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Croazia e minoranze: ancora troppo poco (Voce del Popolo 05 gen)

ZAGABRIA – La Croazia entro il primo febbraio del 2009 deve presentare al Consiglio d'Europa il suo terzo rapporto sull'attuazione della Convenzione quadro per la tutela delle minoranze nazionali che rappresenta il più significativo documento giuridico internazionale, vincolante per i diversi Paesi in materia di diritti minoritari. Proprio quest'anno si celebra il decimo anniversario della Convenzione quadro. Al seminario organizzato di recente, in collaborazione con il Consiglio d'Europa, dall'Ufficio governativo per le comunità nazionali è stata presentata la bozza di questo improtante rapporto che sarà sicuramernte un rilevante indicatore di rotta per la Comunità internazionale quando si dovrà fare il punto sui progressi che la Croazia ha conseguito negli ultimi anni nel settore della tutela delle etnie.
Nel suo intervento al seminario, svoltosi a Zagabria, la vicepremier Jadranka Kosor ha sciorinato una serie di dati che stanno a testimoniare eloquentemente lo sforzo profuso dalle autorità di Zagabria nel campo della protezione delle minoranze nazionali, che è stato sempre un segmento molto traumatico per la società. Negli ultimi quattro anni il Governo ha aumentato del 330 per cento gli stanziamenti di bilancio a favore delle etnie. Si è passati dai 40 milioni di kune del 2004 ai 132 milioni del 2008. In questo periodo il numero delle Comunità nazionali organizzate che si avvalgono dei finanziamenti dell'erario è aumentato da 16 ai 19: ovviamente è salito anche il numero delle loro associazioni, per non parlare del fatto che i rappresentanti delle minoranze nazionali che partecipano alla vita pubblica e politica per il tramite dei Consigli delle etnie supera le diverse migliaia. Ciò non toglie che le minoranze si ritrovino pur sempre a dover fare i conti con tutta una serie di significativi problemi che per un attimo fanno passar in secondo piano tutte queste cifre peraltro non irrilevanti.

Uno strumento importante per attuare i diritti

La responsabile dell'Ufficio governativo per le minoranze nazionali, Milena Klajner, ha ricordato, nel suo discorso, che tutte le etnie sono state invitate a dare il loro contributo attivo nella stesura del rapporto per il Consiglio d'Europa, in modo tale da offrire un quadro quanto più esauriente e obiettivo della situazione nel segmento dei diritti minoritari in Croazia. Ricordando che ben 5.000 esponenti delle etnie sono inclusi nella vita pubblica per il tramite dei Consigli e dei rappresentanti delle minoranze, Milena Klajner ha detto che nel processo di aggiornamento di tali rappresentanti particolare attenzione è stata prestata alle possibilità di attuazione dell'articolo 22 della legge costituzionale che garantisce la presenza delle etnie negli organismi dell'amministrazione statale. Proprio tale presenza, ha avvertito la responsabile dell'Ufficio governativo, è uno strumento importante che contribuisce all'attuazione di tutti gli altri diritti minoritari.

Fondamentale l'uso ufficiale delle lingue

Il deputato della comunità nazionale italiana e presidente della Commissione per i diritti dell'uomo e delle etnie, Furio Radin, ha sottolineato, nel suo intervento, che la tutela delle minoranze in Croazia è effettivamente migliorata. Radin ha evidenziato però, che per parlare di una piena tutela delle etnie, in linea con gli standard del Consiglio d’Europa, ci sono tre problemi di fondo: l’uso delle lingue delle minoranze nazionali nei tribunali e in genere nell'amministrazione e presso gli organismi pubblici, l’irrisolta questione dell’uso dei libri di testo delle Nazioni madre nelle scuole in Croazia e il nodo del doppio voto per gli appartenenti alle comunità nazionali. Come da lui spiegato, gli appartenenti alle minoranze chiedono raramente di poter avviare procedimenti nelle lingue minoritarie perché "è stata creata un'atmosfera negativa": questo, ha aggiunto, la dice lunga sulla situazione nel campo della giustizia. Inoltre gli unici tribunali in cui si applica il bilinguismo si trovano in Istria: in questo ambito Radin ha fatto l'esempio di Rovigno. La situazione, comunque, è ben lungi dall'essere soddisfacente, ha lasciato intendere il parlamentare della CNI.

Sul doppio voto una dura battaglia

Per quanto riguarda la questione del doppio voto, il parlamentare della CNI ha precisato che sussistono resistenze da parte delle formazioni politiche, nonostante la Costituzione permetta il voto aggiuntivo. Per introdurre il doppio voto, ha rilevato Furio Radin, è indispensabile unicamente modificare la legge elettorale. Finalmente la questione del suffragio aggiuntivo ha iniziato a interessare anche le istanze internazionali, per cui, ha aggiunto il presidente della Commissione parlamentare per i diritti dell'uomo e delle etnie, si è discusso di recente di questo problema con l'alto rappresentante dell'OSCE per le minoranze nazionali, l'ambasciatore Knut Vollebeak.

