Sembra che dopo 18 anni di errori all’anagrafe, dai quali risultava spesso che gli italiani nati nelle cittadine istriane e fiumane fino al 1947 fossero invece nati, a seconda dei casi, in Jugoslavia, in Croazia o in Slovenia, (se non addirittura in Montenegro), si intravede ora una soluzione definitiva grazie all’informatica, che non potrà ignorare una realtà di fatto una volta che questa venga decodificata attraverso il suo inequivocabile codice binario.
Perché non solo, in questo caso, non esistono sfumature, nel senso che il paese di provenienza di una persona si distingue per la sua unicità, ma anche perché l’ignoranza, a dirla tutta, sarebbe anche punibile attraverso determinati articoli di legge. In particolare, gli uffici delle amministrazioni statali e pubbliche avrebbero dovuto da tempo ottemperare alla legge n. 54/89, la quale prevede, ad esempio, che una persona non possa avere una tessera sanitaria dove risulta nato in Jugoslavia e una carta d’identità dove invece appare il nome di tutt’altra nazione. In realtà, aldilà dei problemi personali che hanno amareggiato i singoli, quest’atto reiterato con leggerezza nonostante gli anni di protesta dei diretti interessati da l’idea di quanta distanza storica e culturale possa esistere tra territori contigui, una volta superate le aree di confine.
Per risolvere il problema di migliaia di esuli italiani che non hanno mai accettato che sui loro documenti comparissero scritte come "nato nel 1946 a Pirano (Slovenia)" o "a Umago (Croazia)" è intervenuto ora il Ministero dell'Interno, come annunciato ieri dal il sottosegretario Ettore Rosato – il quale ha attivato gli strumenti informatici per ovviare all'errore e 'restituire' agli esuli l' esatta indicazione della loro origine anche sui documenti d'identità.
Rosato ha presieduto ieri, a Roma, il tavolo di coordinamento sulle questioni che riguardano gli esuli e che sono tuttora aperte. Presto – ha detto Rosato al termine dell' incontro – i singoli soggetti interessati "potranno, di loro iniziativa, recarsi presso il municipio di appartenenza e presso gli uffici dell'Agenzia della Entrate per ottenere la documentazione corretta". Rosato ha spiegato come la mancata applicazione della legge 54/89 – che già prevedeva la correzione dei documenti – sia stata determinata da una "erronea costruzione degli archivi informatici, sia a livello centrale che comunale, non essendo stata prevista la storicizzazione dei dati da trattare. Per porre rimedio a questo errore – ha aggiunto – sono stati composti due files, uno con tutti i comuni cessati e ceduti ai sensi del Trattato di pace del 1947, con la relativa data (15 settembre 1947) e i codici Istat e Belfiore, l'altro con i comuni passati alla ex Jugoslavia con il Trattato di Osimo, corredati dalle stesse informazioni".
I connazionali che negli anni scorsi si sono recati presso gli uffici competenti per ottenere una dichiarazione di residenza sul territorio nell’anno 1947, si sono trovati invece spesso di fronte a risposte paradossali per la cosiddetta mancanza di “storicizzazione”, spiegata con una generale incompletezza degli archivi, in Italia, e attraverso altre oggettive difficoltà con le autorità statali croate e slovene, che non rilasciavano documenti atti a dimostrare la residenza al 10 giugno 1940 nei territori facenti parte dello Stato italiano ed il possesso della cittadinanza al 15 settembre 1947 o, per i residenti nella ex zona B al 3 aprile 1977, ai quali si poteva sopperire presentando altri documenti, come, ad esempio, carte d’identità dell’epoca, atti di nascita o documenti provanti trattative commerciali.
Emanuela Masseria