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Cosolini (Trieste): «Cartelli stradali bilingui serve un gesto reciproco»

Se fosse un gesto reciproco di Italia (Trieste, in specie) e Slovenia. Se non ci fossero alle spalle tante tragedie storiche. Se il plurilinguismo fosse una ricchezza e non un brutto ricordo. Se non esistessero ancora da tutte e due le parti dei “nazionalismi esasperati, seppure minoritari”. Se e se, a Trieste si potrebbero anche inaugurare indicazioni stradali bilingui, «mentre farebbe solo che bene il fatto che i cittadini di Trieste imparassero a parlare lo sloveno, e gli sloveni l’italiano». Parola di sindaco, che nel ripercorrere i botta e risposta di un’intervista rilasciata al settimanale sloveno “Reporter”, subito ripresa da vari siti web, soppesa e precisa ogni parola.

 

E ben si capisce, perché quella domanda posta alla fine di un lungo colloquio era quanto meno insidiosa, qualunque fosse stata la risposta, anche la più accorta e prudente: «Sindaco, crede che si potranno avere cartelli stradali bilingui a Trieste?». Secondo quanto rilanciato da agenzie slovene, Cosolini avrebbe detto: «Forse. Penso che in uno spirito di reciprocità ci potrebbero essere cartelli bilingui un giorno a Trieste». Un sito ha subito rilanciato: idea «che entusiasma gli sloveni», ma che potrebbe scontentare tanti italiani di Trieste «legati al tragico ricordo delle foibe».

 

«No, no – dice il sindaco -, io ho precisamente detto che il plurilinguismo è una ricchezza in tutte le aree di confine, e che se da noi non ci fossero state, al confine, tante tragedie, ci troveremmo nella stessa situazione di altre aree, dove da una parte e dall’altra si mettono segnaletiche in due lingue, ma di itinerario, non di stradario in città. Sarebbe una cosa assolutamente normale. Qui non lo escludo ma resta un discorso solo futuribile».

 

Cosolini ribadisce di aver sottolineato come «per ora c’è una legge dello Stato che regola la materia, e a quella bisogna attenersi, ottemperando là dove ancora non è stata osservata. Ma ho anche affermato – aggiunge – che da entrambe le parti ci sono ancora frange di nazionalismo esasperato, seppure largamente minoritarie. E questo – sottolinea – è vero, perché se un sindaco Dipiazza del centrodestra 20 anni fa avesse invitato lo scrittore di lingua slovena Boris Pahor a parlare al teatro Verdi di Trieste si sarebbe scatenato addosso la piazza, invece Dipiazza lo ha potuto fare con serenità». E dunque per il sindaco di centrosinistra l’insidiosa domanda slovena richiede chiarezza sugli equilibri presenti, ma proiezione sul futuro: «Il nostro era già un territorio europeo e plurilingue nel XIX secolo, purtroppo nel XX è stato segnato da tragedie e lutti». Non resta che lasciar camminare il XXI, «mentre molte famiglie lungimiranti già oggi fanno studiare lo sloveno ai figli – conclude Cosolini -, perché più lingue sai e meglio stai».

 

Gabriella Ziani

“Il Piccolo” 7 novembre 2012

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