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Cherso, una realtà complessa e ibrida (Voce del Popolo 27 lug)

Cardine tra Occidente e Oriente, luogo di contatto tra culture diverse, che spesso hanno interagito e si sono reciprocamente influenzate, si ritorna spesso a Venezia e alla sua eredità civile e culturale quando si vuole guardare al passato dell’Adriatico orientale nella sua complessità, cogliendone le sfaccettature, le contaminazioni, le contraddizioni, rifuggendo da quegli esclusivismi nazionali che negano la dimensione plurale di questo spazio geografico.

Ed è appunto sullo sfondo della Serenissima che si dipana la storia dei vari rami di un casato chersino, i Bolmarcich, famiglia popolana di carattere “ibrido” (per quanto riguarda l’etnia), per quasi cinque secoli attivamente coinvolta negli eventi politici e sociali chersini. Attraverso la loro epopea Tarcisio Bommarco introduce e spiega le alternanze storiche che coinvolsero la città e l’isola quarnerine. Il suo volume “L’isola di Cherso. La presenza veneziana e le diverse dinastie popolane”, pubblicato nella primavera scorsa dall’udinese Del Bianco (pp. 325), viene presentato questa sera alle ore 20 presso la Scuola elementare “France Petrić” di Cherso.

Bommarco esamina principalmente le vicende e i rapporti che intercorsero tra Cherso e Venezia, che dominò l’isola per circa quattro secoli, ma affronta pure il breve periodo francese e quello dell’amministrazione austriaca. In maniera più sintetica esplora le origini della società chersina, con riferimento alle sue istituzioni e al complesso geografico e storico nel quale si sono formate, tenendo conto dei movimenti migratori e delle influenze economiche e culturali delle regioni confinanti. Alle tesi e descrizioni storiche che ritengono Cherso di caratteristiche esclusivamente italiane – “scorciatoia” che Bommarco rigetta, come pure i miti di una realtà sempre tutta religiosissima, laboriosa e felicemente sottomessa alla Serenissima – l’autore contrappone una visione più articolata, che si basa su fonti storiche attentamente esaminate, dalle quali emergono diversità sociali, economiche e politiche fra la maggioranza della popolazione (Università) e la classe nobiliare (Comunità); antinomie che in tutta evidenza vengono alla luce verso la fine del XIX secolo con il problema linguistico. Tarcisio Bommarco ben adegua il suo lavoro ai postulati dell’attuale ricerca storica, la quale richiede parametri che tengano conto di un contesto regionale più vasto e di un microcosmo di ceti sociali finora trascurati.

L’autore, le cui origini sono legate ai Bolmarcich (nel 1928 il cognome è stato italianizzato in Bommarco), è nato a Cherso nel 1938. Dopo la Seconda guerra mondiale e il Trattato di pace del 1947, che ha assegnato Cherso alla Jugoslavia di Tito, è emigrato in Italia, vivendo in diverse località della penisola. Nel 1963 si trasferito in Svezia (Lund), dove ha svolto e svolge tuttora la sua attività lavorativa, accademica e istituzionale.

“La perdita forzata del contatto con le proprie origini causa la privazione di una parte dell’identità della persona. Un sentimento sempre presente, per chi ha subito il dramma dell’esilio, è il senso di estraneità nei confronti della realtà che lo circonda”, premette citando il giornalista e scrittore Enzo Bettiza, esule dalmata.

I motivi che lo hanno spinto a scrivere questo volume? “Il legame con la terra di origine e con quella parte dell’identità personale che le appartiene ritengo possa essere riacquistato attraverso lo studio e la conoscenza. Un tale approccio, se a prima vista potrebbe ad alcuni sembrare freddo e distaccato a causa della sua natura analitica e razionale – dice –, è in ogni caso, a mio avviso, preferibile alla consuetudine di spiegare i fatti condizionandoli a una struggente nostalgia per un mondo perduto, che quando riproposto si basa sul mito e nel contesto storico porta alla negazione della realtà più prossima.

Attraverso una ricerca approfondita dei fatti, dei cambiamenti e degli sviluppi storici che hanno interessato la città e l’isola di Cherso, unita alle persone che lì vivevano – conclude –, reputo si possa giungere a una relazione più stretta con il mondo chersino e con la gente che lo formava, e riuscire inoltre con la conoscenza del passato arrivare a capire il presente”.

(fonte “la Voce del Popolo” 27 luglio 2012)

 

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