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Console sloveno: fu il Trattato di Pace a decidere (Il Piccolo 28 ago)

TRIESTE «Parlare della ricongiunzione della maggior parte della Primorska alla Slovenia in forza al Trattato di pace di Parigi è storicamente esatto e politicamente corretto». È quanto sostiene il Console generale di Slovenia a Trieste, Joze Susmelj, in relazione al dibattito che si è aperto, sul nostro giornale, in merito alla nota comparsa sul sito web ufficiale del governo della repubblica slovena nelle scorse settimane.
Susmelj, citando gli interventi suscitati dalla lettura storica di una delle pagine più complesse della vicenda legata al confine orientale, si sofferma sul termine «Primorska» e sui problemi di traduzione di una denominazione geografica molto particolare. Il console si riallaccia direttamente al titolo della nota sul sito internet per inquadrare l’argomento e il capitolo oggetto di contesa storica. Il titolo, preceduto da una data, quella del 15 settembre 1947, suona molto esplicito: «Ricongiunzione della maggior parte della Primorska con la Slovenia in base al Trattato di pace di Parigi».

Che cosa si intende per «Primorska»? Susmelj non ha dubbi. «Il termine Primorska tradotto con “regione costiera del Litorale” non è corretto, essendo la Primorska una denominazione geografica di un’area ben definita». «L’obiezione – sostiene il console di Slovenia a Trieste – è basata sul fatto, peraltro incontrovertibile, che il Trattato di pace divise il Territorio Libero di Trieste in due zone, affidando l’amministrazione della Zona A alle forze alleate (alle quali nel 1954 subentrò l’Amministrazione italiana), e l’amministrazione della Zona B alla Jugoslavia. Il confine divenne definitivo soltanto con gli Accordi di Osimo nel 1975».

Nella nota inviata dagli uffici consolari sloveni a Trieste molto si insiste sull’aspetto geografico legato alla questione storica e al termine attorno al quale studiosi, politici e giornalisti hanno ancorato i loro giudizi. Susmelj abbozza una sintesi: «Fatto sta – dice – che con il Trattato di pace di Parigi venne annessa alla Slovenia, allora parte del sistema federale jugoslavo, la maggior parte della Primorska. La Primorska – ribadisce – è la denominazione geografica per un vasto territorio che da Bovec (Plezzo) scende fino al mare, comprendendo le Valli dell’Isonzo e del Vipacco, il Collio Sloveno, Nova Gorica con il circondario, il Carso con il suo retroterra e, appunto, i tre comuni costieri, ai quali si riferiscono i due autori, ma che della Primorska rappresentano una piccola parte. Parlare della ricongiunzione della maggior parte della Primorska alla Slovenia in forza al Trattato di pace di Parigi è quindi storicamente esatto e politicamente corretto. Essendo stato tutto il territorio sopra citato annesso all’Italia dopo la prima guerra mondiale, appare chiara anche la correttezza della dicitura che dopo il 1918 il territorio etnico sloveno era stato diviso tra più Stati, tra i quali appunto l’Italia».

Il chiarimento del Consolato generale di Slovenia a Trieste giunge dopo i commenti e i dubbi sollevati da più parti sulla congruità storica della nota governativa apparsa sul sito di Lubiana. L’intervento non era passato inosservato anche per il fatto che era comparso al termine del semestre di presidenza slovena dell’Unione europea (gennaio-giugno 2008).

In un articolo di Mauro Manzin si ricordava invece come «la Slovenia, nel 1947, non aveva una sua indipendenza istituzionale internazionale» e che «i territori del Litorale divennero jugoslavi nell’ambito della repubblica di Slovenia solo nel 1975 dopo la firma del Trattato di Osimo».

Per lo studioso Paolo Segatti, sempre in merito alla data del 15 settembre 1947, emerge che «la nostra memoria di quei giorni è molto diversa». Quindi, si avvia alla conclusione del suo articolato intervento affermando che «questo modo di presentare la propria storia nazionale da parte del governo sloveno non è esattamente quello che auspicavano i padri fondatori dell’integrazione europea».

Il presidente della Federazione degli esuli, Renzo Codarin, suggeriva infine che la storia «certamente non serve sia ”condivisa”, ma serve sia rispettosa delle memorie». Quindi, parlava di «connotazione etnica del caso che il governo sloveno vuole evidenziare» aggiungendo che «si vuole dimenticare che in questi territori plurali c’era anche un altro popolo, quello degli italiani».

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