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Andretti: Le Mans? Potrei ritentare a 70 anni (Il Piccolo 27 ott)

Lo aveva promesso: «Non appena gli impegni me lo consentiranno, tornerò nella vostra bella Trieste». E fiero delle sue origini, amava ripetere: «Ho il passaporto americano ma il cuore è italiano». Ed ecco Mario Andretti, l'eroe dei due mondi delle quattro ruote, originario di Montona, imbarcare sull'aereo parenti e amici-collaboratori e fare rotta verso la nostra città.

Una sbirciatina a piazza Unità e poi tutti nel rifugio gastronomico ricreato con i sapori istriani di una volta. A Montona si levano i calici per il trentennale della conquista del titolo mondiale di Andretti, nuovo sindaco del Libero Comune di Montona in esilio, e per i 55 anni della Famiglia montonese. «Allora con questa carica mi sono garantito la pensione!», è la battuta di questo ragazzo di 68 anni semplice e gioviale.

Ed è facile accendere la memoria: l'infanzia serena a Montona, l'adolescenza piuttosto problematica per via del vivere con l'intera famiglia per sette anni in una stanza del campo-profughi di Lucca, il viaggio verso New York, nel ’55. Fra papà Gigi e mamma Rina una disponibilità di 125 dollari e un enorme bagaglio di sogni. «Anche in circostanze disagiate bisogna individuare i lati positivi. Certo a soffrire maggiormente sono stati i nostri genitori».

Mario però era già rimasto folgorato, a Monza, dal suo idolo Alberto Ascari. «Fino ad allora avevo provato la sola ebbrezza dei "careti" lanciati dall'alto del paese», ironizza. A Nazareth, in Pennsylvania, dove risiede tuttora, costruisce assieme al fratello gemello Aldo una macchina. Passa di vittoria in vittoria dalle stock-car a vere vetture su circuiti affidabili. Vedrà per primo la bandiera a scacchi sui traguardi più prestigiosi: Gran Premi e mondiale di Formula 1, Indianapolis, Daytona, campionati americani, Sebring. Duelli ingaggiati in 37 anni di carriera, conclusasi nel 1994 nell'osannante catino di Indianapolis. Mai entrato nel tunnel della paura? «Non posso descrivere le sensazioni. Comunque il mio vero timore era di restare povero».

Sarebbe ritornato a Monza, in groppa al «Cavallino», nel 1982, a 42 anni, chiamato da Enzo Ferrari per essere «supplente» in due gare. Mai pilota si era preso un tributo così clamoroso dalla folla per la conquista di una «pole». Il Grande Vecchio lo avrebbe voluto già nel '77 perché ammirava quel tipo coraggioso e abile, capace di adattarsi a qualsiasi situazione. A proposito del «Drake» precisa: «Mi ero accordato con Colin Chapman alla Lotus e, poiché per me stringere la mano o dare la parola equivale a un contratto scritto, declinai l'offerta». Riuscì nell'impresa di provare al venerdì in Formula 1, volare negli Usa il giorno seguente per le Indy e presentarsi la domenica al via, peraltro impeditogli dagli imbufaliti organizzatori. Bernie Ecclestone, il grande capo del circo automobilistico, ha detto: «Simpatico. Un vero, un duro. Magari avere sempre una griglia di partenza con venti Andretti».

«Piedone», nomignolo affibbiatogli da Jim Clark per l'uso pesante dell'acceleratore, ha spinto a tavoletta anche nella vita. Ha allestito una propria scuderia e avviato svariate e fruttuose attività. La sua ricetta? «Porsi degli obiettivi e sfidare sé stessi passo dopo passo. Per me i valori della famiglia e della fede si sono rivelati fondamentali. Spesso i giovani d’oggi mi chiedono quale sia il mezzo più facile per coronare le loro ambizioni. Non è questa la strada giusta. Devono credere in ciò che fanno con amore, passione e volontà. La fortuna mi ha dato una mano facendomi scappare in posizioni meno intricate e pericolose, negandola invece a molti altri fra cui mio fratello, che era bravo quanto me».

Siccome nel suo palmares manca la «24 Ore di Le Mans», ci ha riprovato, inutilmente, a 60 anni. «Potrei ritentare nel 2010, a 70», butta là scherzando (ma non troppo). Si sottrae gentilmente dallo stilare classifiche personali dei campioni affrontati, tuttavia per domenica prossima, giornata conclusiva della Formula 1, un pronostico è d'obbligo: «Sarà dura per Massa, benché "giochi" in casa. Hamilton dispone di un buon margine di vantaggio e non potrà commettere gli errori del passato, gli sarà sufficiente tenere d'occhio il rivale».

Ieri, alla testa di un centinaio di ex compaesani, il figliol prodigo ha invaso la natìa Montona. Dall'alto delle mura del Borgo ha osservato la valle del Quieto. «Da quella finestra – ricorda un anziano montonese indicando la vecchia abitazione degli Andretti, – mamma Rina,nel '47, mentre passava la Commissione Alleata, fece "sventolare" le manine dei suoi gemellini dipinte con il bianco, il rosso e il verde».

Severino Baf

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