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A Trieste il ricordo del fiumano Mario Dassovich (Voce del Popolo 02 giu)

TRIESTE – La cerimonia è conclusa… si compone l’immagine di un film. A Trieste un gruppo di Associazioni degli Esuli con Lega Nazionale e CDM hanno voluto commemorare, ieri mattina, la figura di un “grande fiumano” come Mario Dassovich, a due settimana dalla scomparsa, alla presenza della Sua signora.

ANDARE AVANTI Ma la consegna di “ricordare” una figura come la sua si è trasformata in una specie di testamento di un’intera generazione che “sta andando avanti” dopo aver caratterizzato e, di fatto, condizionato nel bene e nel male, l’atteggiamento verso la storia e la realtà in un sessantennio.

Il prof. Diego Redivo, storico, ha concluso il suo omaggio a Dassovich uomo e autore, citando Kurosawa, il cineasta, che fa dire ai personaggi di una sua opera, onirica come nel suo stile, riuniti ad un funerale “non siamo qui per piangere, non se n’è andato un giovane, ma per congratularci con quest’uomo anziano per tutto ciò che ci ha lasciato”.

GRAZIE È stato proprio questo “grazie” a rimbalzare negli interventi di Paolo Sardos Albertini, Elda Sorci, Renzo Codarin, Lorenzo Rovis, Renzo de’

Vidovich, Paolo Mulo del Tommaseo, orgogliosi di aver condiviso amicizia e conoscenza con una persona definita “schiva, rigorosa, attenta, onesta, preparata”. A spiegare il suo metodo scientifico, particolare, che ha contraddistinto la decina di opere pubblicate sulla vicenda dell’Adriatico orientale, fatto di citazioni inserite secondo un preciso schema a comporre un mosaico, è stato lo stesso Redivo.

LA FORMAZIONE Ha ricordato, infatti, la sua formazione anche umanistica completata con studi universitari di scienze economiche in prestigiose Università americane. In quest’ambiente di calcolo e statistiche ha assorbito una metodologia originale, mai per altro abbandonata, che era il suo modo naturale di affrontare le ricerche e di esporne i risultati.

Dassovich “che incontravo nella bella stagione sulla passeggiata di Barcola – ha voluto testimoniare Stelio Spadaro –, mi ha aiutato a ragionare e capire la complessità del suo pensiero. In tempi non ancora maturi, ribadiva con grande serenità che la vicenda dell’Adriatico orientale non era spiegabile con la semplicistica teoria dei nazionalismi contrapposti. C’era molto di più. Vale a dire una raggiera di contatti con le diversità di un mondo europeo che solo ora sembra palesarsi all’attenzione dell’opinione pubblica”. E Fiume, in questo senso, è stata maestra.

Anche se Dassovich – ha affermato Sardos Albertini “non era affatto dannunziano nella sua pacatezza, riservatezza, uomo di raziocinio. Una caratteristica che ho ritrovato in quasi tutti gli intellettuali fiumani che ho avuto modo di conoscere. Meno che nelle donne, che forse dannunziane lo sono”. Un rigore, una coerenza, quella di Dassovich, che gli ha permesso di destreggiarsi nel difficile mondo della guerra e del dopoguerra – da non dimenticare la prigionia in campi d’internamento per aver “distribuito dei volantini” – da maestro, nel senso che ha saputo insegnare agli altri ed ancora lo sta facendo.

LE OPERE La sala ha accolto con un applauso la proposta del prof. Redivo – anche segretario della Società di studi Risorgimentali che ha pubblicato i libri di Dassovich –, di ristampare due volumi sulla vicenda dell’Adriatico orientale come testo unico da destinare alle scuole. Tra le altre cose, Redivo ha ricordato che la pubblicazione dei libri avveniva sempre a spese dell’autore che non voleva pesare sul bilancio dell’Associazione. Il resto è affidato al tempo. L’analisi della sua opera, il peso di quanto ha lasciato, la forza del suo pensiero, le tappe significative del suo cammino. Lorenzo Rovis ha sottolineato la sua presenza sul giornale “Voce Giuliana” in 27 anni di collaborazione, praticamente materiale per un altro libro. Per non tacere del suo contributo alla Voce di Fiume. Nell’ampio e preciso archivio del giornale nella sede di Padova è ricorrente, in quasi tutti gli articoli, scritti a macchina, ma perlopiù vergati a mano l’incipit del “Caro Mario”. I collaboratori ed i lettori scrivevano all’uomo e all’amico ancor prima che al direttore del giornale in un’interazione che gli ha permesso di mantenere inalterato nel tempo l’amore per la testata.

Pochi anni e di una generazione rimarrà solo l’esempio, ha sottolineato Redivo. Che non è solo passato, è storia da analizzare e spiegare, con animo diverso ora che l’emotività dell’esperienza personale si sta spegnendo con loro. Farne tesoro, nel giusto modo, affinché il loro apporto, la dirittura morale e la coerenza di molti di loro, non muoiano mai.

 

Rosanna Turcinovich Giuricin

 

(courtesy MLH)

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