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Con papà a Rovigno sulla Dionea (Il Piccolo 29 ago)

TESTIMONIANZA

Ero una bambina curiosa ed estremamente entusiasta e quando arrivava il momento del viaggio con papà sul vaporetto Dionea, l’emozione mi teneva sveglia la notte precedente la partenza. Eravamo poveri e si partiva quando papà riusciva a racimolare la modesta somma necessaria per affrontare tale impresa.

Già da diverso tempo egli si organizzava e dopo il suo lavoro all’Arsenale (era maestro d’ascia) andava ad acquistare qualche cosa da portare ai suoi genitori Marco e Orsola, rimasti a Rovigno. E di tempo ce ne voleva parecchio per mettere insieme un dignitoso pacchetto: un po’ di biancheria, del cioccolato, del caffè da tostare e sempre calze di lana.

Alla fine si partiva. Io rimanevo tutto il tempo del viaggio all’esterno e osservavo ogni cosa. Ero molto emozionata e il mio frusto vestitino mi appariva bello perché illuminato dal sole. Mi sfilavano davanti i porti delle cittadine rivierasche, tutti uguali, tutti con lo stesso odore di pesce e di salmastro. Le enormi gomene acciambellate alla rinfusa a tratti intralciavano il passo della gente. Poi i campanili, le pietre macchiate dal giallo oro delle ginestre, le riva traboccanti di oleandri colorati da tutte le gradazioni del rosa, del rosso confusi nel bianco. Ero incantata, le orecchie piene del rumore del mare, dello stridio dei gabbiani e la Dionea scivolava veloce tra i grossi baffi della spuma di prua.

Papà se ne stava in disparte, in silenzio e ogni tanto mi rivolgeva un sorriso triste e rassegnato perché così era il suo cuore. I suoi sogni, le sue aspirazioni erano rimasti lì, nella sua terra. Poi d’un tratto esclamava con orgoglio «Ecco Rita, siamo arrivati! Lo vedi il campanile di Rovigno? È il più bello, il più alto di tutti». Lo vedevo trasformarsi in viso e gesticolava, lui che di solito appariva distaccato e indifferente. Ma era travolto da una valanga di ricordi: quello squero dello zio dove da ragazzino, con grande passione, aveva iniziato a lavorare; il ricordo della sua barca e delle isole davanti alle quali spesso sfilavano i delfini in un luccicante galoppo. La vita davanti, il destino, una guerra feroce avevano disposto diversamente.

Ora che leggo della Dionea che è diventata «un lussuoso superyacht riservato a una clientela selezionata, danarosa e superesigente» non posso non ricordare con nostalgia e tenerezza di quando era un normale vaporetto che trasportava in Istria, insieme a tante semplici persone anche mio padre e me, che in quella occasione ci sentivamo quasi felici.

Rita Cherin

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