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23 ago – Avvocati croati: sentenza solo per pochi italiani

di GIULIO GARAU su Il Piccolo del 21 agosto 2010)

TRIESTE Stop ai facili entusiasmi. Dopo l’invito alla cautela da parte dei vertici dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd) alla notizia della sentenza della Corte suprema di Zagabria che ha bocciato le nazionalizzazioni dei beni, arriva il monito e la raccomandazione alla massima prudenza da parte degli avvocati croati che seguono l’iter dei ricorsi. Sono 4300 le domande presentate da parte di cittadini stranieri, 1034 di cittadini italiani.

Appena sono apparse sui media croati, ma anche serbi, le indiscrezioni che arrivavano dagli uffici della Corte suprema, gli avvocati sono partiti subito alla caccia di notizie più concrete, anche con raffinate ricerche su internet che però non hanno dato ancora esito. Non si sa nulla di ufficiale sulla sentenza della Corte che avrebbe confermato quanto deciso diversi anni fa dal Tribunale amministrativo di Zagabria (equivalente al nostro Consiglio di Stato) sul ricorso di una cittadina straniera che chiedeva la restituzione di un bene nazionalizzato. Il Tribunale, spiegano gli avvocati croati (non citiamo nomi perchè le norme deontologiche dell’Ordine degli avvocati in Croazia vieta agli iscritti di apparire sui media) aveva detto che Zagabria non può discriminare i cittadini stranieri rispetto a quelli croati e i loro diritti devono essere parificati. Il governo aveva fatto ricorso sollevando un’istanza di illegittimità e sembra che ora la Corte suprema abbia confermato la sentenza del Tribunale.

Non c’è nulla di scritto però sinora e bisognerà attendere che la stessa Corte suprema pubblichi la sentenza con tanto di motivazioni allegate. Solo allora si potrà avere un quadro più chiaro di una situazione che, spiegano i legali, è assai complicata e soprattutto richiederà una discussione caso per caso. È l’unica strada per affrontare i ricorsi: l’unica facilitazione potrebbe arrivare nel caso l’Italia decidesse di stipulare uno specifico trattato bilaterale con la Croazia. Praticamente nessuno stato straniero lo ha fatto per ora con la Croazia, l’unico ad aver stipulato accordi sui beni è stato il Vaticano.

Dunque, in attesa dell’ufficializzazione della sentenza, non restano che ipotesi e interpretazioni sia pure di alto profilo. E in questo senso diversi avvocati croati, che stanno seguendo i singoli ricorsi, raccomandano estrema prudenza. La sentenza come è noto non riguarda gli esuli già indennizzati, ma anche quelli cosiddetti optanti, di lingua e cultura italiana che con il trattato di pace hanno deciso di mantenere la cittadinanza italiana abbandonando anche i loro averi. Per questa categoria di persone ci sono stati dei trattati internazionali che dovrebbero essere ridiscussi e appare difficile che sino riviste le loro posizioni. Anche di quelli che hanno fatto la domanda fuori dai termini. Un’ulteriore conferma, come ha spiegato sul giornale ieri lo stesso deputato al parlamento croato, Furio Radin che è anche presidente dell’Unione italiana, che «La questione dei beni abbandonati degli esuli attende ancora di essere risolta».

Ad essere interessati dunque alle conseguenze di questo nuovo pronunciamento giuridico (ma ripetono i legali bisognerà vedere caso per caso e non è affatto scontato il successo) sono quelle persone o quelle famiglie che se ne sono andate più tardi, abbandonando i loro averi, con il cosiddetto svincolo, in base alle leggi ex-jugoslave. Questa è la categoria più interessata dalla sentenza della Corte suprema secondo i legali. E c’è una secondo gruppo, quello dei cittadini stranieri che hanno ricevuto delle proprietà per eredità o successione da nonni, zii o parenti morti come cittadini jugoslavi i cui beni sono stati nazionalizzati. Anche se hanno ereditato i beni infatti erano sottoposti alle leggi locali.

Ma ci sarebbe anche una terza categoria secondo gli avvocati croati: la famosa Lista A composta da 500 optanti a cui, per motivi vari sono stati lasciati in proprietà dei beni. Ne hanno mantenuto la proprietà secondo speciali leggi dell’ex Jugoslavia che prevedeva anche particolari limitazioni in base alle dimensioni dei possedimenti, del loro valore eccetera. Poi tutti questi beni sono stati comunque nazionalizzati e come altri 4300 persone anche questi stranieri hanno fatto domanda di restituzione.

Un passo significativo e importante, in Croazia gli avvocati non hanno dubbi, lo stato di diritto ha funzionato consentendo così l’apertura delle porte anche ai cittadini stranieri finora discriminati rispetto a quelli croati che potevano riavere i loro beni nazionalizzati. Certamente anche un altro importante avvicinamento di Zagabria alla Ue. Ma che, secondo molti, non è ancora sufficiente e che dovrà essere ancora rafforzato da altre decisioni.

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