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23 ago – Vergarolla: Esuli e Rimasti hanno ricordato l’attentato

Quattro corone di fiori e di alloro alla memoria dei caduti di Vergarolla poste ai piedi del cippo memoriale che li commemora, a significare che Pola non dimentica i suoi morti. A 64 anni dall’eccidio della spiaggia pubblica di quel funesto pomeriggio del 18 agosto, una delegazione della Comunità degli Italiani polese, del Consolato generale d’Italia, degli esuli e del circolo “Istria”, come vuole la prassi da ormai diversi anni, si è recata al cippo memoriale nel parco della Cattedrale per ricordare l’evento più terribile che la storia della città ha conosciuto dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La cerimonia commemorativa ha avuto luogo subito dopo la messa di suffragio officiata al duomo da don Desiderio Staver, con la partecipazione del coro misto della “Lino Mariani”, diretto dal maestro Edi Svich e accompagnato all’organo da Branko Okmaca. Decoro, dignità e commozione, sia in chiesa che fuori, hanno caratterizzato il doppio appuntamento commemorativo seguito da un pubblico sempre più numeroso rispetto a quanto succedeva soltano pochi anni fa.

Vergarolla ha fatto almeno cento vittime e altri duecento feriti. Ma i numeri esatti sono sconosciuti. Un minimo di cenni storici nel discorso a brevi linee sulla storia della tragedia pronunciato da Claudia Millotti, presidente dell’Assemblea della Comunità degli Italiani di Pola: “Eccoci qui, oggi, 18 agosto 2010, uniti per commemorare le oltre 100 vittime della terribile tragedia di Vergarolla; una vera strage di vite umane innocenti, accaduta 64 anni fa, che distrusse in un attimo la tranquilla quotidianità della città e che, nel contesto storico del 1946 contribuì a determinare un punto di svolta nella storia cittadina. Quel boato, che ha portato via tante vite umane, risuona e risuonerà ancora a lungo nella nostra memoria”.

”Ogni anno, come rituale, sentiamo il bisogno di riunirci noi tutti: polesani andati e rimasti, due voci di una tragedia comune” – ha proseguito Claudia Millotti, per concludere che il contesto di questa nuova commemorazione è inevitabilmente diverso rispetto a quelle degli anni passati: “L’Europa è desiderosa di pace – ha puntualizzato la presidente – e quindi anche il significato dell’incontro di oggi è plurimo: si vuole che il passato non venga dimenticato, ma si vuole anche partecipare da protagonisti alla meravigliosa costruzione di un futuro di pace e di affratellamento, affinché il grido di dolore delle vittime si trasformi in sinfonia di pace e convivenza”.

Sentito e commovente anche l’intervento di Argeo Benco, sindaco del Comune di Pola in esilio: “18 agosto 1946, il giorno della strage di innocenti e incolpevoli vittime! Tutti i polesani della mia generazione hanno un ricordo preciso, doloroso, incancellabile nella nostra memoria. Il ricordo del momento in cui avvenne l’esplosione. Ognuno di noi ha sempre presente lo sbigottimento, lo spavento iniziale al quale subentrò l’attonito sgomento di tutti i cittadini polesi quando si ebbe notizia della gravità dell’accaduto”.

Ma le parole umili pronunciate in questa sede non saranno mai adeguate per ricordare la “mostruosità di quanto avvenuto in quel triste pomeriggio”, né basteranno mai per ripagare col ricordo l’estremo sacrificio del dottore Geppino Micheletti, che aveva continuato ad operare i feriti nei due giorni successivi all’eccidio, nonostante avesse perso, nell’attentato, due dei suoi figli.

E sempre di Benco una citazione di monsignor Raffaele Radossi, vescovo di Pola e Parenzo all’epoca dei fatti, che davanti alle decine di bare allineate sul prato antistante la Cappella Mortuaria dell’ospedale disse, rivolgendosi alle autorità e ai polesani tutti nella circostanza dell’ultimo tributo di affetto alle vittime: “Abbiamo sofferto troppo durante quattro anni di guerra e credevamo che, passato quel periodo infausto, fosse finita questa forma di martirio… ma, purtroppo, ci siamo tremendamente ingannati. Il fatto di domenica è di una gravità eccezionale. Io non scendo all’esame delle cause prossime che hanno determinato un simile macello; io rimetto tutto al giudizio di Dio, al quale nessuno potrà sfuggire nell’applicazione tremenda della sua inesorabile giustizia”.

In chiusura, ancora, l’intervento di Pierina Fabris in rappresentanza del Console generale d’Italia a Fiume, Fulvio Rustico. La Fabris ha ribadito a sua volta l’esemplare figura del medico e l’entità incommensurabile della perdita e dell’afflizione che nel 1946 vestirono la città a lutto.

Daria Deghenghi su La Voce del Popolo del 19 agosto 2010

 

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