ANVGD_cover-post-no-img

Croati a Trieste: replica a “Il Piccolo” di de’ Vidovich

Egregio dottor Sabatti,

capita spesso che i compilatori dei titoli dei giornali tradiscano i testi degli articoli e che i critici letterari tradiscano il contenuto dei libri esaminati.

Costituisce un caso emblematico l’articolo pubblicato nella rubrica Agenda, da Lei diretta, de "Il Piccolo" del 24 novembre u.s. con il titolo "Quasi 3.000 croati a Trieste. Una presenza costante fin da lontano 1202" che non lascia dubbi. Da 805 anni vi sarebbe a Trieste una costante presenza croata forte di 3.000 persone!

Balza subito agli occhi anche del più distratto lettore del Suo giornale un’anomalia rilevata che mi è stata segnalata da molti dei Suoi lettori, perché tutti i Triestini sanno che dal 1200 fino alla fine del 1700, cioè fino alla decadenza e fine della Serenissima Repubblica di Venezia, Trieste era un piccolo borgo di circa 4.000 anime che parlavano il Tergestino, cioè un dialetto friulano, per cui non potevano essere presenti quasi 3.000 croati che avrebbero costituito i tre quarti della popolazione!

Per la verità, l’articolo firmato pa.v. (Patrizia Vascotto?) non sostiene affatto questa tesi, che non compare neanche nel libro che è correttamente intitolato "Croati a Trieste" e non “Croati di Trieste”, nel quale sono rimarcate le numerose presenze di personalità croate transitate nella città, che  non ospitò mai un insediamento costante, contrariamente a quanto il titolo dell’articolo lascia intendere.

Nell’articolo e nel libro, invece, vi è un equivoco di fondo che, come rappresentante di Dalmati di Trieste, non posso non rilevare. Vengono considerati, infatti, croati tutti i dalmati che hanno, come me, nel cognome la -ch finale, secondo un criterio di presunta appartenenza razziale risalente alla preistorica Civiltà del sego e della birra e ripresa dalla tradizione germanica secondo la quale l’appartenenza nazionale sarebbe un fatto di sangue e di razza (Blut und Here), mentre noi dalmati restiamo saldamente legati alla tradizione risalente alla Civiltà preistorica mediterranea dell’olio e del vino, che ha forgiato la cultura illirica romana e veneta, la quale considera appartenenti ad una nazione coloro che ne accettano la cultura ed il modo di vivere.

“Croati a Trieste” considera, infatti, come appartenenti alla nazione croata i grandi armatori dalmati (nell’articolo sono citate le grandi famiglie Tripcovich, provenienti da Dobrota, che sarebbero montenegrini e non croati, ed i lussignani Tarabocchia e Martinolich), mentre nel libro si fanno anche i nomi delle famiglie Gerolinich di Lussino, Polich di Buccari, Cossovich di Sabbioncello, Racich di Ragusa e le molte altre personalità che sono appartenute al millenario Regno di Dalmazia che fu un’entità statale sempre distinta dal secolare Regno di Croazia fino al 1918, anche quando le due Corone erano sul capo, insieme a quelle di altri regni, dell’Imperatore del Sacro Romano Impero, ridimensionato da Napoleone ad Impero d’Austria e poi trasformato in Impero austro-ungarico.

Vero è che Trieste accolse un gran numero di Dalmati nel periodo della decadenza e della fine della Serenissima che sono considerati a buon diritto tra i fautori della crescita demografica e delle fortune economiche di Trieste.

È in quel periodo che affluiscono grandi capitali veneziani a Trieste, come è dimostrato dal fatto che la Ras e le Assicurazioni Generali hanno come simbolo il “Leone di Trieste” che ha però le ali del leone di San Marco!
Sarà proprio l’afflusso di numerosi Dalmati e Istriani che modificherà il dialetto triestino, che lascerà la lingua friulana per adottare la lingua veneta: il triestino diventerà uno dei dialetti veneti che ancor oggi parliamo a Trieste.

Considerare, quindi, croati coloro che hanno introdotto la lingua veneto di Trieste è una tesi che mi sembra azzardata e che ripropone il grande dilemma sul concetto di nazione: basata su appartenenza razziale o su scelta culturale?

Per i dalmati, poi, che hanno dato luogo ad una millenaria Nazione Dalmata, formata dalle popolazioni autoctone illiriche romane e venete (di origine genetica diversa da quella slava) fuse insieme alle popolazioni croate, serbe, morlacche e montenegrine amalgamate tra di loro da oltre un millennio, considerare come croati le popolazioni dalmate, appare una forzatura sia sul piano razziale che su quello culturale che insinua forti dubbi sulla validità dei criteri scientifici che sono alla base del pur ponderoso e serio lavoro sulla presenza dei Croati a Trieste.

 

Il Presidente della Delegazione di Trieste

dell'Associazione "Dalmati nel mondo"

On. Renzo de’Vidovich
 

Trieste, 25 novembre 2007

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.