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26 lug – Interrogazione Monai per il riscatto agevolato dei profughi

Camera dei Deputati – seduta del 21 luglio 2010 – Interrogazioni a risposta scritta

On. MONAI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:

ai cittadini italiani esuli dalle terre già italiane dell'Istria, Fiume e Dalmazia e ai connazionali rimpatriati dai territori coloniali (Grecia, Libia, Eritrea, Somalia e altri) al termine del secondo conflitto mondiale è riconosciuta la qualifica di «profugo italiano», ovverosia cittadini appartenenti ad una categoria sociale protetta;

i profughi giuliano-dalmati sono ai sensi della legge 30 marzo 2004, n. 92, istitutiva del «Giorno del ricordo», concittadini costretti – tra violenze psicologiche e fisiche di ogni tipo che non possono non generare orrore ancor oggi, sia pure a distanza di decenni da quei tragici eventi – ad abbandonare un universo identitario di quei beni essenziali dell'uomo quali la casa, i terreni, i mezzi di sostentamento, la chiesa dove si è stati battezzati o il cimitero dove riposano i propri avi, la libertà di pensare e di esprimersi nella lingua madre, di parlare il dialetto dei genitori e dei nonni, costretti, in sintesi, ad abbandonare le proprie «radici» identitarie;

in attuazione del trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, l'Italia avrebbe dovuto pagare 125 milioni di dollari alla Jugoslavia quale debito di guerra per l'aggressione militare del 6 aprile 1941. Tutti gli averi dei concittadini istriani, fiumani e dalmati, sequestrati dal regime totalitario jugoslavo di Tito, sono serviti all'Italia per pagare tale debito di guerra: il debito di tutta una Nazione, pagato solo da una piccolissima parte di italiani, gli esuli giuliano-dalmati;

in attuazione del principio di solidarietà sociale recato dagli articoli 2 e 38 della Costituzione italiana e nell'ottica dello sviluppo della personalità del cittadino, del suo inserimento in una formazione sociale che si identifica nel concetto di Nazione italiana, sono state riservate nel tempo, attraverso numerose leggi emanate dal dopoguerra ad oggi, alcune provvidenze e benefici ai profughi italiani, proprio per garantire il giusto loro reinserimento nella società, in esecuzione dei princìpi contenuti nella Costituzione;

tra le provvidenze destinate ai profughi il riconoscimento del «diritto alla casa» ha sempre assunto un ruolo di notevole rilievo. Soddisfatta una prima provvisoria accoglienza in appositi «campi profughi» (per lo più si trattava allora di ex vecchie caserme, grandi camerate fatiscenti dove la privacy non esisteva: tutt'al più veniva difesa da un lenzuolo, da un telo mimetico; dove la temperatura arrivava a parecchi gradi sotto zero e non c'era riscaldamento; dove era difficile lavarsi con la poca acqua, quando non era ghiacciata; dove purtroppo si sono verificati casi di bambini e neonati morti per fame e per freddo: a prova di ciò basti pensare al campo profughi di Padriciano presso Trieste, dove il presidente dell'Unione degli istriani, dottor Massimiliano Lacota ha realizzato di recente un apposito museo), lo Stato italiano ha successivamente
provveduto ad assicurare una qualche sistemazione abitativa attraverso due forme di assistenza: la costruzione, in via diretta, di fabbricati popolari da destinare esclusivamente ai profughi (articolo 18 della legge n. 137 del 1952: immobili di proprietà statale, affidati in gestione agli I.A.C.P.);

la costituzione di una «riserva» a favore dei profughi e delle loro famiglie, di una quota pari – prima al 15 per cento e poi al 20 per cento – sulle assegnazioni di alloggi pubblici costruiti da enti competenti in materia di edilizia residenziale pubblica (I.N.C.I.S., I.A.C.P., U.N.R.R.A.-CASAS; articolo 17 della legge n. 137 del 1952);

le summenzionate due forme di assistenza sono state poi prorogate da leggi successive;

accanto a varie norme dettate al soddisfacimento del bisogno abitativo per i profughi rivestono rilevante importanza anche le disposizioni concernenti l'alienazione ai profughi degli alloggi popolari ad essi assegnati;

