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ANVGD Roma: il convegno sulla Venezia Giulia

L’onda lunga del Giorno del Ricordo, la voglia di affrontare temi che da sempre sono al centro dell’attenzione degli intellettuali, o semplicemente desiderio, alto, di dare un contributo alla definizione di un progetto di sviluppo della realtà giuliano-dalmata.
Tutte componenti che hanno stimolato gli organizzatori del convegno “VENEZIA GIULIA: DALLA TERRA AL MARE. Dialoghi sulla frontiera tra passato e presente” ad invitare a Roma, nei giorni scorsi, relatori provenienti da varie parti d’Italia per un confronto sul tema. Motore della giornata di studi, il Comitato ANVGD di Roma che ha visto coinvolta in prima persona la prof.ssa Donatella Schurzel, coadiuvata da tutto il gruppo dirigente, in particolare dal Presidente Oliviero Zoia.
“Scopo del progetto – ha detto nell’introduzione la prof.ssa Donatella Schurzel – è quello di cogliere, attraverso la conoscenza e l’approfondimento di tematiche specifiche, quali sono quelle trattate da illustri rappresentanti della letteratura e della storia, il valore della diversità di alcune manifestazioni artistiche e culturali del nostro Paese”.
Al microfono si sono così alternati, per proporre una base per il dibattito, Giuseppe Parlato che ha fornito non solo un inquadramento storico ma anche una riflessione sulle condizioni che permettono oggi di intraprendere la via del dialogo, della conoscenza e della collaborazione su progetti di comune utilità.
“Gli esuli hanno trovato occupazione in Italia o all’estero – ha detto -, mantenendo la propria identità a dispetto dei decenni, producendo letteratura, saggistica, mostrando nei fatti di avere superato il trauma dell’esilio. Un esilio voluto per potere restare italiani. E questo è bene ricordarselo. Contemporaneamente, chi è rimasto ha duramente pagato la propria scelta, dimostrando un attaccamento alla “nazione madre” che si è manifestato nelle attività culturali e nella difesa della lingua madre. Gli esuli sono stati considerati fascisti dalla classe dirigente jugoslava perché avevano osato abbandonare il paradiso socialista per accettare di vivere nella capitalistica e antidemocratica Italia. Nello stesso tempo, chi rimase fu considerato per molto tempo fascista solo perché aveva deciso di non abbandonare l’opzione italiana. Dopo sessant’anni il problema non è più rivendicativo ma piuttosto culturale e identitario”.
Anche la diversità di Trieste, per la storica Silva Bon, che ha parlato della dimensione triestina attraverso la realtà dell’ebraismo sta nelle “sue molte anime, intrecciate, a volte contrapposte, indissolubilmente: esse stanno all’origine della nascita della città moderna, ideata e programmata”. Un altro fattore importante “l’educazione colta” che risulta una “carta vincente, che deriva da una tradizione secolare di alfabetizzazione” ma che si esprime soprattutto nel profondo rispetto per l’operosità che viene ancor prima degli slanci letterari degli stessi Svevo o Saba. Quest’ultimo, appunto, “con i piedi nell’Ottocento e la testa proiettata nel Duemila”.
Non tanto diversa da Trieste, ma comunque originale, anche la Fiume di Gianni Stelli che ha proposto una riflessione su contaminazioni e scelte d’identità nazionale attraverso l’esperienza fiumana come identità di frontiera. “Il simbolo di questa identità culturale dinamica – afferma Stelli – è il ponte tra Fiume e Susak. “Ponte si badi – avverte il professore – e non confine, ma punto di passaggio e di scambi. Oggi non esiste più, ma questo, lungi dal costituire un progresso, è il segno dell’avvenuta uniformazione linguistica croata: Fiume croata come Susak e gli italiani rimasti una goccia nel mare. Il ponte era simbolo di una frontiera valicata di continuo”.
Si tratta di tensioni e sentimenti che la letteratura ha saputo cogliere in ogni sfumatura. Patrizia Hansen con un viaggio nella letteratura attraverso Stuparich, Vegliani e Tomizza ha focalizzato la coralità delle dimensioni umane e storiche.
Tre autori che per percorsi diversi hanno saputo fermare il sentire del tempo e dare un volto alla storia con tutte le sue contraddizioni e sofferenze. Per indicare quale strada da percorrere?
