante la generale accettazione da parte di tutte le nazioni dei diritti fondamentali dell’uomo, ancora oggi ai cristiani è negata clamorosamente la libertà religiosa – sottolinea –. Ancora oggi la Chiesa subisce persecuzione. C’è una vera e propria geografia del terrore». Don Bonifacio è stato ucciso dai miliziani titini e gettato in una foiba e il suo corpo non è stato più ritrovato.
In Basilica ci sono i vescovi del Friuli Venezia Giulia, alcuni del Veneto, altri dell’Istria croata e della Slovenia, c’è il cardinale arcivescovo di Nairobi John Cardinal Njue, c’è l’assistente ecclesiatico generale dell’Azione Cattolica, monsignor Domenico Sigalini, con i dirigenti dell’associazione; don Francesco era scomodo anche perché aveva vivacizzato l’Ac. Ci sono pure i rappresentanti delle comunità ortodosse. «Al presbitero e martire che oggi sarà iscritto nell’albo dei beati sento il dovere di unire nella commossa memoria – sottolinea il vescovo di Trieste Eugenio Ravignani – i vescovi, sacerdoti e fedeli – italiani, sloveni, croati – che in tempi duri e dolorosi in Istria ed altrove hanno subìto ingiusta violenza in odio alla fede e, soprattutto, coloro che per essa hanno dato la vita. Tra questi voglio ricordare il servo di Dio don Miro Bulešic della diocesi di Parenzo e Pola, anch’egli giovane martire di Cristo, di cui auspichiamo prossima la beatificazione. Nel sangue dei martiri le nostre Chiese sono unite nella testimonianza dell’unica fede, nel vincolo santo della carità e si abbracciano nella pace».
E le Chiese d’oltre confine sono presenti non solo con i vescovi, anche con numerosi fedeli. «Siamo chiamati ad edificare concordemente la civiltà dell’amore, nel superamento costante di ogni forma di violenza, di discriminazione, di ingiustizia, di sopraffazione, nel rispetto della vita» è l’invito di monsignor Amato, che dopo aver passato in rassegna la troppo lunga teoria di Paesi in cui i cristiani vengono perseguitati ancor oggi, commenta: «Nel mondo si fanno campagne per la protezione di animali in via di estinzione, ma nessuna campagna e’ stata fatta per la difesa della libertà religiosa dei cristiani». E, in ogni caso, «anche nella nostra società c’è spesso una persecuzione anticristiana sotterranea, fatta di derisione, di stravolgimenti di fatti e di parole, di offese, di promulgazioni di leggi inique». «Ciao don Francesco »: la solenne cerimonia si è conclusa con un affettuoso saluto al fratello da poco beato di Giovanni Bonifacio che ha donato alla diocesi il calice e la stola della prima Messa fino ad oggi gelosamente conservati in famiglia.
Celebrando il rito per il prete ucciso dai titini Amato ha denunciato l’indifferenza verso i cristiani oggi perseguitati nel mondo.