tra queste, la legge n. 560 del 1993, articolo 1, comma 24, che prevede che il cittadino in possesso della qualifica di «profugo» possa acquistare l'abitazione avuta in assegnazione beneficiando delle condizioni di miglior favore, ovverosia di un prezzo pari al 50 per cento del costo dell'alloggio alla data della sua costruzione;

tale norma è stata oggetto di accesi dibattiti, di interpretazioni «restrittive ed estensive»;

tra le «restrittive» è da ricordare la sentenza della Corte di cassazione n. 13949/1999, che limitava il beneficio in questione ai soli profughi assegnatari di alloggi realizzati per essi (articolo 18 della legge n. 137 del 1952 immobili di proprietà del demanio);

tra le «estensive» il parere del Consiglio di Stato n. 17611997 del 10 dicembre 1997 e la circolare del Ministero delle finanze n. 73202 del 14 aprile 1999 che consideravano il beneficio del prezzo di favore riconosciuto indistintamente a tutti i profughi assegnatari di alloggi pubblici, comunque realizzati (con o senza finanziamento dello Stato) e a prescindere dalla natura dell'ente pubblico proprietario (I.A.C.P., A.T.E.R., regione, comune e altri): dunque anche agli assegnatari «riservisti» cioè gli assegnatari della riserva di alloggi pubblici in forza dell'articolo 17 della legge n. 137 del 1952 e dell'articolo 34 della legge n. 763 del 1981;

successivamente la legge 23 dicembre 2000, n. 388, articolo 45, comma 3 (legge finanziaria 2001) ha fornito l'interpretazione autentica alla norma oggetto di dibattiti sempre accesi e di interpretazioni discordanti;

a seguito del protrarsi delle confusioni interpretative e del conseguente delinearsi di «applicazioni» e contestuali «non applicazioni», delle leggi dello Stato e di leggi regionali, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato un'apposita direttiva in data 21 febbraio 2002, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 5 marzo 2002, n. 54 concernente la «Cessione di alloggi ai profughi» di cui alla legge n. 137 del 1952, in applicazione dell'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Anche questa direttiva è stata oggetto di interpretazione «restrittiva» (TAR Lazio nel 2003, riformato dal Consiglio di Stato nel 2005) ed «estensiva» (Consiglio di Stato nel 2005);

in definitiva, si sono ripetuti numerosi episodi di interpretazioni contrapposte dando origine a gravissime disparità di trattamento sia tra gli esuli giuliano-dalmati che tra i profughi rimpatriati dalle ex colonie di Africa, Grecia e altre;

al riguardo merita osservare che in alcune località della Valle d'Aosta, Lombardia e Sardegna tutti i profughi, indistintamente (articoli 17 e 18 della legge n. 137 del 1952) hanno potuto acquistare l'alloggio beneficiando delle condizioni di miglior favore (legge n. 560 del 1993 – articolo 1, comma 24);

a Bologna il consiglio comunale ha deciso, con apposita delibera del 2006, di applicare «estensivamente» la normativa statale. E va anche sottolineato che proprio il comune di Bologna ha restituito ai profughi di cui agli articoli 17 e 18 della legge n. 137 del 1952 la maggiore somma da essi versata in più a suo tempo;

nella regione Toscana le leggi dello Stato n. 560 del 1993 e n. 388 del 2000, la Direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri del 21 febbraio 2002 e la legge regionale del 2 novembre 2005, n. 59, sono state diversamente applicate nelle varie località a seconda dell'interpretazione degli enti gestori o delle autorità comunali. Infatti, all'invito rivolto agli enti gestori degli alloggi da parte della regione ad un'applicazione senza limitazione alcuna oggettiva o soggettiva, ma nel pieno rispetto della summenzionata normativa, hanno risposto positivamente Pistoia, Livorno, Siena, Massa Carrara, Poggibonsi ed altri. A Firenze invece, dove nel 2006 la giunta decise con propria delibera di «soprassedere» alla legge n. 59 del 2005 della regione Toscana, persiste a tutt'oggi l'atteggiamento di aperta ostilità alla normativa richiamata, di netto rifiuto alla richiesta di 32 famiglie di profughi «riservatari» (articolo 17 della legge n. 137 del 1952) di acquistare l'alloggio con i benefici di cui alla legge n. 560 del 1993, articolo 1, comma 24 (e molti di loro hanno versato a suo tempo l'anticipo ad essi appositamente richiesto dall'ente gestore);

