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70.mo della Liberazione, celebrazioni e rimozioni (28apr15)

 

Grande rilievo, e non poteva essere diversamente, i media nazionali hanno dato al 70.mo anniversario della Liberazione, una data intorno alla quale, come ha osservato nei giorni scorsi Alessandro Campi su “Il Messaggero”, la nazione può richiamarsi «con più forza nei momenti di smarrimento o difficoltà» come l’attuale, «nel contesto di un sistema politico sempre più disarticolato e privo di istanze progettuali riconoscibili». «Quanto basta – prosegue il politologo – per spiegare e giustificare la rivalutazione simbolica che si sta facendo della data del 25 aprile quale fondamento ideale e morale d’un Paese altrimenti destinato, come indicano molti segnali, ad una inesorabile disgregazione». «Naturalmente – chiosa Campi – non è questo il modo con cui la Resistenza – fenomeno elitario e territorialmente limitato, dalle molte e complesse articolazioni interne, dai contorni ideologici in alcuni casi ambigui, militarmente subordinato rispetto al ruolo avuto dagli Alleati nella vittoria finale – può essere raccontata nei testi di storia. Ma si sa che la storia che serve alla politica e alle istituzioni per dare forza alle proprie parole d’ordine non è mai quella reale o documentaria e spesso sconfina nella mitologia».

Con prudente equilibrio ne ha parlato il Presidente Mattarella nel corso dell’intervista concessa a “Repubblica” il 24 aprile, non mancando di stigmatizzare sia il “mito” della «Resistenza tradita» alimentato dai settori ideologici e rivoluzionari ostili all’ordinamento democratico liberale, sia gli eccidi delle Foibe e l’esodo degli italiani dalle regioni orientali: «è stato merito di esponenti provenienti dalla sinistra – ha dichiarato il Capo dello Stato –, penso a Luciano Violante e allo stesso presidente Napolitano, contribuire alla riappropriazione, nella storia e nella memoria, di episodi drammatici ingiustamente rimossi, come quelli legati alle Foibe e all’esodo degli Italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Sono stati molti i libri e le inchieste che si sono dedicati a riportare alla luce le vendette, gli eccidi, le sopraffazioni che si compirono, anche abusando del nome della Resistenza, dopo la fine della guerra. Si tratta di casi gravi, inaccettabili e che non vanno nascosti».

Commenti, interviste, servizi, hanno dunque ampiamente rievocato storie, personaggi, circostanze, luoghi del biennio 1943-1945 e rilanciato con grande rilievo il valore politico della ricorrenza giunta quest’anno al settantesimo anniversario, fortemente contrassegnato dal marchio Anpi, con pressoché totale oscuramento delle altre componenti antifasciste e della Resistenza dei militari. Un parziale ma significativo spoglio delle principali testate italiane nei giorni intorno al 25 aprile rivela tuttavia un dato che dovrebbe porre qualche interrogativo, o anche indurre a riflettere con qualche preoccupazione su un’assenza pressoché rilevabile in tutto il campione di organi di stampa consultati. Uno spoglio dei maggiori quotidiani e agenzie di stampa italiani ci rivela la rimozione condivisa (questa sì) di un capitolo determinante della storia nazionale in quel 1945, lo sconvolgimento dell’intera regione giuliana, vilipesa prima dall’occupazione nazista e successivamente da quella jugoslava, completata quest’ultima in tempi rapidissimi per sancire, prima di ogni trattativa di pace, il diritto di reclamarne l’annessione alla nuova entità federativa comunista.

Tra le più diffuse testate sfogliate e relativi siti web – Corriere della Sera, Repubblica, Il Giorno, Il Secolo XIX, Il Fatto Quotidiano, L’Adige, Il Piccolo, Messaggero Veneto, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Mattino, La Gazzetta del Sud, La Sicilia, L’Unione Sarda e la Nuova Sardegna – non risulta che vi abbiano trovato spazio interventi che richiamassero alla memoria i drammatici eventi occorsi nella Venezia Giulia nelle settimane in cui il resto dell’Italia si apriva dopo immense tragedie alla nuova fase della sua vita di nazione libera. Dallo spoglio si ricava invece che solo “Il Gazzettino” abbia pubblicato il 23 aprile la nota di Rodolfo Ziberna, vicepresidente Anvgd, sulla mancata liberazione delle provincie orientali. Per non arrivare all’insulto arrecato alla memoria delle vittime degli eccidi jugoslavi a Civitanova Marche, dove la targa stradale Via Martiri delle Foibe è stata “rinominata” Via Tito, o alla commemorazione a Trieste dei militari kazaki inquadrati nel battaglione russo del IX Corpus della Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia. Meritano viceversa apprezzamento i due interventi di Francesco Perfetti su “Il Giornale” del 19 aprile e del 23 su “Avvenire”, che restituiscono al racconto storico un equilibrio e una verità oscurati dalla massa di cronache similari e monocordi.

Ora, è evidente che i miti fondanti delle nazioni, e la Resistenza oggettivamente lo è, se devono offrire un collante alla comunità di appartenenza non soggiacciono alle scomposizioni e alle verifiche proprie della ricerca storica: ma è indubitabilmente offensivo e vile ignorare, o fingere di ignorare, le loro manifestazioni devianti e scorporare dal loro racconto edificante la tragedia di un intero corpo della nazione, come fosse uno scarto irrilevante e forse meritatamente perduto soltanto perché scomodo per sé.

 

Patrizia C. Hansen

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