Premiato e discusso, "L’uomo che verrà" sbarca nelle sale venerdì, preceduto da un evento all’Auditorium di Roma (a cura di Piera Detassis), dove il regista bolognese Giorgio Diritti (con genitori istriani, che gli hanno svelato il mistero delle foibe) ha presentato il materiale inedito, relativo alla preparazione della sua pellicola storica. Viviamo in un’epoca che va di corsa e sembra refrattaria alla memoria, così più apprezzabili risultano gli sforzi filologici compiuti dall’autore classe 1959, prima di filmare il doloroso capitolo della strage di Marzabotto, epicentro della sua narrazione.
«Ho intervistato una trentina tra partigiani e sopravvissuti alla strage. Lavoro faticoso e doloroso, la ferita è ancora aperta. Alcuni hanno trasformato la rabbia in voglia di testimoniare, altri si chiudono in casa se c’è un temporale», spiega Diritti, ottimista sull’esito commerciale del suo film (55 le copie distribuite dalla Mikado), richiesto in visione da molte scuole italiane. L’idea di trasformare l’eccidio del 1944 sull’Appennino bolognese, dove 770 innocenti (soprattutto donne, bambini e anziani), persero la vita per mano delle Ss, parte dal libro I volti di Monte Sole di Luigi Arbizzani. Gente che giocava a bocce, contadini appenninici, vestiti di stracci; bambini magri, intenti ai loro giochi hanno acceso la fantasia di Diritti, sulle tracce di quella ricostruzione, presso la Cineteca di Bologna. «Non volevo fare un film di plastica, umiliando la storia delle persone, ma essere vero. I libri di storia sono freddi: di solito vi si legge “a un certo punto, scoppiò la Seconda guerra mondiale”», dice l'autore de Il vento fa il suo giro.
Circola calore, invece, umano, cromatico, narrativo, nelle due ore in bolognese (ma con sottotitoli in italiano), dove la piccola Martina, figlia di contadini che lavorano la terra e vorrebbero i tedeschi «a casa loro, con i loro figli», è testimone degli orrori della guerra. Scampata alla strage, orfana dei genitori, la bimba correrà a riprendersi il fratellino neonato e riacquisterà l’uso della parola: come a dire che l’orrore può nulla nei cuori puri. «Cercare i bambini adatti al mio film è stata un’impresa: erano grassi, mentre a me servivano magrolini; avevano denti perfetti, ma era incoerente con l’epoca», osserva Diritti, che nel 2003 ha intervistato, tra gli altri, Dino Carabi, partigiano della brigata Stella Rossa (nel film è «Lupo»). Di fatto, ogni personaggio de L’uomo che verrà corrisponde a una persona realmente esistita all’epoca della strage di Marzabotto. Nel corso della serata, quasi un lancio d’un film, stretto tra i blockbuster, non è poi mancata la polemica con il quotidiano La Repubblica, disinvolto nell’attribuire a Diritti concetti mai espressi, stando all’autore. «Certe mie frasi, estrapolate dal contesto, hanno prodotto disagio e dolore: purtroppo quell’intervista è uscita nel giorno in cui proiettavo, per la prima volta, il mio film a Marzabotto».
(il regista di origini istriane Giorgio Diritti durante le riprese del suo film su Marzabotto)