In certi casi è sufficiente attuare le leggi vigenti

Come sappiamo la Costituzione dice che "oltre ai diritto di voto generale gli appartenenti alle minoranze nazionali possono avere anche il diritto di voto specifico". Questo "possono", ha evidenziato Furio Radin, da tutti i governi finora è stato interpretato come "non devono". Ora noi siamo testimoni di una discriminazione, in quanto agli appartenenti alle etnie si toglie in realtà un diritto che la Carta costituzionale loro concede, ha sottolineato il parlamentare della CNI. In altre parole per la soluzione di alcune questioni di vitale rilievo per le minoranze non sono necessari né mezzi specifici, né nuove leggi particolari, ma semplicemente l'attuazione delle norme vigenti.

Ancora lungo il cammino da percorrere

Il deputato della minoranza serba Milorad Pupovac ha valutato, nel suo intervento, che alcuni conseguimenti nel campo della protezione dei diritti delle etnie che ancora alcuni anni fa erano semplicemente inimmaginabili oggi sono divenuti una realtà. Pupovac però ha avvertito con forza che finora è stato percorso soltanto forse metà del cammino da percorrere nel segmento della tutela delle etnie. Per addivenire a una compiuta realizzazione dei diritti delle comunità nazionali è straordinariamente importante l'atmosfera sociale globale: realizzare tale diritti in un clima negativo è molto difficile, ha sottolineato Pupovac, affermando che ancor sempre nei mass media, specie quelli a diffusione nazionale nonché sulla TV nazionale, si utilizza il linguaggio dell'odio.

«Dati scioccanti»

Milorad Pupovac ha definito pure scioccanti i dati stando ai quali vi sono più appartenenti alla minoranza nazionale serba che sono stati condannati, sono sotto processo o sotto inchiesta per crimini di guerra, di quanti non ve ne siano negli organi dell'amministrazione statale, nella giustizia e nella polizia. "È forse questo il contesto nel quale è possibile procedere all'attuazione della legge costituzionale sui diritti delle etnie e della Convenzione quadro?", è stata la domanda retorica posta dal parlamentare del partito democratico autonomo serbo.

Nei Tribunali pochi gli appartenenti alle minoranze

Ha fatto seguito l'intervento del vicepresidente del Consiglio nazionale serbo Saša Milošević il quale ha evidenziato tutta una serie di dati concreti sulle discriminazioni a danno non solo della minoranza serba, ma anche delle altre etnie in materia di occupazione negli organi dell'amminstrazione statale e in quelli giudiziari. Stando a questi dati fra i magistrati soltanto i 2,16 per cento è di etnia serba nonostante questa minoranza rappresenti il 4,5 per cento della popolazione. Fra i giudici gli appartenenti alle altre minoranze rappresentano solamente l'1,74 per cento nonostante tutte queste etnie insieme costituiscano il 3 per cento della popolazione complessiva del Paese. I magistrati di etnia serba sono addirittura in numero inferiore rispetto al 2005 quando erano il 2,35 per cento. Anche fra i procuratori di Stato il numero degli appartenenti alle etnie è praticamente la metà rispetto a quella che dovrebbe essere la situazione ideale: i serbi sono solamente il 2,61 per cento, gli appartenenti alle altre etnie ancor meno, ovvero l'1,57 per cento. La situazione non è migliore nemmeno nel campo della polizia. Dei 25.100 operatori del Ministero dell'Interno solamente 1.223 sono appartenenti alle etnie, ovvero il 4,87 per cento: di questi il 3,13 per cento sono serbi mentre l'1,74 per cento è costituito dagli "altri". In alcune Contee il nuemro degli appartenenti di etnia minoritaria è da cinque a dieci volte inferiore rispetto agli standard prescritti dalla legge e questo non può essere sicuramente un caso! Si tratta di una situazione che assume contorni particolarmente delicati nelle zone etnicamente miste che presentano comunità minoritarie numericamente rilevanti: in questi casi la situazione di sicurezza non è per niente ideale.