nel Lazio (Roma e Latina) meritano attenzione due particolari casistiche: a Roma, zona Eur/Laurentino – quartiere giuliano-dalmata, i profughi (articolo 18 della legge n. 137 del 1952) hanno potuto acquistare – già prima del 1995 e negli anni a seguire – l'abitazione di proprietà del demanio, alle condizioni di miglior favore (il prezzo medio di ciascun alloggio si è aggirato sulle 400.000-500.000 lire, pari a circa 250 euro attuali). Contestualmente, nella stessa Roma, nel quartiere Delle Vittorie, vi è, a quanto consta all'interrogante, l'unico caso di un anziano profugo istriano «riservatario» (e per di più sofferente di patologia oncologica maligna), assegnatario di un alloggio ex I.N.C.I.S. militare – divenuto poi I.A.C.P. (1973) e successivamente A.T.E.R. – che dopo aver chiesto (la prima delle numerose richieste risale al 1995) di acquistare l'alloggio ai sensi della legge n. 560 del 1993, articolo 1, comma 24, è stato costretto – stante l'alta probabilità di uno sfratto improvviso – ad acquistarlo nel marzo 2002 al prezzo di mercato, facendo ricorso ad un mutuo. Al riguardo, merita osservare che, precedentemente, il commissario straordinario dello I.A.C.P. si era pronunciato a favore della richiesta del beneficio inoltrata dal summenzionato profugo; il funzionario addetto alla vendita aveva peraltro fermamente mantenuto una posizione opposta, rifacendosi ad una sentenza «restrittiva» della Corte di cassazione del 1999; la regione Lazio aveva quindi invitato (13 marzo 2002) lo I.A.C.P. ad applicare le condizioni di miglior favore previste dalla normativa (legge n. 560 del 1993, comma 24; legge n. 388 del 2000, articolo 45, comma 3; legge n. 763 del 1981, articolo 34); il profugo ha infine concluso l'atto di compravendita inviando un apposito «atto di significazione» allo I.A.C.P., a mezzo ufficiale giudiziario (acquisto dell'immobile, con riserva di riavere la maggiore somma versata in più, in attuazione dei summenzionati provvedimenti di legge). A tutt'oggi, tale cittadino spera di ottenere giustizia prima di passare a miglior vita. Il secondo caso nel Lazio e tuttora irrisolto è a Latina: qui una decina di famiglie di profughi giuliano-dalmati ebbero inizialmente assegnato un alloggio popolare. Successivamente, le palazzine furono ricostruite in zona viciniore e ai profughi fu data così una nuova assegnazione; la legge n. 560 del 1993 pare quindi disapplicata: risulta infatti che la così definita «nuova assegnazione» non sia riconducibile alle condizioni previste dalla normativa;

la legge dello Stato n. 137 del 1952 (provvidenze a favore dei profughi italiani) ha curato di assicurare un alloggio ai connazionali esuli dalle terre cedute dall'Italia alla ex Jugoslavia a seguito della fine del secondo conflitto mondiale nonché ai profughi rimpatriati dalle ex colonie (Libia, Grecia e altre), prevedendo la realizzazione di case destinate in via esclusiva ai profughi (articolo 18) o «riservando» (articolo 17) ad essi una quota degli alloggi di proprietà dei vari enti (I.N.C.I.S., I.A.C.P., A.T.E.R. e altri);

con la legge n. 560 del 1993 è stata prevista l'alienazione ai profughi degli alloggi loro assegnati (sia quelli realizzati per essi che quelli ad essi riservati), sia per attuare le norme della Costituzione italiana che riconoscono il diritto all'accesso alla casa, sia con lo specifico intento di garantire ai profughi un primo risarcimento per i danni subiti a causa dell'esilio;

il comma 24 dell'unico articolo della legge n. 560 del 1993 prevede che gli assegnatari degli alloggi realizzati ai sensi della legge n. 137 del 1952, e successive modificazioni, possono acquistare gli alloggi beneficiando delle condizioni di miglior favore;

