La stampa croata lancia il sasso, il New York Times lo raccoglie, Zagabria seccamente smentisce. Ma la storia delle armi croate girate ai ribelli siriani via Giordania sembra essere fondata. Lo ha ripetuto ieri il quotidiano Jutarnji List, il primo a rivelare la potenziale esistenza di un piano per far arrivare vecchi armamenti jugoslavi e croati ai guerriglieri che da mesi cercano di abbattere il regime di Assad. Jutarnji List che ha nuovamente confermato l’esistenza di un traffico segreto di granate, lanciarazzi e munizioni tra la Croazia e il Medio Oriente, aggiungendo nuova benzina al fuoco.
Dall’aeroporto di Zagabria, su enormi aerei cargo “Ilyushin” appartenenti alla Turkish Airlines e a una compagnia aerea giordana, «negli ultimi quattro mesi» sarebbero state trasportate verso la Siria, per finire nelle mani della resistenza al regime, ben «3.000 tonnellate di armi». I voli, spiega il quotidiano, sarebbero stati circa 75, hanno svelato fonti diplomatiche. Fonti che hanno specificato che sui grandi aerei non sarebbero state caricate solo armi “made in Croazia” o vecchi residuati bellici jugoslavi, bensì anche «armi provenienti da altri Paesi europei», Gran Bretagna in testa, in un affare complesso «organizzato dal governo americano» che ha ben pensato di utilizzare Zagabria come punto di transito principale del flusso di materiale bellico.
Un affare, va detto, nuovamente negato da Zagabria, che ha dichiarato che la Croazia «non ha venduto o donato» armi ai ribelli siriani. Smentite che però cozzano contro i video di armamenti ex jugoslavi in azione in Siria, postati su Internet nelle settimane scorse. Filmati che mostrano i cannoni senza rinculo M60 da 82mm, usati dal defunto esercito federale jugoslavo fin dal 1960, e ora in mano agli oppositori di Assad. E lanciamissili anticarro portatili, sigla M79 Osa, sempre fabbricati in Jugoslavia dal 1979 fino al collasso del Paese e successivamente in Bosnia, Macedonia, Serbia e in Croazia. Ma anche lanciagranate RPG-22 e gli RBG- 6, «studiati e prodotti in Croazia» fin dai tempi della guerra d’indipendenza dalla “Metallic”, spiega una brochure dell’azienda produttrice del lanciagranate con sede a Fiume.
Tutte armi mai apparse prima sul teatro di guerra siriano. Armi che hanno avuto di certo ricadute geopolitiche significative, come attesta l’annuncio di Zagabria, dato dieci giorni fa, del ritiro dei suoi caschi blu dalle alture del Golan, al confine con la Siria. «I nostri soldati non sono più sicuri», aveva ammesso il premier croato Milanovic. Non più sicuri perché a un tiro di schioppo dalla possibile vendetta degli uomini di Assad.
Stefano Giantin
“Il Piccolo” 9 marzo 2013