Il Presidente del circolo di cultura istroveneta “Istria” esprime la più profonda gioia per il dialogo e per il confronto apertisi tra il popolo dell’esodo e quanti sono rimasti nel loro paese natale.
Nel 1988 – a Jugoslavia e Muro di Berlino ancora in piedi – avevamo promosso un appello in questo senso, sottoscritto da molti bei nomi della politica e della cultura locale e nazionale, da Leo Valiani a Ulderico Bernardi, da Claudio Magris a Margherita Hack, da Giuseppe Petronio a Fulvio Tomizza, da Corrado Belci a Boris Pahor.
All’epoca i tempi, probabilmente non erano ancora maturi, le dolorosissime ferite della guerra e del primo dopoguerra erano ancora troppo vicine.
Ciononostante qualcosa è stato fatto, dal circolo, in questi lustri, con incontri di diversa natura, anche mettendo insieme le competenze scientifiche degli atenei di Trieste, Udine, Lubiana, Zagabria e innescando piccole attività economiche nell’agroalimentare, iniziative che appaiono normali nell’Europa del terzo millennio, ma che a fine anni ’80 apparivano più che ardite.
Oggi gli istriani dell’esilio e quelli che hanno mantenuto nella penisola le radici, la cultura, la presenza dell’Italia, possono ritrovarsi, oltre quel ’900 che di queste terre ha fatto strame.
Al di qua e al di là di confini sempre più evanescenti, i giovani guardano agli errori e ai dolori dei loro genitori e nonni come a un portato della storia più che come qualcosa che appartenga alla loro quotidianità. La parte migliore, inclusiva e propositiva della secolare civiltà istriana è prevalsa. E questo, ripetiamo, ci rende felici.
Il Circolo di cultura Istroveneta “Istria”