Si sta sviluppando il dialogo

Alla fine del dibattito il presidente del Comitato consultivo del Consiglio d'Europa per l'attuazione della Convenzione quadro sulla tutela delle minoranze nazionali Alan Phillips ha sottolineato che è evidente che già da un po' di tempo a questa parte si sta sviluppando un autentico dialogo tra il Governo e le comunità etniche. La sfida che ora attende la Croazia è quella di passare da una forte cornice giuridica per la tutela delle minoranze nazionali a un'azione incisiva sul campo per attuare nella prassi i diritti esistenti sulla carta. Il presidente del Comitato consultivo ha fatto presente pure il ruolo importante che rivestono in questo ambito i poteri locali e regionali senza dimenticare però le responsabilità che attengono al potere centrale. Parole di lode sono state indirizzate nei confronti della prassi positiva riferita alla stipulazione di accordi bilaterali fra gli stati quale modello per la promozione delle etnie nel contesto della collaborazione internazionale e transfrontaliera. Negli ultimi otto anni la Croazia ha compiuto un lungo cammino quando si tratta di diritti delle minoranze nazionali: questo cammino però è destinato a protrarsi ancora per molti anni. Il percorso porterà a un traguardo positivo solamente, ha avvertito Phillips, se gli atti legislativi verranno tradotti nella prassi in un clima contrassegnato dalla fiducia e dalla collaborazioe costruttiva.
Al seminario è stao sottolineato più volte che la Croazia dispone di uno dei migliori sistemi formali in Europa per la partecipazione minoritaria alla vita pubblica a livello delle autorità nazionali, regionali e locali.

Tenere conto delle differenze

In questo sistema sono inclusi migliaia di appartenenti alle etnie. Sia in Croazia sia in Europa la sfida per la società è quella di fare in modo che i giovani, gli anziani e le donne di determinate comunità minoritarie possano realmente partecipare alla vita sociale e non vi siano forme di esclusione oppure discriminazione. In tutte le comunità esistono coloro che sono ricchi o poveri, che sono più o meno istruiti, che hanno maggiori o minori esigenze in campo sanitario: sono pertanti necessari approcci ben delineati e articolari per venire incontro alle loro necessità. L'educazione, l'aggiornamento professionale e i nuovi modelli di comunicazione potrebbero rappresentare gli strumenti ideali per i giovani appartenenti alle minoranze per favorire la loro partecipazione efficace alla vita pubblica e garantire una valida promozione dei diritti minoritari nel passaggio da una generazione all'altra. In questo ambito potrebbe essere di aiuto lo scambio di esperienze regionali.

Sono importanti i rapporti alternativi

Spesso le organizzazioni della società civile realizzano i cosiddetti Shadow Reports (rapporti paralleli o alternativi) nei quali esprimono punti di vista diverso rispetto a quelli ufficiale. Si tratta di una prassi che non va considerata ostile bensì complementare a quella dei rapporti governativi. Queste organizzazioni godono dell'appoggio del Comitato consultivo del Consiglio d'Europa in quanto il loro ruolo è fondamentale per verificare i conseguimenti democratici in un determinato Paese. Tali associazioni della società civile inoltre possono offrire un contributo determinante nel rafforzamento della consapevolezza sull'importanza della Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali. In ogni caso gli stessi Shadow Reports devono essere scritti con senso di responsabilità, essere esatti ed anche discussi nell'ambito della società civile e delle comunità minoritarie stesse. Il loro radicamento all'interno di queste comunità deve favorire la possibilità che vengano alla luce le differenze fra le varie minoranze, ma anche le differenze all'interno delle singole comunità minoritarie (in questo ambito i punti di vista possono differire dall'ottica delle varie generazioni e dei diversi gruppi operanti nelle singole comunità).

Articolo 22

Una delle norme fondamentali nel campo della tutela delle etnie in Croazia è l'articolo 22 della legge costituzionale sulla protezione delle minoranze che garantisce la presenza degli appartenenti alle comunità nazionali negli organi giudiziari e dell'amministrazione statale, in maniera proporzionale alla loro presenza nell'ambito della popolazione complessiva. Purtroppo i dati fin qui disponibili dimostrano che in questo campo non vi sono progressi: le norme di legge rimangono lettera morta e le minoranze in questo ambito sono poco tutelate. In Croazia vi sono tribunali nei quali non lavora nemmeno un appartenente alle minoranze. Le etnie sono completamente assenti nei tribunali commerciali. Non vi è nemmeno un appartenente alle etnie fra i magistrati del tribunale amministrativo. La situazione è particolarmente delicata quando si tratta dell'assunzione di appartenenti all'etnia serba nelle zone che negli anni '90 sono state interessate dalla guerra. In questo caso l'elemento che blocca le assunzioni degli appartenenti all'etnia è l'articolo 80 della legge sulla polizia che impone che la persona assunta debba essere degna dell'incarico e affidabile per l'attuazione dei compiti di polizia: la verifica viene effettuata dall'organismo competente delle forze dell'ordine. E questa verifica spesso fa sì che i figli di coloro che durante la guerra erano "dipendenti della sanità della SAO Krajina" o coloro "che fanno visita a parenti che vivono in un clima di nazionalismo", non possono essere assunti nella polizia. Tale situazione non esaltante non contribuisce certamente a migliorare il rapporto tra gli agenti e il territorio etnicamente misto in cui si trovano a operare.

Stojan Obradović

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