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Codarin (FederEsuli): 10/2, la gente al nostro fianco

Sessant’anni di silenzio, poi una manifestazione che diventa, per legge, momento di riflessione di un’intera nazione sull’Esodo e le Foibe, non senza perplessità, aspettative, speranze e delusioni.
Un Giorno del Ricordo in evoluzione? Lo chiediamo al Presidente della Federazione degli Esuli, Renzo Codarin.
Direi proprio di sì. Penso ai primi anni, in cui volevamo dare una centralità alla manifestazione, focalizzando su una città le presenze più qualificate, le cerimonie più importanti. Poi è successo un qualcosa di inaspettato, profondo, per certi versi appagante. L’Italia intera ha risposto, ha scelto di essere al nostro fianco in questo momento”.
Quale spiegazione avete dato a questo fenomeno?
Quando c’è stato l’esodo dalle nostre terre – Istria, Fiume e Dalmazia – i 350.000 italiani sono stati destinati in quasi 130 campi profughi sparsi in tutta Italia. Qualche anno fa abbiamo realizzato una cartina geografica con i nomi di tutti i centri e non c’è un angolo d’Italia che rimanga scoperto. E’ un popolo intero che s’è trovato ad interagire con le realtà locali, a volte palesando la propria provenienza, altre volte celando quella che per molti era considerata non una vergogna ma comunque una situazione scomoda visto l’atteggiamento della politica italiana nei nostri confronti. Gli esuli, comunque, si sono fatti conoscere, entrando nei pori della società civile, lasciando il segno. Considero la risposta corale un omaggio allo spessore di queste persone che hanno portato in Italia e nel mondo i principi di una società evoluta, dedita al lavoro, legata alla sua chiesa ed ai valori di una lunga storia di contatti col mondo circostante”.
Questa spontaneità non ha dappertutto il medesimo impatto sull’opinione pubblica…
E’ vero, a Trieste, capitale morale dell’esodo, le manifestazioni sono quasi ovvie, meno in località come Venezia o Bologna dove gli esuli sono stati oggetto di contestazione e rifiuto. Ebbene, l’anno scorso, proprio con la targa apposta alla stazione di Bologna, siamo riusciti ad aprire un capitolo importante nel nostro rapporto con l’opinione pubblica. Quest’anno nella regione emilio-romagnola quasi tutte le città si sono attivate per ricordare in vari modi. Dalle scuole sono arrivate richieste di materiale didattico, di testi sulla storia dell’esodo e delle Foibe, di filmati. Crediamo che questa sia la strada da percorrere. Certo non mancano le contraddizioni. C’è chi vuole approfittare di questo momento per far passare tesi negazioniste. Il mio augurio è che la pubblica opinione riesca a distinguere i fatti dalle opinioni di parte. Sappiamo che la storia non è fatta di certezze, di bianco o nero, per cui invito tutti a riflettere su quanto sentono dire da chi non ama la nostra causa e soprattutto di informarsi: negli ultimi anni è stato scritto molto, da storici seri, che non sono depositari della verità ma certo si avvicinano molto”.
Che risultato siete riusciti ad ottenere con le scuole?
E’ un processo lungo e difficile ma ci stiamo lavorando, impegnando gli uomini di buona volontà negli incontri con i ragazzi, preparando materiali – libri, mostre e DVD – per le scuole, confidando nella sensibilità degli insegnanti. Viviamo in democrazia, le cose non si possono imporre, cerchiamo allora di far arrivare giuste indicazioni”.
Ma esiste un programma globale di coordinamento di queste iniziative?
Sarebbe stato necessario in assenza di tale spinta spontanea della gente che vuole ricordare, finché il Giorno del Ricordo verrà vissuto con tanta attesa, attraverso una tensione positiva tanto da riuscire a farsi ascoltare dalle municipalità, credo sia giusto lasciare che questa ricorrenza cresca seguendo le proprie dinamiche. Ciò che stiamo facendo come Federazione è di coinvolgere nel dibattito sui contenuti del Giorno del Ricordo, gli intellettuali del Paese, affinché creino opinione attraverso giudizi e proposte, analisi e confronti. Il primo di questi incontri – ma già altre associazioni ne hanno realizzati con seminari e convegni in questi anni – si è svolto a Venezia. I risultati sono importanti, il prossimo appuntamento si svolgerà a Bologna. Perché è giusto che l’Italia ricordi il 10 Febbraio in questa data diventata legge, ma per noi del mondo dell’esodo è un impegno che dura tutto l’anno”.
E all’estero, che cosa succede in questa occasione?
Ci sono due diversi momenti di lettura. In Slovenia e Croazia i giornali ne danno notizia spesso con toni negativi, quasi che il Giorno del Ricordo fosse una ricorrenza contro qualcuno e così non è. Noi vogliamo che si parli della nostra storia non per muovere delle accuse ma per un giusto riconoscimento di fatti che hanno colpito un popolo in un’Europa che si è finalmente aperta senza riserve a queste riflessioni. Dall’altra parte abbiamo nel resto del mondo i comitati giuliano-dalmati che hanno saputo trasformare questa giornata in un momento di grande riconoscimento da parte della comunità nella quale sono inseriti. Personalmente è una sensazione di grande soddisfazione”.
Un voto bipartisan ha permesso di dare concretezza alla memoria, che cosa si può fare per le richieste degli Esuli in attesa di soluzione da sessant’anni?
Ci vuole un’altra legge che sancisca finalmente l’equo e definitivo indennizzo degli esuli. Ci vuole un accordo con Slovenia e Croazia per la restituzione di quei beni ancora in libera disponibilità. Abbiamo bisogno che questo succeda quanto prima, che ci venga tolta questa palla al piede che non ci permette di correre incontro al nostro futuro. E noi abbiamo bisogno di poter immaginare come e dove saranno la nostra cultura, la testimonianza della nostra civiltà tra decenni, dobbiamo avere la libertà di avviare un grande progetto di salvaguardia della nostra realtà con le genti di queste terre ovunque esse siano. Gli Stati devono decidere di renderci liberi dal fardello che la guerra ha caricato sulle nostre spalle”.
Le divisioni all’interno del mondo degli esuli non aiutano questo processo…
E’ vero strategie, metodologie, linguaggio ci differenziano ma le mete sono le stesse. Quando ci si trova ai tavoli di lavoro con il Governo non c’è divergenza sulle richieste, tutti vogliamo le medesime cose, quelle di sempre, per le quali si sono battuti i nostri predecessori in momenti in cui il dialogo con le istituzioni era anche più difficile e gravoso. A loro, in modo particolare, va il nostro pensiero nel Giorno del Ricordo che non hanno conosciuto e che sarebbe stato di grande consolazione e conforto”.

Rosanna Turcinovich Giuricin  su www.arcipelagoadriatico.it

 

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