4 Novembre, festa di tutti gli italiani

04.11.2025 – Ricorre oggi il Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate, non a caso nella data in cui l’Italia vinse nel 1918 quella che i contemporanei chiamarono “la Grande Guerra”, ma in effetti rappresentò il perfezionamento del percorso risorgimentale di unificazione nazionale.

Già alcune settimane prima sulle colonne del Corriere della Sera, che con il suo direttore Luigi Albertini aveva perorato la causa intervista nella primavera 1915, Gabriele d’Annunzio titolava un suo articolo “Vittoria nostra non sarai mutilata”, in quanto si capiva che l’intervento nel conflitto degli Stati Uniti d’America si stava rivelando decisivo ed avrebbe pesantemente condizionato le trattative di pace, con i 14 Punti del Presidente Woodrow Wilson che avrebbero ridimensionato quanto precedentemente concordato tra le potenze dell’Intesa, a partire da quel Patto di Londra con cui il Regno d’Italia aveva deciso di denunciare la Triplice Alleanza e dichiarare guerra all’Austria-Ungheria. I fatti avrebbero dato ragione al Vate, il quale un anno dopo si sarebbe mosso in prima persona alla testa dei suoi “Legionari” per occupare Fiume ed accogliere il suo appello di annessione all’Italia proclamato il 30 ottobre 1918, ma quel 4 novembre segnò davvero la conclusione di un percorso avviatosi con le Guerre d’Indipendenza.

Le avanguardie italiane che entravano a Trento e puntavano verso il Brennero giunsero laddove Giuseppe Garibaldi nel 1866 non potè arrivare, in quanto dopo aver vinto a Bezzecca non fu autorizzato ad inoltrarsi nel Trentino causa l’entrata in vigore dell’armistizio di Cormons (“Obbedisco”). I soldati italiani che erano sbarcati a Trieste dal cacciatorpediniere Audace rendevano giustizia a Guglielmo Oberdan, protomartire irredentista impiccato il 20 dicembre 1882 per aver pianificato un attentato all’imperatore asburgico Francesco Giuseppe. Le navi italiane che si addentravano nei porti e tra le isole della Dalmazia compivano quel che il Patto di Londra aveva previsto nel tripudio delle comunità italiane autoctone: si dice che l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel abbia fatto spostare le lancette degli orologi a bordo delle navi per poter proseguire nell’occupazione di più isole possibili dopo l’entrata ufficiale in vigore dell’armistizio firmato il 3 novembre a Villa Giusti. Le truppe che avanzavano in Istria venendo trionfalmente accolte dagli italiani che avevano anche sperimentato la lunga detenzione nei campi di internamento austriaci riscattavano il sacrificio di Nazario Sauro, eroe irredentista nato a Capodistria ed impiccato a Pola. Contingenti italiani erano presenti anche in Albania e sul fronte francese, contribuendo alla vittoria della coalizione su tutti i fronti, senza dimenticare che l’occupazione del Tirolo da parte di truppe del Regio Esercito apriva la strada verso Monaco di Baviera, rendendo così vulnerabile a sud la Germania che non intendeva ancora capitolare. Dell’immane sacrificio italiano in quel conflitto oggi tanti ricordano solamente la disfatta di Caporetto e non tengono in considerazione che paesi come Serbia, Montenegro, Belgio e Romania furono completamente occupati, che la Russia implose e che la Francia in più occasioni si trovò le avanguardie tedesche a pochi chilometri da Parigi.

Celebriamo quindi oggi l’anniversario di quella vittoria che sancì la coesione e la capacità di riorganizzarsi delle nostre Forze Armate: i “Ragazzi del ’99” ed i reduci dell’Isonzo erano italiani di tutte le estrazioni sociali e di tutte le provenienze regionali, i quali dimostrarono che il Risorgimento, nel suo momento culminante, non fu fomentato solamente da una ristretta elite e da pochi rivoluzionari di professione, bensì coinvolse le masse che magari pensavano davvero che ci fosse un ponte tra Trento e Trieste, ma per quelle due città simbolo affrontarono sacrifici, lutti e sofferenze.

Così come l’albo d’oro degli irredenti giuliani e dalmati dimostra che l’irredentismo nelle terre rimaste sotto dominio asburgico dopo le Guerre d’indipendenza non fu un fenomeno ristretto ad una classe dirigente borghese e benestante, ma coinvolse anche studenti, popolani e persone di umile estrazione sociale, che in nome della propria identità nazionale disertarono dall’esercito austro-ungarico e si arruolarono in quello italiano, rischiando di venire impiccati come disertori se fatti prigionieri.

Celebriamo quindi convintamente il 4 Novembre, giorno in cui gli italiani dell’Adriatico orientale furono redenti, cioè liberati da quella dominazione straniera che dopo l’editto del Consiglio della Corona del 1866 aveva tentato di snazionalizzarli, e videro realizzarsi il loro sogno di far parte di uno Stato che li rappresentasse ed avesse la stessa lingua, la stessa cultura e la stessa storia. Celebriamo l’Unità d’Italia che si compì allora al termine della nostra Quarta Guerra d’Indipendenza e l’unità degli italiani, usciti vittoriosi da un terribile conflitto e uniti non solo politicamente ma anche moralmente.

Lorenzo Salimbeni

 

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