La questione posta dal Movimento Trieste Libera a mio avviso non è per nulla banale, né da prendere con leggerezza. I temi alla base delle attività di quel Movimento sono effettivamente ben posti da un punto di vista tecnico. O almeno così mi sembra. Ma il punto non è questo: in sostanza viene invocato il Trattato di pace di Parigi richiedendo la piena istituzione del Territorio Libero di Trieste, appunto, che, secondo le tesi espresse non dovrebbe essere amministrato dall’Italia. Il tutto succede in un momento di crisi economica e di profonda disaffezione verso la politica, giocando, così, sulle emozioni delle persone alla ricerca di soluzioni semplici e drastiche alle proprie difficoltà.
Dal mio punto di vista l’istituzione di una struttura amministrativa di tal genere mi sembra una follia che va nella direzione opposta rispetto al lavoro di integrazione di popoli e nazioni, faticosamente intrapreso fino ad ora, e che ha condotto all’abbattimento delle vecchie barriere, non alla creazione di nuove come, invece, risulterebbe dalla realizzazione del progetto sostenuto da Trieste Libera.
In questo rimescolamento delle carte, secondo me fuori dalla storia, non vedo perché non dovrebbe non essere inclusa anche ‘l’altra parte’ del TLT, ovvero la ex-Zona B, oggi amministrata dalla Slovenia. Insomma, mi pare che si vada incontro ad un bel guazzabuglio e ad una ennesima beffa per noi. Abbiamo fatto tanto per non avere tre confini per tornare nelle nostre amate terre ed ora che ci siamo riusciti viene ventilata la creazione di un’altra barriera a cavallo tra Italia e Slovenia per soddisfare gli interessi di chissà chi.
La creazione di un’area autonoma, poi, è una complessità scaturita come esito della disastrosa Seconda Guerra Mondiale che ci insegue come un fantasma e sembra non finire mai, per noi. Ma soprattutto la divisione della gente in ‘categorie distinte’, stabilita a seconda del metro quadro di suolo occupato da ciascuno, rientra in una logica di divisione e non di unione.
È evidente che chi la propugna non ha la visione organica di un’unica identità, la nostra, istriana, fiumana e dalmata, finalmente ricompattata o sulla strada di un processo che vede la ricostituzione di un’identità culturalmente già forte e tesa a tutelare tale identità, ritrovando una possibile prosperità economica.
Antonio Ballarin, presidente nazionale ANVGD
Roma, 1. settembre 2013