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arcipelagoadriatico.it – 071207 – Dialogo con la Dalmazia degli uomini illustri

Esce il volume “Salona negli scavi di Francesco Carrara” di Daria Garbin

Daria Garbin, spalatina doc, firma un interessante volume su “Salona negli scavi di Francesco Carrara”. Il libro, edito nella collana del Centro Ricerche Culturali Dalmate di Spalato di cui la Garbin è vicepresidente, sarà presentato a Trieste ( a cura del CDM e della Fondazione Rustia Traine, con il patrocinio del Comune di Trieste) mercoledì 12 dicembre alle ore 17.30 nell’Auditorium del Museo Revoltella.

Da che cosa nasce l’interesse dell’autrice per Salona e l’opera di Francesco Carrara?
“Innanzitutto dall’origine dalmata, radici alle quali mi sento legata in modo forte e coinvolgente, nel senso che mi portano ad occuparmi in modo sistematico di tutto ciò che riguarda la mia città e la costa in generale. Poi c’è il legame con il percorso educativo, ho terminato il Liceo a Spalato e mi sono laureata a Zagabria in lettere ed archeologia. Ho avuto modo per tanto di concentrare questa mia passione “congenita” su argomenti specifici, Salona è uno di questi”.
Ma chi è Francesco Carrara?
“Un personaggio di grande fama a metà ottocento, amico di Tommaseo, Paravia, Dall’Ongaro, Cantù ed altri intellettuali di spicco della Dalmazia del tempo, impegnati a livello locale ma anche più ampiamente sull’altra sponda dell’Adriatico. E’ stato direttore del Museo archeologico di Spalato e in quanto tale continua gli importanti scavi sul sito archeologico di Salona”.
Prima di lui, chi se n’era occupato?
“Il primo, nel 1804 fu Gianluca Garagnin, rampollo di una famiglia di Traù, esponente del movimento fisiocratico in Dalmazia. A lui si deve il ritrovamento di alcune lapidi, statue ed altri reperti mobili che allora andarono ad arricchire i musei di Vienna. Più tardi, Carlo Lanza, primo direttore del Museo archeologico di Spalato, tra il 1821 ed il 1828 organizzò diverse campagne di scavo portando alla luce altri reperti di grande importanza per conoscere la storia di Salona”.
Che cosa rappresenta il sito nella storia della Dalmazia e di Roma?
“E’ bene sapere che Salona, in Tarda Antichità, era dopo Roma la seconda città dell’Impero, contava circa 60.000 abitanti ed un importante centro amministrativo, economico oltreché uno dei tre Conventus dalmati, ovvero centro giuridico del tempo”.
Come si viveva a Salona?
“Il livello di vita era molto alto, lo testimonia la presenza di un teatro, di officine artistiche ed artigianali di vario tipo nelle quali si producevano monili, arnesi, strumenti di precisione che sono stati rinvenuti in varie località della Dalmazia. Quindi un centro di irradiamento dello spirito romano e del cristianesimo, lo si deduce dalla lettera di San Paolo a Timoteo nella quale scrive di aver inviato nel vasto mondo gli apostoli della fede citando espressamente l’invio di Tito a Salona con il compito di diffondere la fede in Cristo. Salona diventa infatti sede vescovile dalmata e ospiterà due concili della chiesa nel VI secolo”.
Da chi venne fondata la città?
“Probabilmente dagli Illiri e poi colonizzata da greci e romani che vivevano in simbiosi, infatti le iscrizioni contemplano tutte e due le lingue. Il periodo di maggior splendore lo ebbe con Diocleziano, imperatore romano, che era nato nei pressi della città e che durante il suo dominio le donò particolare cura e bellezza. Con l’arrivo degli Avaro-Slavi nella prima metà del VII secolo d.C., gli abitanti di Salona cercheranno rifugio all’interno del Palazzo di Diocleziano dando vita alla moderna Spalato”.
Quali le scoperte da ascrivere a Carrara?
“Fu il primo a delineare con precisione il perimetro della città a nord di Spalato adagiata sulla riva dove si sviluppava un porto importante. Portò alla luce le 88 torri che delimitavano la città e fungevano da costruzioni di difesa, e le porte della città stessa. Praticamente riuscì a fotografarne l’esatta ubicazione. Riuscì a portare alla luce una sezione del teatro e dell’anfiteatro. La scoperta poi del Battistero, parte di un ampio centro episcopale, con pavimentazione a mosaico – due cervi che si abbeverano da un calice – è la conferma della presenza del cristianesimo in loco. Il mosaico purtroppo è andato distrutto. Lavorò poi su alcune necropoli svelando i diversi tipi di sepoltura”.
Perché Carrara si può definire personaggio chiave della cultura di Dalmazia?
“Perché fu il primo ad introdurre lo studio sistematico del sito condotto con moderni criteri scientifici per tanto le sue ricerche sono alla base di tutti gli scavi successivi. Ma si occupò anche di cultura in senso lato, conducendo ricerche e raccolte su canti popolari dalmati inviate al Tommaseo e pubblicate in proprio in lingua italiana. E’ suo anche il progetto editoriale “La Dalmazia descritta” che doveva contemplare tre volumi e che riuscì a realizzare solo in parte, ne esistono solo due tomi”.
Che cosa è stato per te l’esplorazione della sua opera?
“Un percorso affascinante, la riscoperta di un mondo quasi dimenticato che si propone oggi al recupero della cultura dalmata e soprattutto alla riscoperta dei contatti con il resto dell’Adriatico. Direi, e non credo di esagerare, un modello per l’Europa delle culture e delle genti. La Dalmazia, è stata un importante laboratorio in questo senso, e Carrara ne è un esempio. Parlare della sua opera significa affondare in una storia bimillenaria che oggi più che mai ha tanto da comunicare al prossimo”.
Ciò significa che per te è uno studio che continua?
“Salona e Carrara rappresentano una tappa importante della mia ricerca che ora sta proseguendo su temi fondamentali per capire l’Adriatico Orientale. Mi sto occupando del concetto di nazione dalmata e dalmaticità nella storia e nella letteratura”.
Concetti difficili, complicati da spiegare?
“Non posso nascondere che sia così. Spesso si tratta di definire l’indefinibile. Come rendere esplicito il sentire di una terra che si basa su molteplici elementi spesso insignificanti se presi singolarmente ma che nella definizione corale, delineano il sentire di un popolo e la sua percezione delle cose che lo circondano”.
Una sfida dunque…
“Le sfide non mi spaventano, anzi mi permettono di esprimere me stessa, la mia caparbietà dalmata, il mio spirito critico, la voglia di conoscere. Si tratta di dare una nuova visione, dettata dall’evoluzione della storia e della politica, di un mondo ricco che ha bisogno di voci. Io mi sono messa a disposizione”.

Rosanna Turcinovich Giuricin

 

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