La stragrande maggioranza degli Esuli, che non vive il quotidiano e spesso difficile rapporto fra le varie associazioni dell'Esodo, ci chiede da tempo maggiori informazioni sulle tensioni nell'associazionismo giuliano-dalmata.
Prendiamo così spunto dal bimestrale dell'Unione degli Istriani (numero di maggio-giugno, pubblicato a luglio) per riportare alcuni brani esemplificativi tratti dall'editoriale a firma di M. Lacota.
(…) "Una battaglia (per la verità e la giustizia, n.d.r.) che, salvo poche eccezioni isolate, nessuno ha mai inteso ingaggiare, ma solo fintamente simulare, contro quel schematismo partitico imposto ed al quale la maggior parte dei vertici di quasi tutte le nostre associazioni si sono perfettamente allineati, non certo per nobili motivazioni; anzi le contropartite per mantenere un silenzio assordante sulle disgrazie che si sono abbattute su di noi, manovrando diabolicamente anche i nostri più intimi sentimenti, sono state esclusivamente quelle di un clientelarismo mediocre e subdolo a vantaggio di pochi ed ambiziosi individui, avidi di ottenere attraverso questi squallidi raggiri un qualsiasi, ignobile personale tornaconto."
Più avanti il presidente dell'Unione degli Istriani ribadisce il sostanziale fallimento del Giorno del Ricordo, individuando, a suo modo di vedere, precise colpe e precisi responsabili.
(…) "Innanzitutto la tradizionale inadeguatezza, pavidità ed opportunismo di troppi 'rappresentanti degli esuli' i quali da decenni hanno consentito supinamente che le nostre questioni divenissero marginali problemi, senza mai nemmeno azzardare di pretendere la opportuna considerazione delle nostre fondamentali richieste.
Soprattutto per quanto riguarda il problema il diritto alla restituzione non si è mai andati oltre al chiacchericcio disinformante e cloroformizzato, limitato al territorio triestino, ed inventando aggettivi e sostantivi inappropriati ma ufficialmente garantisti ('beni abbandonati', ad esempio).
Grave responsabilità va anche a quelle 'nostre' associazioni storicamente filo-governative, che nemmeno dopo Osimo e dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione della Jugoslavia hanno trovato il coraggio, la capacità e la volontà di elaborare una nuova linea di azione, a lungo termine e con obiettivi precisi, che avrebbe dovuto concentrarsi sulla severa (e giustificata!) denuncia senza riserve, sia in Italia ma soprattutto in Europa, e sulla mobilitazione della nostra gente nelle opportune sedi.
Abbiamo invece assistito ai tradimenti più vili di pressoché tutti i nostri rappresentanti politici istriani, i quali anziché salvaguardare i nostri diritti nelle sedi politiche ratificarono quei trattati in Parlamento! E sono questi stessi personaggi che, seppure oggi in fin di vita ed incapaci di vergognarsi, pontificano ignominiosamente con la supina ed interessata condiscendenza dei loro allievi che sono subentrati ai posti di comando.
Da decenni queste associazioni hanno accettato il ruolo suicida di 'cinghia di trasmissione' della volontà governativa (…)"
Contiamo con queste citazioni di aver completato alcuni concetti espressi negli ultimi numeri di "Difesa Adriatica", così da aver chiarito ai lettori quale sia il tipo di tensione che pervade oggi il mondo giuliano-dalmata, quali siano i toni che vengono usati e le dinamiche e modus operandi all'interno delle diverse associazioni.