ANVGD_cover-post-no-img

Corriere della Sera – 110408 – Le memorie del nonno sparito nelle foibe

di ETTORE MO

La tragedia delle foibe viene riesumata e nuovamente raccontata in un agile libro (Graus editore, pp. 132, e 10) da Alessandro Panini Finotti, giornalista in pensione che conobbi a Roma nei primi anni Sessanta, quand'era redattore economico de Il Messaggero. Nessuna pretesa di voler apportare nuovi o reconditi elementi di quella tenebrosa storia: « La mia foiba — questo il titolo — intende semplicemente rievocare la vicenda del mio nonno materno, che fu tra i 1.048 italiani deportati in Jugoslavia nel maggio del '45, e onorarne la memoria ».

Il nonno era nato nel febbraio del 1876 a Gorizia, quando la città si chiamava ancora Gorz, alla tedesca: e il bimbo, cui venne dato il nome di Karl Makutz, sarebbe poi diventato, nel ventennio fascista grazie a un decreto legge del '27, Carlo Macuzzi. Quando i partigiani di Tito occuparono Gorizia, tutti coloro che avevano avuto rapporti con l'amministrazione nazifascista o ricoperto qualche incarico anche minore vennero arrestati e deportati.  Un destino cui Karl Makutz non poté sfuggire. Conoscendo parecchie lingue, tra cui il tedesco, il nonno dell'autore era molto richiesto dalle autorità locali in qualità di traduttore e interprete. Assunto dal capo della polizia, il colonnello Franz Suchomel, ha dovuto tradurre per 13 mesi, dal febbraio del '44 al marzo del '45, tutto quanto pubblicato in italiano su giornali e riviste: incluse le scritte sui muri che incitavano alla lotta contro il regime nazifascista.

Agli occhi dei partigiani di Tito, Karl era stato un «eccellente » e «prezioso» collaboratore del regime. «L'innocente ammirazione giovanile per l'imperatore Franz Josef, il dovere sempre anteposto ai diritti, poi l'infatuazione matura per il Duce e per il fascismo — scrive il nonno che racconta sempre in prima persona — l'amore per la bella lingua tedesca, parlata, scritta e tradotta con gioioso sentimento di appartenenza, tutto questo è stato determinante per la mia fine».

Dirà anche, incapace di far tacere i suoi entusiasmi, di aver servito due Paesi e due sovrani, l'imperatore d'Austria e il re d'Italia. Aveva fatto il ferroviere dal 1895 al 1931, quando andò in pensione con 1.146 lire l'anno. Nello zaino dei suoi ricordi c'era la sua infanzia povera,

quando si mangiava polenta e brovada. Ma Gorizia restava per lui la città più eccitante del mondo, «crocevia di lingue, dia-letti, culture, gusti» e dove «tutti noi eravamo allora sudditi dell'imperatore Franz Josef».

Ma se queste manie e questo rimpianto per un passato che non c'era più possono far sorridere, sarebbe esagerato e ingiusto fare di lui un fascistone tutto d'un pezzo, tipo camicia nera da marcia su Roma. Era spesso assente alle adunate oceaniche sotto i gagliardetti. «Odiavo quelle parate, l'affettazione dei gerarchi, il saluto a mano tesa col grido di "a noi!"». «Camerata Macuzzi — lo redarguì un giorno un vanaglorioso ufficiale col fez — un fascista obbedisce e tace».

Ma la biografia di nonno Carlo si arricchisce di un curioso particolare e ciò avviene quando incontra il figlio del primo questore di Gorizia, che vi si era insediato nel '27 e si chiamava — guarda caso — Alessandro Panini Finotti, da cui l'autore de «La mia foiba» ha ereditato nome e cognome. Ma per la sua avventura letteraria, il giornalista- scrittore ricorda di dover molto a una «brava ricercatrice » slovena, Natasa Nemec, che aveva stilato un documento sulla deportazione degli italiani, con tanto di elenco in cui figura, col numero 119, il nome di Carlo Macuzzi.

Arrestato il 3 maggio del '45, il nonno, sotto la scorta degli sgherri dell'Ozna, la polizia segreta jugoslava, e insieme a un migliaio di compagni di sventura, finì nelle foibe, da cui non sarebbe più riemerso. Nell'epilogo ricostruito dal nipote, ricorda le raffiche di mitra che, una dopo l'altra, «squarciavano l'aria» e «il grido breve» di chi precipitava nei buchi e nelle grotte che sarebbero stati la loro inaccessibile tomba. «Il buio era nero e ho ascoltato per brevissimo tempo il battito del mio cuore. Poi è venuto il silenzio ».

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.