Massimo Greco, con il suo intervento sulla cultura della frontiera giuliana oggi tra dialogo e muri e, in particolar modo, sul fenomeno Trieste, ha riportato il discorso sull’attualità. Per la città giuliana è stato costruito dalla storia un muro di prolungata emergenza psicologica determinata da un abbrivio negativo che ha condizionato il suo modo d’essere. Calata in un mito asburgico che non le appartiene da tempo, sofferente per l’arrivo di decine di migliaia di esuli che hanno mutato gli equilibri. Trieste città delle malinconie che non riesce a guardarsi dentro ed accetta di essere un unicum nel bene, ma soprattutto nel male. Vive infatti uno scollamento col resto del Paese al quale, di conseguenza, si sente di appartenere in modo particolare, come di vedetta che pur partecipando, dall’alto vive la sua solitudine.
Dall’altra parte del confine, una realtà con la quale creare rete di interessi e finalità storico-sociali-culturali. Sulla possibilità di avviare sinergie e collaborazioni con le istituzioni del gruppo nazionale italiano, in particolare con l’Edit ed il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, ha relazionato il CDM. Si tratta di un’esperienza per altro già avviata con La Bancarella ed altre iniziative. Con quali finalità? La necessità di un progetto globale che tendo conto delle singole esperienze attività autonome, preveda delle collaborazioni al fine di focalizzare un collante culturale che diventi patrimonio delle future generazioni. Un collante di istrianità (ma anche con Fiume e la Dalmazia) che sia esempio di una civiltà dell’Adriatico Orientale costruita in secoli di storia e destinata, si spera, con il contributo delle genti di buona volontà, ad essere traghettata verso nuovi campi d’intervento a beneficio di tutti gli italiani di queste terre.
La seconda parte dell’incontro, che si è svolto presso la Libera Università degli Studi “S. Pio V” è stata dedicata al dibattito intitolato “L’Esodo e la cultura della frontiera” con gli interventi del Dott. Amleto Ballarini, Presidente della Società di Studi Fiumani;
del Prof.  Giuseppe  Parlato, Rettore della Libera Università degli Studi “S.Pio V” e dell’On. Lucio Toth, Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, moderatore Donatella Schurzel. Le loro rappresentano tre diverse esperienze di collaborazione a livello di confine: per Ballarini due sono gli elementi fondamentali, affrontare insieme, con gli specialisti, i nodi della storia nel rispetto delle rispettive posizioni e soprattutto della verità, e, lavorare con i giovani affinché siano loro a far propria una cultura sparsa con l’esodo delle genti in tutto il mondo. Per Parlato è giusto che la storia venga scritta anche dai protagonisti: considera oltremodo positiva l’esperienza del progetto “L’Istria nel tempo” del CRS che ha visto coinvolto un comitato scientifico composito dove si è discusso di metodologie e finalità per arrivare ad un prodotto finale adatto ad essere presentato agli insegnanti ed ai giovani nelle scuole. Un progetto simile lo propone anche agli Esuli, con il fine di ampliare il discorso ai territori di Fiume e Dalmazia e comunque contribuire alla definizione di una vicenda che continua a pesare sui rapporti a livello di confine.
E sul piano istituzionale, cosa è stato fatto congiuntamente tra esuli e rimasti, chiede la Schurzel a Lucio Toth. La risposta immediata vorrebbe essere “nulla, poco” anche perché i risultati ottenuti sono piccole punte di un lungo lavoro che non ha dato effetti immediati ma ha portato alla distensione dei rapporti, alla reciproca conoscenza e schiude oggi alla possibilità di immaginare iniziative congiunte senza alcuna grossa difficoltà. E sarà su questo impegno che ci si concentrerà in futuro.
E soprattutto, anche per Toth, con una particolare attenzione per i giovani, anche croati di “quelle terre” che devono avere coscienza dell’importanza che la cultura italiana autoctona ha avuto nel definire le loro città e certa cultura che ritrovano pure nel loro modo di essere e che dovranno tramandare.

Rosanna Turcinovich Giuricin da www.arcipelagoadriatico.it

 

 

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