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27 set – Commemorato a Trieste Don Bonifacio

All’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste una serata importante per la commemorazione del martire istriano don Francesco Bonifacio. La sala a lui dedicata era gremita di persone per rendergli omaggio.

Presenti in sala i consiglieri regionali Sergio Lupieri ed Edoardo Sasco, in rappresentanza del sindaco l’Assessore Michele Lobianco, dell’Associazione Giuliani nel Mondo il presidente Dario Locchi e il presidente onorario Dario Rinaldi e Renzo Codarin presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.

Nel saluto d’apertura il Presidente Lorenzo Rovis ha voluto dare alcuni cenni della biografia di don Bonifacio nato a Pirano il 7 settembre 1912, secondogenito di sette fratelli, di cui è vivente solo uno Giovanni, “Nino”, che era presente alla serata. “Famiglia semplice che ha vissuto in una decorosa modestia – ha proseguito Rovis – ma caratterizzata da una intensa laboriosità e profonda spiritualità, con costante e sereno abbandono nel Signore. Fin da ragazzo era una persona semplice che si distingueva per la sua natura mite, sorretta da una forte volontà illuminata da un’intensa spiritualità. Dopo la nascita e la fanciullezza trascorsa a Pirano, ha frequentato il seminario a Capodistria ed a Gorizia, è stato ordinato sacerdote a Trieste, nella Cattedrale di S.Giusto, ha esercitato brevemente il suo ministero nella natìa Pirano, successivamente a Cittanova per due anni ed infine è stato destinato a Villa Gardossi ove operò per sette anni e dove a 34 anni terminò il suo cammino terreno quale martire “in odium fidei”, la sera dell’11 settembre 1946”.

La parola è passata quindi a Giovanni Bonifacio che ha parlato dell’esodo della sua famiglia, delle difficoltà incontrate, della forza e la tenacia degli istriani, ha rammentato tanti episodi nei quali gli esuli si riconoscono avendoli vissuto e le sue parole hanno confermato la forza e la dignità della sua famiglia.

Sergio Galimberti, autore del libro “I sacerdoti dell’Esodo – Don Bonifacio – servo di Dio”, nel quale con grande capacità di sintesi, ma nello stesso in maniera profonda e completa ha ricostruito la vicenda umana di don Bonifacio, è riuscito a condensare in una quarantina di pagine il voluminoso carteggio composto da oltre 800 pagine che formavano i documenti esaminati dai membri del Tribunale Diocesano del Processo per la Causa di Beatificazione di don Francesco Bonifacio. Ha spiegato il contributo dato alla commissione storica nella quale hanno operato lui e Mons. Parentin. Mette in evidenza la fanciullezza di don Bonifacio che scorre a Pirano sorretta da solidi valori, le molte doti umane che si consolidano in una comunità di stampo post tridentino. Il prete è legato alla sfera celtico sacrale e realizza pienamente il suo profilo. Un carattere ieratico e la fiducia assoluta della chiesa vengono favoriti dalla sua estrazione popolare, condivide la durezza degli eventi nella sua vita modesta, seria, da passare quasi inosservata. “Questo ministro esprime appieno la sua fedeltà a Cristo, la sua bontà, l’umiltà, mitissimo di temperamento, è solo e sempre un autentico sacerdote. Una vita vissuta con radicalità evangelica e conclusasi per mano omicida. Lascia un testamento di amore e di sangue”.

Mons. Giuseppe Rocco ha spiegato che le parole beato e santo si equivalgono, significano un vivere in comunione con la vita di Cristo. La famiglia Bonifacio non viveva in condizioni floride ma con grande dignità anche in circostanze difficili. Poi racconta di una visita che don Francesco gli fece a Grisignana dove gli disse di avere prudenza nelle omelie ma mai paura. Infatti, sentendo la difficoltà dei momenti che vivevano, gli confidò che lui si preparava sempre alla morte perché la morte non era un disinganno ma l’inizio della vita eterna, morire bene era la cosa più importante della vita.

Romano Gardossi, con molta emozione ha evocato gli episodi di vita vissuta da lui chierichetto al fianco di don Francesco che si spostava dappertutto ad assistere gli anziani ed i morenti, si era fatto conoscere da tutti e la chiesa in quel periodo si era riempita di gente ma la cosa durò poco la guerra si avvicinava con il suo dramma. Una sera lo fermarono due persone e nessuno lo vide più. Ci furono molte chiacchiere a proposito ma la verità non si è saputa mai. Conclude –  “Noi dobbiamo valorizzare il suo esempio e trasmettere ai nostri figli quel filo di spiritualità, quella gioia di vivere, il messaggio dell’amore, senza amore non si può vivere”.

Applausi per gli intervenuti ed il coro misto dell’Associazione delle Comunità Istriane che ha concluso in musica la serata di commemorazione.

Il prossimo appuntamento al 4 ottobre nella cattedrale di San Giusto per onorare don Francesco Bonifacio quale beato assurto agli onori degli altari.

 

Nadia Giugno Signorelli su www.arcipelagoadriatico.it

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