il beneficio delle condizioni di miglior favore contenute nell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 2 del 1959 sostituito dall'articolo 14 della legge n. 231 del 1962, comporta che il prezzo di cessione è pari al 50 per cento del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione stessa ovvero di assegnazione dell'alloggio se anteriore;

con la legge del 23 dicembre 2000 n. 388 è stato stabilito che le «condizioni di miglior favore» si applicano indistintamente a «tutti gli immobili destinati ai profughi di cui alla predetta legge n. 137 del 1952»: cioè non solo alle abitazioni realizzate per i profughi ex articolo 18 della legge n. 137 del 1952, ma anche agli alloggi assegnati ai profughi in forza della riserva di legge ex articolo 17 della legge n. 137 del 1952;

l'articolo 4, comma 224 della legge finanziaria per il 2004, nel ribadire il vincolo di destinazione finale degli immobili costruiti per i profughi ex articolo 18 della legge n. 137 del 1952 e di quelli riservati ai profughi ex articolo 17 della legge n. 137 del 1952, conferma la vocazione funzionale di questi alloggi alla loro assegnazione e alienazione in via esclusiva ai profughi e al prezzo unico di favore previsto dalla legge n. 560 del 1993, articolo 1, comma 24 e dalla legge n. 388 del 2000;

alcuni enti toscani, come il comune di Firenze e l'ex A.T.ER. di Firenze, stanno, ad avviso dell'interrogante dolosamente disattendendo le norme di legge in materia di alienazione degli alloggi pubblici, negando ai profughi di cui agli articoli 1 e 17 della legge n. 137 del 1952, il diritto all'acquisto degli alloggi loro assegnati al prezzo di favore previsto dal combinato disposto di cui agli articoli 1, comma 24 della legge n. 560 del 1993; articolo 5, comma 2 della legge n. 649 del 1996; articolo 45, comma 3 della legge n. 388 del 2000 e legge della regione Toscana n. 59 del 2005;

a partire dal 2000 le varie associazioni di categoria rappresentative dei profughi provenienti dai territori giuliano-dalmati ceduti a seguito della fine degli eventi bellici nonché dei profughi rimpatriati dalle ex colonie, hanno svolto attività di sensibilizzazione nei confronti di tutti gli organi dello Stato e degli enti territoriali coinvolti nel procedimento di alienazione degli alloggi pubblici, affinché le norme di legge venissero rispettate e i diritti dei profughi riconosciuti e garantiti; conseguentemente, molte regioni e comuni italiani hanno dato piena attuazione alla normativa di settore (tra altri: Valle D'Aosta, Lombardia, Sardegna, Bologna, Pistoia, Livorno, Siena, Massa Carrara, Poggibonsi e altri);

l'opposta soluzione data al problema nelle varie regioni d'Italia – come accaduto in Roma (piena applicazione del beneficio in zona Laurentino/quartiere giuliano-dalmata; contestuale rifiuto, da parte dell'ex I.A.C.P., di applicare il beneficio all'unico caso del profugo riservatario in zona quartiere Delle Vittorie) o come sta accadendo in Toscana, sta producendo gravissime immotivate ed inammissibili sperequazioni tra soggetti aventi pari status e identici diritti;

la necessità di un trattamento paritario e perequativo tra i profughi in tutto il territorio nazionale (peraltro, sono rimasti pochissimi i casi irrisolti: uno a Roma, una trentina a Firenze e neanche una decina a Latina) è una questione di natura morale e civile, ben sottolineata dalla Costituzione italiana;

gli esuli giuliano-dalmati (ormai rimasti in pochi) attendono da oltre 60 anni che vengano definite questioni note a tutti i Governi succedutisi nel tempo e, per quanto attiene il problema della casa basterebbe un minimo di attenzione per portare a termine quel poco che ancora manca;

dunque, pare opportuno e doveroso un intervento risolutore che ponga fine alla ingiustizia derivante dal trattamento differenziato dei profughi -:

quali iniziative il Governo intenda adottare per rimuovere le segnalate discriminazioni tra cittadini italiani profughi, con particolare riguardo agli esuli istriani, fiumani e dalmati.
(4-08118)

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