Al giovane grafomane che ha imbrattato con frasi ingiuriose il monumento nazionale di Basovizza, vorrei solo dire che la storia non si cancella e gli slogan offensivi evidenziano solo limiti politici e culturali nei loro violenti contorni.
Non conoscere la storia non è una colpa ma è grave esprimere giudizi ingiuriosi senza conoscerla, avendo unicamente ascoltato ispiratori faziosi, capaci solo di mistificare ogni cosa con demagogie assurde, in forte controtendenza verso quel lavoro di pacificazione che viene fatto da più parti. Alla demagogia dozzinale usata per anni verso la gente istriana ha già risposto per tutti quattro anni fa il presidente Napolitano, ma per chi non lo ricordasse io consiglio, pur essendoci tanta documentazione in proposito, un libro-testimonianza del 1982 molto scomodo, scritto in tarda età da Vittorio Vidali, istriano di origine e per decenni massimo esponente del Pci a Trieste. Su quel libro, intitolato «Il ritorno alla città senza pace – il 1948 a Trieste», egli riporta tante testimonianze vissute in prima persona da alto dirigente politico, facendo anche delle affermazioni molto forti, ma io voglio solo riportare una sua frase riguardante il popolo istriano: «La stragrande maggioranza di questa massa di esuli, come ho già detto, era invece costituita da lavoratori, molti di essi antifascisti che avevano guardato con simpatia alla lotta dei popoli della Jugoslavia, alla quale in gran parte avevano contribuito partecipandovi e sostenendola».
La stragrande maggioranza di questa gente era quindi incolpevole ma fu travolta dagli eventi, mentre la fratellanza alla quale si era sempre ispirata larga parte del movimento operaio in Istria veniva in quegli anni largamente disattesa e respinta dai titini, e parecchi per mantenere la propria identità politica coi principi ispiratori dell’internazionalismo furono costretti a lunghi e pesanti soggiorni a Goli Otok.
Ecco perché chi si macchia di queste efferatezze scegliendo di vivere al buio della conoscenza non guarda certo al futuro e disprezza anche la democrazia: conoscere la storia, comoda o scomoda che sia, è invece molto importante per stare coi piedi per terra, prendendo atto degli errori per non rifarli, non conoscerla è come per una nave non avere a bordo nè bussola nè carte nautiche. Non è facile interpretare cosa vuole e da che parte sta chi assieme ai suoi ispiratori butta oggi benzina sul fuoco, sicuramente ci fanno capire che la storia di queste terre è poco conosciuta perché colpevolmente è stata nascosta per troppi anni da più parti e per ragioni diverse assieme alle sue tragedie senza che nessuno fosse mai chiamato a pagarne il conto.
Il concerto della pace della scorsa estate è stata l’ennesima iniziativa pregevole per superare definitivamente le ultime barriere, voluta dal nostro sindaco di Trieste, anche se con qualche intoppo che abbiamo poi superato.
Se ci sentiamo maturi democraticamente la vera storia della tragedia istriana, fatta di scrupolosi approfondimenti e studi attraverso fonti attendibili, non deve più spaventare nessuno e va oggi diffusa a livello scolastico, perché è assurdo continuare a negare o non menzionare fatti e circostanze realmente accaduti dando spazio a inqualificabili mistificazioni.
Livio Ceppi su Il Piccolo del 21 febbraio 2011